usebio -
Libro Vili.
DALL'ANNO 284 AL 4oo
Secolo IV.
Cosi
%
15,11111
iati*»'
sono stabiliti due canoni epigrafici relativi alle
lastre cimiteriali di Roma: il primo è che, dopo il
terzo secolo, neanche una epigrafe cimiteriale reca
i tre nomi (De Rossr, Inscr. christ. I, praef. p. CXII),
e che gli epitaffi col nome e cognome anteriori
al ) i 2 sono appena ventitré (ib. pag. CXII, CXIII).
Se le iscrizioni cimiteriali romane dovessero ser-
virci di legge per tutto il mondo cristiano, noi
dovremmo dire che l'epitaffio di Canosa posto al
neofito Q_. Peticio Habentio dal Padre Ci Peticio
Navigio, in cima del quale si vede scolpito A :£ CD,
precede di molto il }4o: e pei due nomi potremmo
inferirlo ancora vedendo in cima dell'epitaffio di
Valeria Rode (voi. I, p. ióo) le lettere ADdMO),
e in fine il monogramma ;£. Ma chiunque ha
seguita la nostra discussione nella Numismatica
Costantiniana riguardante fuso della croce nei
primi decennii del secol quarto, ha potuto indi
dedurre che le leggi ricavate dai cimiteri di Roma
non si debbono far comuni alla universalità dei
fedeli nel mondo romano; e però dicasi ancor qui
che, fuori dei cimiteri romani, il costume antico
dei due e dei tre nomi si è serbato qua e colà
presso le famiglie cristiane più a lungo che non
a Roma, almeno per tutta la prima metà del se-
colo quarto.
Ci conviene ora esaminare una questione agi-
tata nel secolo scorso intorno al valore dommatico
del gruppo Ì££Q: perocché gli ariani, scrive l'Alle-
granzi(Spieg. e Rifless. pag. 77), « industriosamente
omettevano l'aXcpct e f cofxsya, onde Menkenio e
Lorenzo Ramiresio furon di parere che avanti
dell'arianesimo niente fossero presso i fedeli in
usanza. » Cosi egli : ed è forse vero che presso i
fedeli non furono in usanza prima dell' ariane-
simo, ma da ciò non segue, come egli vuole, che
gli A ed CD fossero introdotti per combattere l'a-
rianesimo; mentre si vede Costanzo farne pompa
sulla sua moneta. Bisogna dunque convenire che
le predette lettere non si spiegavano da tutti ad
un modo. Senza negare però che Cristo fosse,
qual'egli si appella, il principio e la fine, il primo
e f ultimo, nò che Cristo fosse Dio, gli ariani lo
dicevano fatto dal Padre, mentre prima non era,
di altra sostanza ed essenza, e però che il Padre
gli aveva largita la divinità: il quale errore la
Chiesa condannò e condanna insegnando che Cristo
non è ofxoiovaioq, o sia di sostanza simile, ma
ò/jLoouctot;, cioè della medesima sostanza col Padre
e che è da lui generato e non fatto [Conc. Nicaen. I,
can. XX). Nella sentenza dunque degli ariani Cristo
era principio e fine come presso quei cattolici i
quali credevano dimostrare che Cristo, con quelle
sue parole, non manifestò a Giovanni la sua divi-
nità (vedi Cornelio a Lapide, Apocal. I, 22); ma
che con esse aveva voluto esprimere essere egli il
principio e il fine di tutto il creato. Indi è che a
siguificare la sua divina essenza uguale al Padre,
posero il monogramma colle due lettere dentro
un cerchio, intendendo col cerchio la sua divinità,
cioè l'essere senza principio e senza fine; mentre
col monogramma a>|^ additavano Cristo prin-
cipio e fine. Tal doppio senso si legge ben dichia-
rato ed espresso in un antico epigramma trascritto
dal Castiglioni in Milano (Ant. basii. Vincent. Med.
pag. 2 4):
Circulus hic stimmi comprehendit nomina regis,
Quem sine principio et sine fine vides.
Principium cum fine simul ubi denotat A CO
X et P Xp; nomina sancta tenent.
E certamente non altro è il concetto che Sedullio
espresse, quando volendo spiegare il mistero della
trasfigurazione di Cristo, scrisse (III, 28)):
hunc esse per orbem
Principium ac finem, hunc A viderier hunc CD
Quem medium tales circumfluxere prophetae.
E questo senso medesimo daremo a S. Paolino
quando dice, che le due lettere significano Cristo:
A ibidem mihi Christus et CD qui summa supremis
Finibus excelsi pariter complcxus et imi
Victor et inferna et pariter caelestia caepit :
e quando S. Eufrasio, nel musaico di S. Apollinare
in classe di Ravenna, pose il busto del Salvatore
nel centro della croce accompagnato dall'A ed CD
— 457
Libro Vili.
DALL'ANNO 284 AL 4oo
Secolo IV.
Cosi
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15,11111
iati*»'
sono stabiliti due canoni epigrafici relativi alle
lastre cimiteriali di Roma: il primo è che, dopo il
terzo secolo, neanche una epigrafe cimiteriale reca
i tre nomi (De Rossr, Inscr. christ. I, praef. p. CXII),
e che gli epitaffi col nome e cognome anteriori
al ) i 2 sono appena ventitré (ib. pag. CXII, CXIII).
Se le iscrizioni cimiteriali romane dovessero ser-
virci di legge per tutto il mondo cristiano, noi
dovremmo dire che l'epitaffio di Canosa posto al
neofito Q_. Peticio Habentio dal Padre Ci Peticio
Navigio, in cima del quale si vede scolpito A :£ CD,
precede di molto il }4o: e pei due nomi potremmo
inferirlo ancora vedendo in cima dell'epitaffio di
Valeria Rode (voi. I, p. ióo) le lettere ADdMO),
e in fine il monogramma ;£. Ma chiunque ha
seguita la nostra discussione nella Numismatica
Costantiniana riguardante fuso della croce nei
primi decennii del secol quarto, ha potuto indi
dedurre che le leggi ricavate dai cimiteri di Roma
non si debbono far comuni alla universalità dei
fedeli nel mondo romano; e però dicasi ancor qui
che, fuori dei cimiteri romani, il costume antico
dei due e dei tre nomi si è serbato qua e colà
presso le famiglie cristiane più a lungo che non
a Roma, almeno per tutta la prima metà del se-
colo quarto.
Ci conviene ora esaminare una questione agi-
tata nel secolo scorso intorno al valore dommatico
del gruppo Ì££Q: perocché gli ariani, scrive l'Alle-
granzi(Spieg. e Rifless. pag. 77), « industriosamente
omettevano l'aXcpct e f cofxsya, onde Menkenio e
Lorenzo Ramiresio furon di parere che avanti
dell'arianesimo niente fossero presso i fedeli in
usanza. » Cosi egli : ed è forse vero che presso i
fedeli non furono in usanza prima dell' ariane-
simo, ma da ciò non segue, come egli vuole, che
gli A ed CD fossero introdotti per combattere l'a-
rianesimo; mentre si vede Costanzo farne pompa
sulla sua moneta. Bisogna dunque convenire che
le predette lettere non si spiegavano da tutti ad
un modo. Senza negare però che Cristo fosse,
qual'egli si appella, il principio e la fine, il primo
e f ultimo, nò che Cristo fosse Dio, gli ariani lo
dicevano fatto dal Padre, mentre prima non era,
di altra sostanza ed essenza, e però che il Padre
gli aveva largita la divinità: il quale errore la
Chiesa condannò e condanna insegnando che Cristo
non è ofxoiovaioq, o sia di sostanza simile, ma
ò/jLoouctot;, cioè della medesima sostanza col Padre
e che è da lui generato e non fatto [Conc. Nicaen. I,
can. XX). Nella sentenza dunque degli ariani Cristo
era principio e fine come presso quei cattolici i
quali credevano dimostrare che Cristo, con quelle
sue parole, non manifestò a Giovanni la sua divi-
nità (vedi Cornelio a Lapide, Apocal. I, 22); ma
che con esse aveva voluto esprimere essere egli il
principio e il fine di tutto il creato. Indi è che a
siguificare la sua divina essenza uguale al Padre,
posero il monogramma colle due lettere dentro
un cerchio, intendendo col cerchio la sua divinità,
cioè l'essere senza principio e senza fine; mentre
col monogramma a>|^ additavano Cristo prin-
cipio e fine. Tal doppio senso si legge ben dichia-
rato ed espresso in un antico epigramma trascritto
dal Castiglioni in Milano (Ant. basii. Vincent. Med.
pag. 2 4):
Circulus hic stimmi comprehendit nomina regis,
Quem sine principio et sine fine vides.
Principium cum fine simul ubi denotat A CO
X et P Xp; nomina sancta tenent.
E certamente non altro è il concetto che Sedullio
espresse, quando volendo spiegare il mistero della
trasfigurazione di Cristo, scrisse (III, 28)):
hunc esse per orbem
Principium ac finem, hunc A viderier hunc CD
Quem medium tales circumfluxere prophetae.
E questo senso medesimo daremo a S. Paolino
quando dice, che le due lettere significano Cristo:
A ibidem mihi Christus et CD qui summa supremis
Finibus excelsi pariter complcxus et imi
Victor et inferna et pariter caelestia caepit :
e quando S. Eufrasio, nel musaico di S. Apollinare
in classe di Ravenna, pose il busto del Salvatore
nel centro della croce accompagnato dall'A ed CD
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