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Maffei, Scipione; Vallarsi, Jacopo [Oth.]; Berno, Pierantonio [Oth.]
Verona Illustrata (Parte Prima): Contiene L'Istoria Della Città E Insieme Dell'Antica Venezia: Dall'Origine Fino Alla Venuta In Italia Di Carlo Magno — In Verona: Per Jacopo Vallarsi, e Pierantonio Berno, 1732

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Dell'istoria di Verona
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Libro nono
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https://doi.org/10.11588/diglit.62317#0141
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H9

LIBRO

Africa, il Senato creò Imperadori in Roma
^uP^enoJ e Balbino;e creandone due, ben
74 7 mostrò di /limare tal suprema dignità un
Magistrato: così poi fece de’figliuoli di Ma-
criano. A’Consoli dal Senato, e non dagl’
Imperadori, furon sempre date le insegne,
cioè i Fasci, e il baflon d’avorio, come in
in Aurei, un’epistola di Valeriane si legge presso Vo-
piseo. Per la elezion di Tacito sei meli di
esemplare, e pio complimento fecero tra
loro 1’ esercito, ed il Senato : essendosi da
quello poi mandate lettere in ogni parte ,
perchè a tutti i Sodi, ed a tutte le nazioni fi
Vop. in sacefie noto,efier tornata laRepublica all'anti-
co siato’, le leggi dal Senato doverfi prendere ,
al Senato indirizzar le fuppliche de i Re bar-
bari, e della pace, e della guerra efierfi per
trattare in Senato. Probo chiedendo , che
rellasse convalidata la dignità Imperadoria
lui da’ soldati conferita, scrisse in quelli ter-
mini : ottimamente Padri coferitti l’anno /cor-
te Prot. sio avvenne , che la vofira clemenza de fi e al
Mondo il Principe ì e qaefto del vofiro nume-
ro , che fiete veramente i Principi, e fempre
sofie, e ne'pofteri vofiri farete. Rutilio, Am-
miano , Claudiano , Cassiodorio , ed altri
di quel tempo, Reggia della libertà, Si-
gnora delle cose, Padrona dell’imperio chia-
mano ancora l’Italia, e Roma . Gildone,
che machina va nell’ Africa cose nuove, fu
da Onorio accusato al Senato, e da quello
.4.cp.4» condannato sovranamente. Alarico, che
volea Onorio depollo, assediòRoma, mi-
nacciando aspramente i Romani , se non
creavano altro Imperadore: il Senato stret-
to dalla fame elesse Prisco Attalo Prefetto
allora della Città, e gli diede le Imperiali
insegne. Invanito collui, profe/sò il dì Se-
guente di voler conquidere tutto il mondo;
Ub. 6. però come si vede in Zolimo, non a se, ma
a'Romani. E quella senza dubbio fu la ra-
gione , perchè nè Odoacre, nè Teodorico
non vollero chiamarli Imperadori. Che
mancava a Teodorico per esser tale nell’
Occidente? e quanto volentieri non l’avreb-
bero acclamato i Romani, e non si sareb-
bero con ciò mantenuti nell’antica giuris-
dizione? Re valoroso, che non sidamente
possedea l’Italia, cioè il vero fondo , e la
base dell’Imperio, ma in appresso la mi-
glior parte delle Occidentali provincie: Pan-
nonia con Sir mio, donde scacciò i Gepidi;
c<. Nerico, ove mandò ordini; Dalmazie, e
r^iii Svevia, alle quali il succelsore Atalarico
i6. mandò un de’ suoi per Governatore; gran
Parte Gallie,che dille aver /aggiogate,
isi g? e nelle quali Arles singolarmente fu da lui te-
^. 31 nut0 sempre; e la Spagna tutta, della quale
^ispà'ni^n diede poseia il nome al nipote Amalarico fan-
Proc‘ ciullo : in una parola ogni nazion d’ Occi-

NONO. 250
dente esièrgli fiata in qualche modo sogget-
ta, dille Giornande. Ben si credette di ve-
derlo fra poco Imperadore Ennodio, quan-
do lo chiamò falute della Republica (faluspa.- in Paneg.
rendo doversi leggere, dovefiatus hanno le
stampe) e quando gli dilse, ch’era flato
preparato al governo del Mondo : ma poten-
do egli in virtù delle sue conquide gioire d’
autorità dispotica, ed assòluta, non volle
assùmere un grado, il quale giuridicamen-
te altro non era che un Magistrato, e la-
seiava per natura in Republica l’Italia, e
Roma.
Riluce da tutto quello perfettamente,
quanto fàlsa Ila quella volgar’opinione, che
Coslantino trasportasie l’imperio Romano
a Coflantinopoli. L’Imperio non era in ar- sxbSjp tnv
bitrio di Coflantino, nè consi fica nella sua
per sona, nè era possèssion sua, o del suo 74Z™
/àngue: consi/tea nella Republica, ed era
gius del popolo, e del Senato, di cui egli
era Generale, e rappresentante. Anzi nul-
la avea egli di suo, fuorché il particolar
patrimonio, che come abbiam veduto si
dicea Fifco privato. Sede naturale ed unica
della Republica Romana fu sempre Roma,
nè altra esier potea. Gl’ Imperadori non eb-
bero residenza determinata ,e silila, perchè
conveniva loro secondo il debito dell’ufizio
trattenerli, dove l’occorrenza delle guerre
più richiedesfe. Che però Coflantino sti-
masie poter più facilmente far’ argine alle
nazioni Orientali, dimorando sui bosfqro
Tracio, e ingrandire per quello, e nobili-
tale Bisanzio, qual virtù potè mai ciò ave-
re per privar Roma del proprio, insito, ed
inseparabil diritto? Potè per quello Costan-
tinopoli esier mai altro,che una Colonia di
Roma, come la confelsa Pletone? e non o?at. Ae
ebb’esià per grazia di conseguire il gius Ita- bel1, PeI°
lico, e che le folle rinovato da Valentinia- c Tb i.t.
no, benchègiàda tanto tempo un degl’Impe- e,v’
radori fosiesolitodi farquivi dimora?Com’
era mai po/Iìbile di trasportar la Republica
Romana, e la giurisdizion sua senza tras-
portar Roma? anzi ne’ tempi antichi,
quando incendiata Roma da’ Senoni, e ri-
dotta un ammaliò di ruine,si trattò di mu-
tar sito, e di pasiàre nella Città de’Vej,
mostrò Furio Camillo, non esier ciò lecito, Liv.l.5.
e non poterli trasferir la Republica nè pur
col trasporto di tutto il popolo, e di tutti
i Magistrati. Or da ciò che Segue ? segue, che
quando da flraniere nazioni fu finalmente
debellata l’Italia, distrutta la Republica,
soggiogata Roma, l’Imperio Romano pe-
rì, si annullò, s’efiinse. Non continuò,e
non reflò vivo in Costantinopoli ; perchè il
signor d’Oriente non fu Imperador Roma-
no se non fin tanto, che da Roma fu elet-
to,
 
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