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Maffei, Scipione; Vallarsi, Jacopo [Oth.]; Berno, Pierantonio [Oth.]
Verona Illustrata (Parte Prima): Contiene L'Istoria Della Città E Insieme Dell'Antica Venezia: Dall'Origine Fino Alla Venuta In Italia Di Carlo Magno — In Verona: Per Jacopo Vallarsi, e Pierantonio Berno, 1732

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Dell'istoria di Verona
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Libro decimo
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https://doi.org/10.11588/diglit.62317#0147
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2ói LIBRO
e conquisiò l’altre Città della Liguria pia-
na, ma non già le maritime, nè parimente
Ticino, che nel secola approdo si cominciò
a dir Pavia. Quella flretta d’alsedio si di-
fese bravamente tre anni e meli, nel qual
mentre però il grasso dell’ esercito scorlè la
Toscana, e buona parte ne sottomise. L’
Esarca Longino non avea forze da opporli,
e si tenea chiusoin Ravenna. Le Venezie,
e la Liguria eran poco prima fiate afflitte
dalla pelle, ed erano ancor dalla carefiia. L’
Italia tutta avea disimparato di prender 1’
armi, poiché non si trattava più di prender-
le per la propria libertà, ma per esser serva
degli uni più tofio che degli altri. Espugnò
però finalmente Alboino anche Pavia, dal-
la quale espugnazione desunsero l’epoca del
suo regno quegli autori, che senderò aver
lui regnato anni tre, e meli sei, tra quali
è Paolo Diacono; come la desunserodal suo
ingresso in Italia quelli che tre anni di più
gli diedero, tra quali è Sigeberto. Asferma
Ermano Contratto, per residenza fosfe elet-
ta da Alboino Pavia; ma veramente sicco-
me il primo Re de’ Goti avea diviso tra Ra-
venna, e Verona il soggiorno suo, così il
primo de’ Longobardi tra Verona il divisè,
e Pavia: anzi in Verona aver lui fermata 1’
ordinaria lede, sombra con sicurezza racco-
glierli da ciò che Agnello, e Paolo hanno
lasciato scritto per occasione della sua mor-
Aveasi Alboino, quando uccide in bat-
taglia Cunimondo Re de’Gepidi, fatto fa-
re del suo cranio una tazza, conservata poi
per memoria fino a gli ultimi tempi de’Lon-
as. gobardi, essendo che la osservò il Diacono
in mano di Rachis, che la fàcea vedere a
suqi convitati. Non furon soli i Longobar-
di in così orribile, e firana usanzadi ber nel
capo de’lor nimici. Un elèmpio ne’Galli n’
23. adduce Livio; la rammentano negli Sciti
antropofagi Erodoto , Strabene, Plinio, e
Mela; e la mofiran ne’Traci Floro,ed Am-
miano : da Traci Scordisci, come pasfati ad
abitare nella Pannonia, forsè la presero i
Longobardi. Aveaposcia Alboino, morta-
gli la prima moglie, sposata la figliuola di
Cunimondo fiesso Rosimonda. Ora un gior-
no sedendo egli in Verona a solenne pran-
so, riscaldato dal vino, si fece portar quel-
la tazza, e dopo aver bevuto in essa insic-
ine con gli altri, costrinse barbaramente a
ber nel cranio del padre anche Rosimonda;
per lo che d’implaeabil’ odio costei s’ acce-
se, e giurò vendetta. Abitava nel Palazzo
Regio uomo di famosa bravura per nome
Helmiche, e godea segretamente gliamori
d’ una Damigella della Reina . A costui
ella fece capo, richiedendolo d’ ammazza-
Ver. Illufir. Parte I.

DECIMO. 262
re il Re ; ma ripugnando lui collantemen-
te, tratta Rosimonda dal suo furore, po-
se ordine con la Damigella, ed occupando
una notte in furtivo, ed affrettato congres-
so il suo luogo, fece con inganno cadere Hel-
miche in delitto da lui nè voluto mai, nè
pensato. Scopertali poi toslo, gli diè a ve-
dere, come dopo quello o conveniva , eh’
egli ammazzassè il Re, o si aspettasse d’
esser fatto svenar da lui ; con che alla fine
lo vinse, e rimasero d’eseguire a primaoc-
casione. Avvenne, che un giorno dormissè
Alboino profondamente, per aver bevuto
nel desinare senza misura. La Regina allo-
ra fatto allontanare ognuno,gli levò cheta- 4
mente l’armi dal letto, e chiamò l’amico:
ripugnò quegli di nuovo, ma poi s’accinso,
e benché defio Alboino si difendesse alcun
tempo col suppedaneo scabello, pur final-
mente l’uccise. Vollero i Longobardi truci-
dar l’omicida, e la Regina insicine, aven-
do però saccheggiato il Palazzo; ma seppe- Agn.i»
roessì cufiodirsinella Città, sinché il tumul-
to s’acquietasse, avendo intanto spedito all’ f0 paia-
Esarca Longino, che mandò subito barca
armata,con la quale si fuggirono a Raven-
na, conducendo Alfuind a figliuola d’Alboi-
no, e portando soco tutto il teforo de' Lon-
gobardi, come dicono Paolo Diacono, e Longobar-
Agnello. Gli ricevè Longino con tutte le rie- fX/ZL/»
chezze da Verona trasportate : ma passan- Agn. cum
do di misfatto in misfatto, incontraronnon
molto dopo tragica, e misorabil morte, eh’
è il termine a cui le seeleraggini soglion con-
durre. In quello modo nell’anno 574 cessò
di vivere il famoso conquifiator dell’Italia,
e fondatore del regno de’ Longobardi. Si ren-
de chiaro da quello racconto, com’ egli abi-
tava , e risedeva in Verona usualmente, men-
tre vi tenea la famiglia, e tutto il teforo. E
paruto ad alcuni eruditi, diserepanza tro-
varli negli Scrittori quanto al luogo del-
la morte d’ Alboino; essondo che Mario
Aventicese la mette in Verona, e Paolo
Diacono preffo efsa, che può intenderli inef-
fa secondo il parlar di quel tempo ; dove ronam'
Agnello sembra indicarla altrove, dicendo
in quel corrotto luogo, che dopo il fatto
vennero gli uccisori in Verona : ma quello in ?etr.
dubbio con la notizia dell’ antichità nossra w«'»
tofio si risohiara ; perchè abbiam veduto, Vert>nam’
come il Reai Palazzo era fuor dell’ antica
Città, onde e in Verona, e fuor di Vero-
na si potea dir quel sito. In quella Città
adunque ebbe sepoltura Alboino, che non
parrebbe degna d’un tanto Re, mentre si leg-
ge inPaolo, come il monumento fu collocato
sotta una fcala contìgua al Palalo. Ma do-
vea esser forsè ampia scalea, lavorata nella
pietra per salire su la collina, sottolaqua-
R 2, le
 
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