Universitätsbibliothek HeidelbergUniversitätsbibliothek Heidelberg
Metadaten

Bullettino di archeologia cristiana — 3.1865

DOI Heft:
Nr. 1 (Gennaro 1865)
DOI Artikel:
Delle statue pagane in Roma sotto gli imperatori cristiani
DOI Seite / Zitierlink: 
https://doi.org/10.11588/diglit.17352#0015

DWork-Logo
Überblick
loading ...
Faksimile
0.5
1 cm
facsimile
Vollansicht
OCR-Volltext
Qui tempia claudat veclibus
Valvas eburneas obslruat,
Nefasta damnel Umilia
Obdens ahenos pessulos.

Tunc pura ab omni sanguine.
Tandem nitebunt marmora
Slabunt et aera innoxia
Quae nane habenlur idola (1).

Adunque la distruzione delle statue pagane , onde
Roma era popolata, nè fu voluta dai cristiani impera-
tori, nè fu nei voli dei teologi d'allora e de'fedeli.
E se qualche simulacro fu atterrato, qualche violenza
popolare fu commessa, come la scena ora da me sco-
perta ci dimostra, ciò avvenne per caso eccezionale,
o nei primi impeti della plebe all'annunzio della di-
sfatta di Eugenio; quando alle statue ed ai titoli del-
l'aruspice ÌNicomaco Flaviano, che aveva predetto il
prossimo trionfo dell'idolatria, furono fatti sfregi cacca
xnsimulatione et proeul a principis volo (i).

La storia e le epigrafi dei monumenti romani di-
mostrano a sovrabbondanza la verità di questo fatto.
Osservo, che sotto l'impero di Costante cominciano
e nel corso del quinto secolo assai si moltiplicano in
Roma le basi di statue fornite di iscrizioni al tutto
dissimili da quelle delle età precedenti. Non sono
queste titoli dedicatorii o votivi, non ci dicono di
chi è la statua; ma soltanto chi la pose, ed è sempre
un prefetto di Roma (3). Egli è manifesto,, che queste
sono le basi delle statue tolto alle are ed ai templi
e poste per ordine degli imperatori ad ornato della
città nei fori,, nelle basiliche, nei teatri e negli altri
pubblici editici. Che se ciò di per sè è chiaro, lo di-
viene anche più per la testimonianza di alcune tra quelle
epigrafi meno laconiche delle loro compagne. Probiano
prefetto di Roma nel 416 pose molte di queste statue
coll'iscrizione: slatuam collocari praecepit, quae orna-
mento basilicae esse posset inlustri, ovvero statuam
quae basilicae Juliae a se noviter reparatae ornamento
esset adjecit (4). Sotto Onorio e Teodosio II Albino
prefetto di Roma facto a se adjecit ornatili (S); e non
si dice che cosa aggiunse all'ornato da lui fatto, ma
queste parole essendo incise sopra una base di statua,
bene s'intende che la giunta era un simulacro. Il eo-
stante silenzio intorno al nome di queste statue ne
dimostra la natura e la provenienza. Siffatte iscrizioni
testificano e comprovano quello , che le leggi e gli
scrittori allegati c'insegnano, i simulacri cioè delle
pagane divinità purificati da ogni superstizione essere
divenuti oggetti d'arte ed ornamenti de'pubblici edifici,

(1) Peristeph. II, v. 473 e segg.

(2) V. il decreto di Valentiniano III da me pubblicato nella diss. eit.
sopra Nicomaco Flaviano.

(3) V. Marini ap. Mai, Script, vet. T. V p. 33.3 e segg.

(4) Gnu. 171,7; 1080, 11.

(5) Grut. 286,7; Marini, Iscr. Alb. p. 43.

simulacra artis pretio non divinitate metienda, come
scrisse Teodosio medesimo in una sua legge (1). Una
circostanza però notabilissima osservo, che è espres-
samente ricordata in iscrizioni non romane simili alle
da me allegate, e della quale in Roma non trovo un
cenno. In Verona sotto Graziano e Valentiniano un
consolare della Venezia e dell'Istria statuam in capi-
tolio (2) din jacenlem in celeberrimo fori loco con-
stitui jussit (H). In Renevento un consolare della Cam-
pania circa que'tempi medesimi statuam in abditis locis
reperlam ad ornatimi publicum loco celeberrimo consti-
tuendam curavit (4) : colla quale epigrafe dee essere
posta a confronto quella di un curatore anch'esso di
Benevento, che ex locis abditis usui atqve splendori
thermarum dedit (o), ed è facile il capire, che si dee
sottintendere statuam. Queste memorie beneventane
danno luce ad una similissima epigrafe di Capua: signa
translata ex abditis locis ad celebritatem thermarum
Severianarum Audentius Aemilianus v. c. cons. Camp,
conslituit dedicarique praecepit (6). Il Martorclli seguilo
da molti eruditi stimò , che coteste statue tratte ex
abditis locis ad celebritatem thermarum fossero stale
cercale nelle sepolte città Ercolano e Pompei (7). Ma
il confronto colle altre da me allegate iscrizioni e la
data di cotcsta epigrafe, che è manifestamente del se-
colo quarto o del quinto, c' insegnano a pensare piut-
tosto ai simulacri delle pagane divinità tolti dai templi
ed occultati o dai sacerdoti per conservarli, o dalla
pubblica autorità per toglierli alla vista degli idolatri,
e poi dalla medesima «autorità collocali a pubblico
ornato dei fori e delle terme. Di statue, come quella di
Verona, per lungo tempo giacenti ovvero nascoste e poi
ex abditis locis tratte alla luce dai prefetti di Roma,
niun cenno si legge nelle tante epigrafi da loro poste
durante i secoli quarto e quinto. Laonde parmi che
la storia diligentemente esaminata a maraviglia s'ac-
cordi con i monumenti. E se gli antichi molte vio-
lenze ci narrano commesse contro i simulacri pagani,
e ci mostrano i principi medesimi averli talvolta fatti
distruggere o nascondere (8), ciò si dee intendere
delle province, e massime dell'Africa, dell'Egitto, e
dell'Oriente: di Roma però tutto ci induce a credere
il contrario , e la dipinta caricatura da me scoperta
è poco meno che l'unico testimonio certo, che ci ad-
diti qualche violenza quivi fatta dai Cristiani contro
le statue pagane.

(1) Coti. Theod. XVI. 10, 8.

(2) Cioè nel campidoglio di Verona.

(3) MafTei, Mm. Ver. p. 108.

(4) Mommsen, Inscr. regni neap. a. 1417.

(5) L. c. n. 1428.

(6) L. c. n. 3C12.

(7) Martorelli, De theca calumarla p. XXXVI e 541.

(8) Note sono le testimonianze da tutte gli eruditi citate sopra questo
argomento: alle quali si aggiunga il frammento dell'orazione di Libatilo
vxt: ™v ispiv divulgato dal .Mai in fine al volume delle epistole di Fron-
tone, Romae 1823 p. 322 e segg.
 
Annotationen