807
MCCCCC, SETTEMBRE.
808
322
di Arimano et Faenza, con molte parole. Et per el
principe li fo ditto, era stà za compiaciuto, sì che
bastava; tamen era tempo ajutar la cristianità, che
era in pericolo. Et F orator disse, soa majestà havia
manda a Roma monsignor di Trans a questo effecto;
avia manda le do nave, faria eie.
Di Sibinico, di sier Velar Bragadim, conte e ca-
petanio, di X. Come quelli dii conte Xarco vociano
danari, aliter si veleno partir. Et li fo mandato una
paga, qual non era zonta ancora. Item, quella ca-
mera non à un soldo; la terra, povera, non poi aver
le intrade per turchi. Item, dice dii Castel Novo, bi-
sogna si prò vedi di guardia, come scrisse a li capi
dii conscio di X. Et fo ballota tavole 1000 et miera
10 agudi per ditta forteza. Item, fo ballota il man-
dato di le fantarie da mar etc.
Vene domino Hannibal Anguzolo, con suo fra-
tello Marsilio, per el qual fo mandato, per una letera
mandoe a Milan, di missier Batista Visconte a la sua
donna, e fo amonito non se impazasse. Dimandò
perdono; non importava, diceva, l’andasse a trovar;
non faria più. Poi disse ditto domino Hannibal era
stato schalcho di madona Bona, olim duchessa di
Milan, 7 anni, et per la praticha havia con la impe-
ratrice, li mandò per una dona uno alborelo di zen-
zero. La qual li rispose, e mostrò letera qual eri Fave
aperta, che Biancha Maria, raina di romani, sempre
augusta, de Yspurch li scriveva ringraciandolo etc. Li
fo ditto, de costerò tutte le letere presentasse avanti
a li capi di X, per esser nostro zentilomo.
Aldito quelli di le nave, per la diferentia di F u-
bligation di le decime dii clero, vidélicet tra questi,
à le nave fuora, e sier Sabastian Moro, è fuora. E
visto le parte, il colegio terminono, prò rata, d’a-
cordo, partisse.
Da Ferara, dii vicedomino, di 20. Come mon-
signor di Obignì è ancor lì, e il ducha non è venuto;
si dice per il matrimonio, altri per far don Alfonso
vadi in corte dii re ; e cussi voi uno fiol di missier
Zuan Bentivoy, e danari per pagar le zente di Lom-
bardia, e torà di Carpi e la Mirandola ; poi si parte,
va a Cento, mia 20 de lì, dal Cardinal Vincila, dove
è oratori fiorentini et pisani, et il prefeto suo fra-
tello. Partito sarà ditto Obignì, esso vicedomino an-
derà a Cento, vederà di saper qualcossa dal Cardinal.
In-questa matina, fu fato lezerper sier Piero Ca-
pello, savio a terra ferma, una parte voleva meter,
che de cantero li savij dii conseio, tera ferma e i or-
deni, non potesseno esser electi, hessendo debitori,
e cussi li oratori e provedadori, reservando quelli
fosseno electi con pena.
Item, sier Antonio Trum, el consier, fè lezer
una parte di dar contumazia a li savij ai ordeni pre-
senti e futuri, stagi tanto fuora quanto sarano stà
dentro. Et fo gran remor in colegio, niun non la
sentiva, ne feva torto expresso. Parlò per nui sier
Polo Pixani, et Jo dissi alcune parole. Poi el principe
chiamò il Trun, non la metesse.
Da poi disnar fo pregadi. Et reduto in cheba
el principe con la Signoria et colegio, vene sier Al-
vixe Venier, dicendo, licet questa matina havesse re-
fudato, voleva andar a servir la Signoria, pregando
li fosse dà danari, e quello rechiedeva, più si poteva.
Fo laudato, et ditto si meteria la parte im pregadi.
E parloe di le fabriche, biasmando quello si faceva ;
era di opinion fortilìchar il fosso etc.
Di Sibinico, fo telo una letera di uno canzelier
di la comunità, Dominico de Lhastis, di XI. Scrive
a sier Zuan Morexini, el consier, la condition di
quella terra, e il pocho pensier si ha, e la beleza sua ;
non vi è forteza, non vi è aqua se non per zorni tre.
Item, le torete si toria con una galia ; non vi è mo -
nition; è fanti mal contenti.
Et fu posto per li consieri, cao di 40, savij dii
' conseio, excepto sier Filipo Trun e savij a terra fer-
ma, acetar la acetasom di sier Alvixe Venier, qual
debbi andar con la galia si arma, soracomito sier
Zorzi Trivixan. Andò le parte : 3 non sincere, 50 di
no, 129 di la parte. Et fo cazadi prima li soi parenti,
adeo dubitavano etc.
Fu posto per tutte tre man di savij, expedir el
vescovo di Monopoli, darli Cisternino ; vidélicet la
forteza resti in la Signoria, lui habi le stantie, e meti
al governo in civi! uno citadim di Monopoli, le apel-
lation al governo nostro. Item, dii jus plateaticum,
ch’è soldi 3 per ogni duellato di quello vendeno li zudei
in Monopoli, ha di questo zercha ducati 24, li sia con-
cesso come li altri episcopi di Puia hanno. Et fu presa.
Fu posto per sier Antonio Trun, el consier, sier
Constantin di Prioli, e sier Filipo Trun, proconlator, e
tre savij a terra ferma, atento li zudei à dato gratis
a la Signoria nostra ducati 25 milia, li sia concesso
poter fenerar per anni 5, in ogni terra dove vorano
stagi zudei etc. Sier Antonio Bernardo, dotor e ca-
valier, cao di X, andò in renga, e parlò centra zu-
dei, dicendo era di scazarli dii mondo. Etiam andò
sier Hironimo Capello, pur centra essi zudei. Et fu
fato lezer una bolla, fata 1463 qui, per il Cardinal
niceno, legato a lalere, stava a San Zorzi Mazor,
dava auctorità a missier Christofal Moro, doxe, e suc-
cessori, di poter far capitoli, privilegij etc. a’ zudei.
Or fo remesso a uno altro conseio.
MCCCCC, SETTEMBRE.
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di Arimano et Faenza, con molte parole. Et per el
principe li fo ditto, era stà za compiaciuto, sì che
bastava; tamen era tempo ajutar la cristianità, che
era in pericolo. Et F orator disse, soa majestà havia
manda a Roma monsignor di Trans a questo effecto;
avia manda le do nave, faria eie.
Di Sibinico, di sier Velar Bragadim, conte e ca-
petanio, di X. Come quelli dii conte Xarco vociano
danari, aliter si veleno partir. Et li fo mandato una
paga, qual non era zonta ancora. Item, quella ca-
mera non à un soldo; la terra, povera, non poi aver
le intrade per turchi. Item, dice dii Castel Novo, bi-
sogna si prò vedi di guardia, come scrisse a li capi
dii conscio di X. Et fo ballota tavole 1000 et miera
10 agudi per ditta forteza. Item, fo ballota il man-
dato di le fantarie da mar etc.
Vene domino Hannibal Anguzolo, con suo fra-
tello Marsilio, per el qual fo mandato, per una letera
mandoe a Milan, di missier Batista Visconte a la sua
donna, e fo amonito non se impazasse. Dimandò
perdono; non importava, diceva, l’andasse a trovar;
non faria più. Poi disse ditto domino Hannibal era
stato schalcho di madona Bona, olim duchessa di
Milan, 7 anni, et per la praticha havia con la impe-
ratrice, li mandò per una dona uno alborelo di zen-
zero. La qual li rispose, e mostrò letera qual eri Fave
aperta, che Biancha Maria, raina di romani, sempre
augusta, de Yspurch li scriveva ringraciandolo etc. Li
fo ditto, de costerò tutte le letere presentasse avanti
a li capi di X, per esser nostro zentilomo.
Aldito quelli di le nave, per la diferentia di F u-
bligation di le decime dii clero, vidélicet tra questi,
à le nave fuora, e sier Sabastian Moro, è fuora. E
visto le parte, il colegio terminono, prò rata, d’a-
cordo, partisse.
Da Ferara, dii vicedomino, di 20. Come mon-
signor di Obignì è ancor lì, e il ducha non è venuto;
si dice per il matrimonio, altri per far don Alfonso
vadi in corte dii re ; e cussi voi uno fiol di missier
Zuan Bentivoy, e danari per pagar le zente di Lom-
bardia, e torà di Carpi e la Mirandola ; poi si parte,
va a Cento, mia 20 de lì, dal Cardinal Vincila, dove
è oratori fiorentini et pisani, et il prefeto suo fra-
tello. Partito sarà ditto Obignì, esso vicedomino an-
derà a Cento, vederà di saper qualcossa dal Cardinal.
In-questa matina, fu fato lezerper sier Piero Ca-
pello, savio a terra ferma, una parte voleva meter,
che de cantero li savij dii conseio, tera ferma e i or-
deni, non potesseno esser electi, hessendo debitori,
e cussi li oratori e provedadori, reservando quelli
fosseno electi con pena.
Item, sier Antonio Trum, el consier, fè lezer
una parte di dar contumazia a li savij ai ordeni pre-
senti e futuri, stagi tanto fuora quanto sarano stà
dentro. Et fo gran remor in colegio, niun non la
sentiva, ne feva torto expresso. Parlò per nui sier
Polo Pixani, et Jo dissi alcune parole. Poi el principe
chiamò il Trun, non la metesse.
Da poi disnar fo pregadi. Et reduto in cheba
el principe con la Signoria et colegio, vene sier Al-
vixe Venier, dicendo, licet questa matina havesse re-
fudato, voleva andar a servir la Signoria, pregando
li fosse dà danari, e quello rechiedeva, più si poteva.
Fo laudato, et ditto si meteria la parte im pregadi.
E parloe di le fabriche, biasmando quello si faceva ;
era di opinion fortilìchar il fosso etc.
Di Sibinico, fo telo una letera di uno canzelier
di la comunità, Dominico de Lhastis, di XI. Scrive
a sier Zuan Morexini, el consier, la condition di
quella terra, e il pocho pensier si ha, e la beleza sua ;
non vi è forteza, non vi è aqua se non per zorni tre.
Item, le torete si toria con una galia ; non vi è mo -
nition; è fanti mal contenti.
Et fu posto per li consieri, cao di 40, savij dii
' conseio, excepto sier Filipo Trun e savij a terra fer-
ma, acetar la acetasom di sier Alvixe Venier, qual
debbi andar con la galia si arma, soracomito sier
Zorzi Trivixan. Andò le parte : 3 non sincere, 50 di
no, 129 di la parte. Et fo cazadi prima li soi parenti,
adeo dubitavano etc.
Fu posto per tutte tre man di savij, expedir el
vescovo di Monopoli, darli Cisternino ; vidélicet la
forteza resti in la Signoria, lui habi le stantie, e meti
al governo in civi! uno citadim di Monopoli, le apel-
lation al governo nostro. Item, dii jus plateaticum,
ch’è soldi 3 per ogni duellato di quello vendeno li zudei
in Monopoli, ha di questo zercha ducati 24, li sia con-
cesso come li altri episcopi di Puia hanno. Et fu presa.
Fu posto per sier Antonio Trun, el consier, sier
Constantin di Prioli, e sier Filipo Trun, proconlator, e
tre savij a terra ferma, atento li zudei à dato gratis
a la Signoria nostra ducati 25 milia, li sia concesso
poter fenerar per anni 5, in ogni terra dove vorano
stagi zudei etc. Sier Antonio Bernardo, dotor e ca-
valier, cao di X, andò in renga, e parlò centra zu-
dei, dicendo era di scazarli dii mondo. Etiam andò
sier Hironimo Capello, pur centra essi zudei. Et fu
fato lezer una bolla, fata 1463 qui, per il Cardinal
niceno, legato a lalere, stava a San Zorzi Mazor,
dava auctorità a missier Christofal Moro, doxe, e suc-
cessori, di poter far capitoli, privilegij etc. a’ zudei.
Or fo remesso a uno altro conseio.