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Volume I.

STORIA DELL' ARTE CRISTIANA

Teorica



volto era tendente al bruno come quello del grano.
Le quali idee tutte essi attestano di ricavare dagli
antichi (vedi la pag. 1i4, ed. Combefis, Manip.), cioè,
siccome appar manifesto, da scrittori non dissimili
da Andrea Cretense (ap. Boissonade, Anecd. gr. IV,
pag. 4jì), il quale toglie ciò che scrive dalle pit-
ture di Oriente riputate acheropite antichissime e
veri ritratti.

La Vergine si è generalmente rappresentata in
due modi, e come àst7rcLpSévog, quale la predisse
Isaia; e come 7rapSevo/A-/iTù)p, ù>g x.aù Séoro'/tof (Atha-
nas. opp. voi. II, pag. }j), quale il profeta medesimo
(Vili, i ) ce la simboleggiò nella profetessa madre
. dell'Emmanuele, che fa spoglia e preda. I mezzi
adoperati dall'arte per fissare ambedue i tipi, ci
sono stati rivelati nella rappresentanza di un vetro
cimiteriale e di una scultura, dove fuor di ogni
ambage riconosciamo la Vergine, e non al sem-
biante, né al vestito, e neanche all'atteggiamento
di orante, che sono sì comuni, ma dall'averle saga-
cemente il pittore dipinto accanto il profeta Isaia,
che in estasi assorto la contempla, e verso di lei
stende la destra in segno di attonito, e parla.
Questo concetto medesimo che vediamo accennato
dal pittore romano, fu poi assai lodevolmente
espresso da quello scultore di Arles, il quale inva-
ginò la Vergine orante e separatamente in altra
nicchia pose il Profeta, il quale a lei rivolto legge
nel gran volume, ciò che Iddio ha voluto vi scrì-
vesse, il nome predetto del figlio della profetessa
in fede della liberazione di Gerusalemme. Ma quando
l'arte ha voluto esprimere il concetto che si legge
in Isaia (IX, 6): Parvulus natits est nobis, et filius
datus est nobis, questa si è rivolta ad altro ripiego.
Ha rappresentato il Bambino in braccio ovvero in
grembo alla Madre, e il Profeta che le sta davanti
in atto di pronunziare le profetiche parole, tenendo
in mano il volume nel quale le ha scritte. Però ha
fatto ancora di più, e a significare l'altra profezia
della venuta dei Magi, che si legge al capo LX, gli
è bastato mettere in alto l'astro, simbolo della luce
che deve dissipare le tenebre della Galilea, o sia
della Gentilità, e spargere splendidi raggi sopra

Gerusalemme, o sia sopra gli Ebrei, secondochè
anche Balaam aveva più particolarmente predetto.

Questo gruppo della Vergine col figlio, che la
tradizione attribuisce a S. Luca, forse perchè questo
Evangelista ne somministrò limpido il concetto,
non rappresenta una storia né una parte di essa,
ma la profezia per l'annunzio dell'Angelo avvera-
tasi in Maria, mercè della quale colui che è nel
seno del Padre, è ancora nel seno e nelle braccia
della Madre (Greg. Neoc. Homil. Ili, pag. 26): àiti-
ctciXyi 0 UaS>pr/ì\ ■/.■^p'jaawv toc iv x.6\iroig tov
Tvctrspoq, zaì ìv dyzciXaig rrig /xyrépog.

Il tipo della Vergine orante di prospetto che ha
in grembo il Bambino parimente rivolto di fronte
è ancor più ideale, e se ne ha forse il primo esem-
pio in una tarda pittura del cimitero Ostriano. I
Greci, come dimostra la Nicopea, hanno figurato
questo gruppo in guisa, che la Vergine tenga colle
sue mani il Bambino in grembo sedente, e non è
che assai tardi, nelle imagini impresse sulle monete
bizantine del decimo e undecimo secolo, che si rap-
presenta il busto del Bambino dentro una gloria
che la Madre sostiene con le sue mani. In una
piastrellina d'oro, che io posseggo, la Vergine
Madre ha in seno l'intera figura di Cristo sedente
entro il predetto nembo di gloria.

Varii sono i modi di figurar la Vergine teolora,
quando si tratta della scena, ove i Magi offrono i
doni. Ella è messa di profilo, raramente di pro-
spetto, e tiensi in grembo il Bambino sempre ai
Magi rivolto, tranne nel rarissimo caso in cui lo
ha involto nelle fasce e sulle braccia, e quando
siede la Vergine col Bambino in seno, ed è posta
in mezzo ai Magi e ai pastori.

Le Madonne con le mani elevate ma non di prò--
spetto e solitarie, parrai derivino dalla scena del
Calvario, ovvero dell'Ascensione, ove si vede la
Vergine in atto di elevare ambedue le mani da un
lato, come nel codice di Zagba, nel cimitero di
S.Valentino, nella chiesa sotterranea di S. Clemente;

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