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Infatti rartefice col decorare la facciata di colonne corintie, questa compose più ricca ed ornata
del luogo stesso in cui si adora il Signore; e per aver fatta la fronte del tempio più lunga che non
sia F interno, pose agli estremi di quella due colonne le quali non connettendosi in alcun modo
con la fabbrica interna, appajono oziose e collocatevi solo per sorreggere la trabeazione.

Nel borgo di San Giorgio, che già fu distrutto, entro la chiesa dedicata al medesimo santo
si leggeva un tempo sopra un sepolcro la seguente iscrizione:

QYINTILII. CORSINI. PR^IFECTI
DYC. FABRICARYM. HIC. COLLOCATVM
CADAVER.

OBIIT. DIE. XVII. MAII. MDC XXIIII.

Da ciò potremo argomentare che il Corsini fosse stimato a queU’epoca artefìce molto distinto,
mentre si scorge che i Gonzaga lo ebhero prescelto a loro architetto. Di più non possiamo dire,
perchè ci mancano le prove per portar sopra lui un giudizio, uè volendoci perdere in vane eon-
ghietture passiamo ad esaminare alcuni lavori eseguiti da altro architetto vissuto dappresso al Corsim.

II Zuccbi (1) narra che: » Nicolò Suhregondi ahita di dietro a San Gervaso et è di nazione
» svizzero e di proffessione matematico, architetto et ingegnero. Abitò un tempo in Fiandra et,
» indi in Roma, di dove lo condusse a Mantova il Duca Ferdinando per suo architetto, dandogli
» ufficio delle fabbriche. Sono suoi disegni il palazzo della Favorita, l’Eremo dè Camaldolesi, e
» la porta di Cerese. » Le quali opere accennate dal Zucehi, cronista contemporaneo, tuttodì si
mantengono e chiaramente dimostrano il valore deirartefice che le immaginò e condusse.

II Subregondi nel murare la porta della città detta un tempo di Tiresia ora di Cerese sfuggì
ogni movimento di linee e goffi rilievi e si attenne a castigati precetti ; onde per la semplicità
colla quale compose la pianta e pel temperato sistema d’ ornare mantenuto nella elevazione diede
alla fabbrica forma elegante e ad un tempo la più acconcia agli usi, a cui doveva servire. Ottima
poi e bene accomodata ci pare la espressione che impose al palazzo del Padiglione (2) (posto nel
mezzo al bosco della Fontana ), nel quale pcr vasto e magnifico atrio si entra in poche stanze
distribuite euritmicamente nel pian - terreno. Per tale economia di mezzi usata alf interno l’ ar-
chitetto sapientemente infatti mostrò esser quel luogo eretto a momentaneo convegno dei principi
che intendevano a riposarsi dalle fatiche sopportate nel cacciare Iì presso: e pei hugnati ed altre
forme robuste con cui ornò la facciala armonizzò assai bene la fabbrica colla foresta che la cir-
conda all’intorno. Grandioso concetto assunse Nicolò neìì’archileUare il palazzo della Favorita a
lui stato commesso al 1621 dal duca Ferdinando Gonzaga. Divise tale edificio in tre corpi sepa-
rati e distinti, dei quali due accomodò agli usi servili, ed uno, ch’ è posto nel mezzo, ad abitazione
del principe e dei cortigiani. Per entro al corpo di mezzo distribuì con beli’ ordine ampie sale e
moltissime stanze con che provvide ai bisogni ed ai desiderii del duca ricercatore ambizioso di
fasto ollre regale. A1 di fuori allogò eon bel garbo lunghe e grandiose loggie sottoponendovi vaste
gradinate per ie quali da diverse parti si entra nel regio palazzo, e per queste e per altri inge-
gnosi risalti di ben adatti corpi sporgenti còlse un effetto mirabilc cosi che anco al solo vederlo
di subito quel luogo desta grata sorpresa. Con tali mezzi sapienti il nostro architetto riuscì nel
difficile assunto che si era proposto di imporre cioè alla fabbrica il carattere di una abitazione prin-
cipesca destinata però a servire di villereccio delizioso soggiorno.

(1) Memorie manoscritte, già ricordate.

(2) — II Zucchi nominó solo L’ Eremo dè Camaldolesi siccome parte precipua delle fabbriche state architettate dal
Subregondi in quel luogo. L’Amadei scrisse però di aver rilevato dal catastro segnato A a pag. 5, e dall’altro se-
» gnato B a pag. 4 dei rogiti di detto Eremo, stipulati dal notajo Vincenzo Bresciani, che nell’anno 1635 per or-
» dine di Carlo Duca VIII fu posta mano alla fabbrica della Chiesa, del Romitorio e del palazzo Ducale annessovi
» per comodità d’esso Duca entro il bosco della Fontana. » Ma della Chiesa e del Iìomitorio, atterrati al 1793,
non rimanendo oggi vestigio, fu forza a noi di parlare del solo palazzo, che tuttodi si conserva.
 
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