ZJJ LIBRO
bari, alla quale l’Imperador Greco impo-
tente a difenderla l’avea abbandonata, 1’
antica, e nativa libertà non si mantenette
inetta? E principio primo non /blamente
della Giurisprudenza, ma della natura,che
mancata, ed estinta anche ne’ paesi sogget-
ti la schiatta dominante, non dovendo gli
uomini correr l’istessà condizione de’ terre-
ni privi disenso, e degli armenti privi di ra-
gione , torna la giurisoizione al suo naturai
principio, e ricade ne’popoli il diritto d’eleg-
gerli un Principe,o di fondar nuovo gover-
no; quanto più in gente, che parte d’ una
Republica prima fotte, distrutta quella,
dovremo dire, che il gius rimanesse di for-
marli ancora in Republica? A i diritti del-
la libertà so ne accoppiò l’effètto ; poiché
edisicata già la Città in gran parte, e fiabi-
lito il governo, noi veggiamo dalla soprari-
fèrita epifiola di Cassiodorio, cornea tem-
po de’primi, che dominaron l’Italia, cioè
de’Goti, Venezia da i proprj Magissrati
era retta, e veggiamo,che quelli il Roma-
no nome portavano di Tribuni, Che folle-
rò annui ha soritto il Dandolo, e che uno
se n’ eleggessè ip ogn’ Isola, perchè quivi am-
miniflrassè giustizia. Autori assai poveri di
notizie, e di raziocinio hanno preteso, che
que’ Tribuni fossèr Pressdi mandati dal Re;
ma tralasciando, che il Tribunato da lor
maje inteso, e di cui si ha la forinola in
Cassiodorio, non fu mai governo di tal sor-
te; egli è più chiaro del Sole, come i Tri-
buni nollri eran Magistrato proprio, e cit-
tadinesco; sì per ess'er più d’uno, e sì per-
chè ad etti parlali come a Veneziani, e co-
me a rapprcsontanti il popol Veneto, di-
cendo, voi che po[fedete quantità di legni,
e che navigate per la voftra patria. Ecco pe-
rò come a’ Veneti Magissrati, e non al Go-
vernatore che reggeala provincia,s’indiriz-
zavano, alcuna cosa dal nuovo popolo vo-
lendo , i Re Goti, Che si pretenda poi non
per serie di cose, ma per atti, o fatti nul-
la in ciò concludenti, contrasegni d’ altrui
dominio essèrsi nelle susseguite età rinvenuti,
cotella è quistion diversa ,ead altro tempo,
che a quello di cui si tratta,spettante. Ve-
ra cola è, che noi crediamo poterli anch’
essà con tre versi risolvere. Ninno è fiato
ancora, e niun sarà mai, che inoltrar pol-
la avere in qualsisia tempo, e per veru-
na occasione, Imperadore, o Re mandato
Prefetto alcuno con qualunque nome a Ve-
nezia: tanto balta per render chiaro, ch’es-
sanon fu maisotto altrui dominio, efusem-
pre libera. Che se verso tal Città atti, o
parole furon talvolta usate autorevoli, co-
me quando abbiam veduto ordinò Cassìodo-
rio per nome di Teodorico di condur grani
NONO. 254
a Ravenna; quello è ciò, cheavvicn sem-
pre tra il grande , e ’1 piccolo, tra il forte,
e’1 debole. Si dice Venezia sempre libera,
non sempre dominante, opotente sempre:
ma che fu Roma nella sua prima età? an-
guslissìmo tratto di terreno ebbe anch’essà,
e crebbe anch’essà per aver Romolo de- Liv. i. r.
putato a chiunque vi rifugi va un sicuro
asslo. Vaglia però il vero qual differenzad’ Dion.H«ì.
origine ? asilo fu quel colle a’ delinquenti 4 *•
de’circoltanti paesi, e alla turba di nuove
cose vaga, come Livio espressamente inso-
gna; e asilo furon l’Isole Venere, alla più
scelta gente di nobilissìma provincia, che
per sottrarsi al dominio de’barbari, e per
mantenerli Romana, vi si trasferì con lesue
famiglie, Ma torniamo a Verona, dalla qua-
le ancora come Città Veneta, e delle più
espofie alle straniere invasioni,non è dubbio
sarà concorsa gente al ricovero delle lagune,
e alla fondazione della nuova Città, di cui
abbiamo finor favellato.
Per continuare l’Ecclesiassica Ifioria no-
stra da Santo Zenone in giù, dove termina
l’Anonimo Pipiniano il suobreve catalogo,
trovandoci per le Veronesi memorie quali
senza scorta, e senza guida, negli efierni,
e comuni monumenti ci è forza d’andar ri-
pescando i nofiri Vescovi ; di quelli solamen-
te volendo parlar per ora, de’ quali abbia-
mo il tempo in sicuro Che a Zenone suc-
cedesse Siagrio, impariamo con certezza da
due lettere di S. Ambrogio a quello diret-
te, delle quali ci accatterà di parlar di nuo-
vo. Indica il Panvinio varie particolarità
de i Sermoni di quello Vesoovo; per lo che l. 4. c. 15.
abbiam per certo, eh’ egli da Giovanni Dia-
cono le traesse, a tempo del quale dovean
forsè conservarsi i Sermoni, Un Siagrio ri-
pone in fattiGennadioa quella età tra Scrit-
tori. Gaudenzio si recita tra nofiri Vesoo-
covi; e al Concilio Romano del 465 si ve-
de pretto il Labbesoscritto Gaudentius Vec-
conenjìr. ma Crisiian Lupo ha trovato, leg-
gerli Veronenjìs ne i Mls Cassìness. Al Con-
cilio parimente Romano dell’anno 501, e
all’altro del 504 /oserissè il nofiro Vesoovo
Serviti Dei, che i nofiri hanno chiamato S.
Servolo. Ma insigne monumento ci rimane
di S. Valente, cioè la sua lapida sepolcrale
in S. Pietro di Gattello, benché perdute, o
naseosse per somma sventura le sacre ossa.
L’Isorizione è per ogni contoapprezzabilis-
sima, e se molte di così fatte ne avessero
conservate le Chiese, troppo felice la Cri-
ssiana Ifioria sarebbe. Impariam da essà,
come S. Valente campò intorno a ottanta-
cinqu’anni, e rette quella Chiesa anni otto,
otto meli, e giorni diecìnove; e come man-
cò il dì 25 Luglio dell’anno che fu dopo il
Con-
bari, alla quale l’Imperador Greco impo-
tente a difenderla l’avea abbandonata, 1’
antica, e nativa libertà non si mantenette
inetta? E principio primo non /blamente
della Giurisprudenza, ma della natura,che
mancata, ed estinta anche ne’ paesi sogget-
ti la schiatta dominante, non dovendo gli
uomini correr l’istessà condizione de’ terre-
ni privi disenso, e degli armenti privi di ra-
gione , torna la giurisoizione al suo naturai
principio, e ricade ne’popoli il diritto d’eleg-
gerli un Principe,o di fondar nuovo gover-
no; quanto più in gente, che parte d’ una
Republica prima fotte, distrutta quella,
dovremo dire, che il gius rimanesse di for-
marli ancora in Republica? A i diritti del-
la libertà so ne accoppiò l’effètto ; poiché
edisicata già la Città in gran parte, e fiabi-
lito il governo, noi veggiamo dalla soprari-
fèrita epifiola di Cassiodorio, cornea tem-
po de’primi, che dominaron l’Italia, cioè
de’Goti, Venezia da i proprj Magissrati
era retta, e veggiamo,che quelli il Roma-
no nome portavano di Tribuni, Che folle-
rò annui ha soritto il Dandolo, e che uno
se n’ eleggessè ip ogn’ Isola, perchè quivi am-
miniflrassè giustizia. Autori assai poveri di
notizie, e di raziocinio hanno preteso, che
que’ Tribuni fossèr Pressdi mandati dal Re;
ma tralasciando, che il Tribunato da lor
maje inteso, e di cui si ha la forinola in
Cassiodorio, non fu mai governo di tal sor-
te; egli è più chiaro del Sole, come i Tri-
buni nollri eran Magistrato proprio, e cit-
tadinesco; sì per ess'er più d’uno, e sì per-
chè ad etti parlali come a Veneziani, e co-
me a rapprcsontanti il popol Veneto, di-
cendo, voi che po[fedete quantità di legni,
e che navigate per la voftra patria. Ecco pe-
rò come a’ Veneti Magissrati, e non al Go-
vernatore che reggeala provincia,s’indiriz-
zavano, alcuna cosa dal nuovo popolo vo-
lendo , i Re Goti, Che si pretenda poi non
per serie di cose, ma per atti, o fatti nul-
la in ciò concludenti, contrasegni d’ altrui
dominio essèrsi nelle susseguite età rinvenuti,
cotella è quistion diversa ,ead altro tempo,
che a quello di cui si tratta,spettante. Ve-
ra cola è, che noi crediamo poterli anch’
essà con tre versi risolvere. Ninno è fiato
ancora, e niun sarà mai, che inoltrar pol-
la avere in qualsisia tempo, e per veru-
na occasione, Imperadore, o Re mandato
Prefetto alcuno con qualunque nome a Ve-
nezia: tanto balta per render chiaro, ch’es-
sanon fu maisotto altrui dominio, efusem-
pre libera. Che se verso tal Città atti, o
parole furon talvolta usate autorevoli, co-
me quando abbiam veduto ordinò Cassìodo-
rio per nome di Teodorico di condur grani
NONO. 254
a Ravenna; quello è ciò, cheavvicn sem-
pre tra il grande , e ’1 piccolo, tra il forte,
e’1 debole. Si dice Venezia sempre libera,
non sempre dominante, opotente sempre:
ma che fu Roma nella sua prima età? an-
guslissìmo tratto di terreno ebbe anch’essà,
e crebbe anch’essà per aver Romolo de- Liv. i. r.
putato a chiunque vi rifugi va un sicuro
asslo. Vaglia però il vero qual differenzad’ Dion.H«ì.
origine ? asilo fu quel colle a’ delinquenti 4 *•
de’circoltanti paesi, e alla turba di nuove
cose vaga, come Livio espressamente inso-
gna; e asilo furon l’Isole Venere, alla più
scelta gente di nobilissìma provincia, che
per sottrarsi al dominio de’barbari, e per
mantenerli Romana, vi si trasferì con lesue
famiglie, Ma torniamo a Verona, dalla qua-
le ancora come Città Veneta, e delle più
espofie alle straniere invasioni,non è dubbio
sarà concorsa gente al ricovero delle lagune,
e alla fondazione della nuova Città, di cui
abbiamo finor favellato.
Per continuare l’Ecclesiassica Ifioria no-
stra da Santo Zenone in giù, dove termina
l’Anonimo Pipiniano il suobreve catalogo,
trovandoci per le Veronesi memorie quali
senza scorta, e senza guida, negli efierni,
e comuni monumenti ci è forza d’andar ri-
pescando i nofiri Vescovi ; di quelli solamen-
te volendo parlar per ora, de’ quali abbia-
mo il tempo in sicuro Che a Zenone suc-
cedesse Siagrio, impariamo con certezza da
due lettere di S. Ambrogio a quello diret-
te, delle quali ci accatterà di parlar di nuo-
vo. Indica il Panvinio varie particolarità
de i Sermoni di quello Vesoovo; per lo che l. 4. c. 15.
abbiam per certo, eh’ egli da Giovanni Dia-
cono le traesse, a tempo del quale dovean
forsè conservarsi i Sermoni, Un Siagrio ri-
pone in fattiGennadioa quella età tra Scrit-
tori. Gaudenzio si recita tra nofiri Vesoo-
covi; e al Concilio Romano del 465 si ve-
de pretto il Labbesoscritto Gaudentius Vec-
conenjìr. ma Crisiian Lupo ha trovato, leg-
gerli Veronenjìs ne i Mls Cassìness. Al Con-
cilio parimente Romano dell’anno 501, e
all’altro del 504 /oserissè il nofiro Vesoovo
Serviti Dei, che i nofiri hanno chiamato S.
Servolo. Ma insigne monumento ci rimane
di S. Valente, cioè la sua lapida sepolcrale
in S. Pietro di Gattello, benché perdute, o
naseosse per somma sventura le sacre ossa.
L’Isorizione è per ogni contoapprezzabilis-
sima, e se molte di così fatte ne avessero
conservate le Chiese, troppo felice la Cri-
ssiana Ifioria sarebbe. Impariam da essà,
come S. Valente campò intorno a ottanta-
cinqu’anni, e rette quella Chiesa anni otto,
otto meli, e giorni diecìnove; e come man-
cò il dì 25 Luglio dell’anno che fu dopo il
Con-