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MISCELLANEA
sì larghe da rivelare il valore della mano dell’artista
che lo tratteggiò. La tunica che ricopre il celeste
messaggero, con quel sobrio ricamo di bianche stelle,
scendente a larghe pieghe nella sua rosea semplicità
fino a terra, toglie a noi l’idea dell’essere umano.
E pare anzi di vedervi un primo germoglio della
nuova primavera d’Arte che più tardi troverà un così
perfetto svolgimento nelle incorporee figure dell’An-
gelico. Volendo poi sottomettere la figura di Gabriele
ad una critica minuziosa, esso in molti particolari ci
fa pensare ad un influsso di Ambrogio Lorenzetti,
Lippo e Simone : Vergine Annunziata.
Firenze, Uffìzi
specialmente nelle caratteristiche mosse dell’incrocia-
mento delle braccia al petto, in segno di umile de-
vozione. Ricorda tuttavia quel bellissimo frammento
d’affresco che si trova nella chiesa del Carmine di
Siena, rinvenuto sotto il vecchio intonaco della parete.
Anche il soave inchinarsi del capo è una mossa
che Ambrogio volentieri ha dato alle sue Madonne
e Vergini Annunziate, e che il Berna si compiace di
ripetere nella figura dell’Angelo Messaggero.
Il naso sottile e stretto, l’occhio a mandorla che
sotto le grandi sopracciglia timidamente mira in basso,
sono tutti particolari che nell’insieme si ravvicinano
alla maniera dei Lorenzetti ; però c’è qualchecosa di
indefinibile, di nuovo nella figura di Gabriele, non
ancora espressa da nessun pittore senese.
Per dare più intimità al concetto piacque al Berna
di introdurre un terzo personaggio, la fantesca di
Maria che si vede nella stanza contigua accoccolata
in terra con in mano una conocchia dalla quale ha
smesso di trarre il filato per porgere l’orecchio ad
una voce che risuona oltre la parete. Ecco una carat-
teristica figurina trattata con vigore, tale da sembrare
che esca a rilievo fuori del quadro. Il vizio delle ser-
vette di spiare alle porte i fatti dei padroni ha trovato
qui una illustrazione delle più efficaci.
Questo tipo di donna mostra in sè tutù i segni
caratteristici della pittura di Ambrogio Lorenzetti,
benché non giunga alle forme pompose ed imponenti
dei personaggi che compongono le allegorie del Pa-
lazzo Pubblico di Siena.
Il panneggiare della veste, la scollatura ovale della
tunica, le forme del seno leggeramente accennate, il
viso pieno cogli occhi allungati, il mento rotondo,
ma soprattutto le labbra fortemente sviluppate, un
po’ sporgenti, sono tutti caratteri propri d’Ambrogio
Lorenzetti specialmente nelle figure delle Virtù nella
sala dei Nove del Palazzo Pubblico. Ma c’è da sor-
prenderci di bel nuovo come il Berna abbia potuto
dipingere un collo così duro nelle movenze dopo
avere trovato una espressione veramente efficace ed
originale nella testa della fantesca. Però questo modo
di disegnare reca proprio l’impronta della mano del
Berna, come potremo notare in una delle figure che
assistono all’entrata di Cristo in Gerusalemme, e dove
si riscontrano gli stessi difetti.
Non mi sembra privo d’interesse notare che simili
figure di fantesche appaiono già in un avorio della
Biblioteca Nazionale di Parigi, ove si vede una donna
tirare le tende delle porte per ascoltare il messaggero
divino. Permane questa figura nell’arte, quantunque
non di frequente, e si rivede talvolta origliare alle
porte in opere del xiv secolo. 1 Anche Giotto dipinse
una figura identica nella cappella dell’Arena di Pa-
dova, rappresentando la «Visione d’Anna».
Contemplato così l’insieme della Lunetta che ri-
sulta libero dell’influsso di Duccio (eh’è la caratteri-
stica più visibile degli altri dipinti), esso ci appare
ispirato dai modelli di Simone e di Ambrogio Loren-
1 A. Filangieri di Candida. Tardi Riflessi dell’Arte di Pietro
Cavallini.
MISCELLANEA
sì larghe da rivelare il valore della mano dell’artista
che lo tratteggiò. La tunica che ricopre il celeste
messaggero, con quel sobrio ricamo di bianche stelle,
scendente a larghe pieghe nella sua rosea semplicità
fino a terra, toglie a noi l’idea dell’essere umano.
E pare anzi di vedervi un primo germoglio della
nuova primavera d’Arte che più tardi troverà un così
perfetto svolgimento nelle incorporee figure dell’An-
gelico. Volendo poi sottomettere la figura di Gabriele
ad una critica minuziosa, esso in molti particolari ci
fa pensare ad un influsso di Ambrogio Lorenzetti,
Lippo e Simone : Vergine Annunziata.
Firenze, Uffìzi
specialmente nelle caratteristiche mosse dell’incrocia-
mento delle braccia al petto, in segno di umile de-
vozione. Ricorda tuttavia quel bellissimo frammento
d’affresco che si trova nella chiesa del Carmine di
Siena, rinvenuto sotto il vecchio intonaco della parete.
Anche il soave inchinarsi del capo è una mossa
che Ambrogio volentieri ha dato alle sue Madonne
e Vergini Annunziate, e che il Berna si compiace di
ripetere nella figura dell’Angelo Messaggero.
Il naso sottile e stretto, l’occhio a mandorla che
sotto le grandi sopracciglia timidamente mira in basso,
sono tutti particolari che nell’insieme si ravvicinano
alla maniera dei Lorenzetti ; però c’è qualchecosa di
indefinibile, di nuovo nella figura di Gabriele, non
ancora espressa da nessun pittore senese.
Per dare più intimità al concetto piacque al Berna
di introdurre un terzo personaggio, la fantesca di
Maria che si vede nella stanza contigua accoccolata
in terra con in mano una conocchia dalla quale ha
smesso di trarre il filato per porgere l’orecchio ad
una voce che risuona oltre la parete. Ecco una carat-
teristica figurina trattata con vigore, tale da sembrare
che esca a rilievo fuori del quadro. Il vizio delle ser-
vette di spiare alle porte i fatti dei padroni ha trovato
qui una illustrazione delle più efficaci.
Questo tipo di donna mostra in sè tutù i segni
caratteristici della pittura di Ambrogio Lorenzetti,
benché non giunga alle forme pompose ed imponenti
dei personaggi che compongono le allegorie del Pa-
lazzo Pubblico di Siena.
Il panneggiare della veste, la scollatura ovale della
tunica, le forme del seno leggeramente accennate, il
viso pieno cogli occhi allungati, il mento rotondo,
ma soprattutto le labbra fortemente sviluppate, un
po’ sporgenti, sono tutti caratteri propri d’Ambrogio
Lorenzetti specialmente nelle figure delle Virtù nella
sala dei Nove del Palazzo Pubblico. Ma c’è da sor-
prenderci di bel nuovo come il Berna abbia potuto
dipingere un collo così duro nelle movenze dopo
avere trovato una espressione veramente efficace ed
originale nella testa della fantesca. Però questo modo
di disegnare reca proprio l’impronta della mano del
Berna, come potremo notare in una delle figure che
assistono all’entrata di Cristo in Gerusalemme, e dove
si riscontrano gli stessi difetti.
Non mi sembra privo d’interesse notare che simili
figure di fantesche appaiono già in un avorio della
Biblioteca Nazionale di Parigi, ove si vede una donna
tirare le tende delle porte per ascoltare il messaggero
divino. Permane questa figura nell’arte, quantunque
non di frequente, e si rivede talvolta origliare alle
porte in opere del xiv secolo. 1 Anche Giotto dipinse
una figura identica nella cappella dell’Arena di Pa-
dova, rappresentando la «Visione d’Anna».
Contemplato così l’insieme della Lunetta che ri-
sulta libero dell’influsso di Duccio (eh’è la caratteri-
stica più visibile degli altri dipinti), esso ci appare
ispirato dai modelli di Simone e di Ambrogio Loren-
1 A. Filangieri di Candida. Tardi Riflessi dell’Arte di Pietro
Cavallini.