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DELL’ ISTORI A DI VERONA
ZÒO
cioè Strategi, rimalo in alcune Città dell’
Italia meridionale: ma molto più l’enerva-
re , come ne’ primi tempi de’ Longobardi
Duchi erano anche nelle Città non occupa-
te da loro, ma continuate lotto il dominio
de’Greci, le quali però da’Longobardi per
certo non gli aveano. Impariam percagion
d’esempio dal Porfirogenito come Gaeta,
Amalsi, Surrento non furori mai de’ Lon-
imp. c. 27. gOkar£|i , e pur di elle notò Camillo Pelle-
d'Vsc. grini> com’ebber Duca. In tempo de’ pri-
Ben.dijfa. mi Re Longobardi veggiamo in più epiIto-
le di S. Gregorio il Duca di Sardegna, la
quale era siotto i Greci, e quello di Napo-
li, che pur vi era , e alla qual Città, che
lì mandalsie da Ravenna il Duca,S. Grego-
rio rnoltra, a Giovanni Vescovo di ella nel
Z.x. ep 32. 59 ? seri vendo. Roma non fu occupata mai >
nè signoreggiata da’ Longobardi, e pure co-
me all’altre Città, così mandava!! un Du-
ca a Roma: fa menzione Anattagio Biblio-
ìn Lacci, tecario di quando il popolo di Roma non
volle ricevere un Duca, perchè Filippico
Imperadore era eretico; e lì vede quivi , co-
me quel Pietro avea ottenuto tal dignità
scrivendo all’Esarca . Sagacemente otterrò
Hìfi.Hb.z. tal novità de’ Greci il Biondo, se non che
ne attribuì FHlituzione a Longino, il qua-
le essendo venuto in Italia l’anno sletto, che
fu occupata da’Longobardi, non avrebbe
avuto agio di far tal mutazione, nè avreb-
be potuto a tal modo di governo ridurla.
Abbiadi però per certo , che autore, e fon-
datore di tal lìstema fu Narsete, il quale
scrive Agneljp, cherelse,eamminifirò l’Ita-
lia per anni ledici. Scrive altresì 1’ istelso
Autore, che richiamato ne tisici finalmente
con tutte le ricchezze di (ffa > e come siotto di
in Agnel, lui si era fatta ordinazione ne'popoli d'Italia^
EPsJ- 27« il che vuol’ intenderli del nuovo ordine intro-
dotto nel governo, che abbiam pur’ ora ac-
cennato. Dice altrove, che ne’tempi di
Basilio il cui Considato denominò gli anni
dal 541 al 566, e di Narsete, e di Longi-
no, mancò del tutto il Senato Romano, e
gl’italiani si ridussero al niente privati affat-
to della libertà. Nota inoltre, che Narsete
morisse in Roma, il che accorda con Pao-
lo Diacono, e con Anattasio , da’ quali si
ìnjs. li, asserisee portato con tutte le lue ricchezze
a Costantinopoli dopo morte; ma non ac-
corda con quanto avea egli lìesso poco pri-
ma narrato. Confusion nacque ferie per 1’
altro Narfete da Corippo mentovato, e da
Gttb-i. z. Procopio.
I Longobardi secondo il testimonio di S.
Prospero, e di Paolo Diacono, chedal lor
sangue diseefe, useironodella Scandinavia.
Andarono in varie parti della Germania,
ora unpaese, ora un altro occupando, ed
ora una gente combattendo ora un’altra. Fu-
ron però detti Vinili, che vien’interpreta-
to vaganti anticamente j Pelalgi. Per
autorità di Sigeberto suron nell’anno 527
condotti dal Re Audoino nella Pannonia,
parte della quale fecondo Procopio ebbero
in dono da Giufiiniano. Fu quelli padre del
rinomato Alboino, che uccise in battaglia
il figliuolo di Turisendo Rede’Gepidi, e
succeduto al padre , uccise in altro fatto
d’ armi il lor Re Gunimondo, e talmente
gli disfece, che il lor nome non s’ udì più.
In quanta fama però ne salisse, appar mas-
simamente da una lettera di Nicezio Ves-
covo di Treveri alla sua prima moglie Clot-
sinda sigliuola di Clotario Re de’ Franchi.
Quinci Narsete nella guerra contro Tbtila
il richiefe d’aiuto, e n’ebbe un buon nu-
mero di gente scelta , qual traversiando 1’
Adriatico, passò a congiungersi con gl’im-
periali; gli rimandò Narsete dopo la vitto-
ria con molti doni, onde dice Paolo Diaco- 1. z.c. «.
no, tisando ancora gli antichi termini, che
furon pronti anche in avvenire centra i ne-
mici della Romana Repulsiva, ma Procopio,
che non era lor nazionale, aggiunge, come
rimandati furono ben’ in fretta per gl’ incen-
dj, e per le seeleraggini, che commettea-
no e nelle case, e ne’ Tempj; e come fu-
ron fatti accompagnare con truppe sino a’
confini, perchè altrettanto non sacesseroam
che nel viaggio. Giunto ad Alboino l’ecci-
tamento di Narsete, non tardò punto ad ab-
bracciarlo; e parendogli non aver numero
di gente badante per tanta impresa, richie-
se i Sassoni antichi amici d’aiuto, e n’ot-
tenne venti mila uomini, essendovjsi mi-
schiati poi anche altri duoli di varie genti.
Lasciata adunque la Pannonia a gli Unni,
ne useirono i Longobardi con le lor famiglie
nel mefe d’ Aprile dell’anno 568. E credi-
bile tenessero la solita via dell’Alpi Giulie,
per le quali diseesi nella Venezia,senza tro-
var contrasio occuparono Forogiulio, chia-
mato da Paolo ora Cartello, or Città ;prin-
cipal luogo, dopo minata Aquileia , della
Venezia inferiore detta poi Friuli. Quivi
avendo senza dubbio trovato, che si reggea
quella Città, e’I difiretto sino per nome de’
Greci da un Duca secondo la Indetta dispo-
sizion di Narfete, un altro e’ ve ne potè,e
fu Gisuiso suo nipote. Non fece caso di
' Oderzo, che ferrò le porte, e pattatala
Piave , con felicità mirabile s’impadronì di
Vicenza, di Verona, e dell’altre Cittàdel-
la superior Venezia, eccettuate Padova,
Monfelice, e Mantova. Di Monselice non
si trova più antica menzione, ma il nome
Latino indica, che a tempi Romani fu in Mone sin-
esière.Con billetta facilità entrò in Milano, cis>
e con-
DELL’ ISTORI A DI VERONA
ZÒO
cioè Strategi, rimalo in alcune Città dell’
Italia meridionale: ma molto più l’enerva-
re , come ne’ primi tempi de’ Longobardi
Duchi erano anche nelle Città non occupa-
te da loro, ma continuate lotto il dominio
de’Greci, le quali però da’Longobardi per
certo non gli aveano. Impariam percagion
d’esempio dal Porfirogenito come Gaeta,
Amalsi, Surrento non furori mai de’ Lon-
imp. c. 27. gOkar£|i , e pur di elle notò Camillo Pelle-
d'Vsc. grini> com’ebber Duca. In tempo de’ pri-
Ben.dijfa. mi Re Longobardi veggiamo in più epiIto-
le di S. Gregorio il Duca di Sardegna, la
quale era siotto i Greci, e quello di Napo-
li, che pur vi era , e alla qual Città, che
lì mandalsie da Ravenna il Duca,S. Grego-
rio rnoltra, a Giovanni Vescovo di ella nel
Z.x. ep 32. 59 ? seri vendo. Roma non fu occupata mai >
nè signoreggiata da’ Longobardi, e pure co-
me all’altre Città, così mandava!! un Du-
ca a Roma: fa menzione Anattagio Biblio-
ìn Lacci, tecario di quando il popolo di Roma non
volle ricevere un Duca, perchè Filippico
Imperadore era eretico; e lì vede quivi , co-
me quel Pietro avea ottenuto tal dignità
scrivendo all’Esarca . Sagacemente otterrò
Hìfi.Hb.z. tal novità de’ Greci il Biondo, se non che
ne attribuì FHlituzione a Longino, il qua-
le essendo venuto in Italia l’anno sletto, che
fu occupata da’Longobardi, non avrebbe
avuto agio di far tal mutazione, nè avreb-
be potuto a tal modo di governo ridurla.
Abbiadi però per certo , che autore, e fon-
datore di tal lìstema fu Narsete, il quale
scrive Agneljp, cherelse,eamminifirò l’Ita-
lia per anni ledici. Scrive altresì 1’ istelso
Autore, che richiamato ne tisici finalmente
con tutte le ricchezze di (ffa > e come siotto di
in Agnel, lui si era fatta ordinazione ne'popoli d'Italia^
EPsJ- 27« il che vuol’ intenderli del nuovo ordine intro-
dotto nel governo, che abbiam pur’ ora ac-
cennato. Dice altrove, che ne’tempi di
Basilio il cui Considato denominò gli anni
dal 541 al 566, e di Narsete, e di Longi-
no, mancò del tutto il Senato Romano, e
gl’italiani si ridussero al niente privati affat-
to della libertà. Nota inoltre, che Narsete
morisse in Roma, il che accorda con Pao-
lo Diacono, e con Anattasio , da’ quali si
ìnjs. li, asserisee portato con tutte le lue ricchezze
a Costantinopoli dopo morte; ma non ac-
corda con quanto avea egli lìesso poco pri-
ma narrato. Confusion nacque ferie per 1’
altro Narfete da Corippo mentovato, e da
Gttb-i. z. Procopio.
I Longobardi secondo il testimonio di S.
Prospero, e di Paolo Diacono, chedal lor
sangue diseefe, useironodella Scandinavia.
Andarono in varie parti della Germania,
ora unpaese, ora un altro occupando, ed
ora una gente combattendo ora un’altra. Fu-
ron però detti Vinili, che vien’interpreta-
to vaganti anticamente j Pelalgi. Per
autorità di Sigeberto suron nell’anno 527
condotti dal Re Audoino nella Pannonia,
parte della quale fecondo Procopio ebbero
in dono da Giufiiniano. Fu quelli padre del
rinomato Alboino, che uccise in battaglia
il figliuolo di Turisendo Rede’Gepidi, e
succeduto al padre , uccise in altro fatto
d’ armi il lor Re Gunimondo, e talmente
gli disfece, che il lor nome non s’ udì più.
In quanta fama però ne salisse, appar mas-
simamente da una lettera di Nicezio Ves-
covo di Treveri alla sua prima moglie Clot-
sinda sigliuola di Clotario Re de’ Franchi.
Quinci Narsete nella guerra contro Tbtila
il richiefe d’aiuto, e n’ebbe un buon nu-
mero di gente scelta , qual traversiando 1’
Adriatico, passò a congiungersi con gl’im-
periali; gli rimandò Narsete dopo la vitto-
ria con molti doni, onde dice Paolo Diaco- 1. z.c. «.
no, tisando ancora gli antichi termini, che
furon pronti anche in avvenire centra i ne-
mici della Romana Repulsiva, ma Procopio,
che non era lor nazionale, aggiunge, come
rimandati furono ben’ in fretta per gl’ incen-
dj, e per le seeleraggini, che commettea-
no e nelle case, e ne’ Tempj; e come fu-
ron fatti accompagnare con truppe sino a’
confini, perchè altrettanto non sacesseroam
che nel viaggio. Giunto ad Alboino l’ecci-
tamento di Narsete, non tardò punto ad ab-
bracciarlo; e parendogli non aver numero
di gente badante per tanta impresa, richie-
se i Sassoni antichi amici d’aiuto, e n’ot-
tenne venti mila uomini, essendovjsi mi-
schiati poi anche altri duoli di varie genti.
Lasciata adunque la Pannonia a gli Unni,
ne useirono i Longobardi con le lor famiglie
nel mefe d’ Aprile dell’anno 568. E credi-
bile tenessero la solita via dell’Alpi Giulie,
per le quali diseesi nella Venezia,senza tro-
var contrasio occuparono Forogiulio, chia-
mato da Paolo ora Cartello, or Città ;prin-
cipal luogo, dopo minata Aquileia , della
Venezia inferiore detta poi Friuli. Quivi
avendo senza dubbio trovato, che si reggea
quella Città, e’I difiretto sino per nome de’
Greci da un Duca secondo la Indetta dispo-
sizion di Narfete, un altro e’ ve ne potè,e
fu Gisuiso suo nipote. Non fece caso di
' Oderzo, che ferrò le porte, e pattatala
Piave , con felicità mirabile s’impadronì di
Vicenza, di Verona, e dell’altre Cittàdel-
la superior Venezia, eccettuate Padova,
Monfelice, e Mantova. Di Monselice non
si trova più antica menzione, ma il nome
Latino indica, che a tempi Romani fu in Mone sin-
esière.Con billetta facilità entrò in Milano, cis>
e con-