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D ALL’ ALPI AL L’ ETNA.


TRIESTE. - PIAZZA DELLA BORSA.

A TRIESTE E MIRAMAR

5 ra una bellissima notte d’estate e il cielo pareva un manto turchino gittate come a
scberzo dalla Provvidenza sul nostro capo. La luna vivamente splendeva, e i suoi
raggi tremolavano sulle onde che lievemente increspandosi, si distendevano dal Porto
del Lido. Era una di quelle magiche scene che solo il nostro magico paese può offrire.
Noi stavam mirando il vapore che rapidamente moveva dalla sponda, mandando all’aria la
sua folta colonna di fumo, e facendo trasvolare innanzi al nostro sguardo il suo fanale rosso,
posto in sull’ albero maestro. La prora si volgeva rapidamente verso Trieste.
Quanto-magico piacere non si sente nell’appressarsi a quell’albero che trasvola per va-
gheggiare l’immensa solitudine dei mari! Tu senti l’infinito, che ti si svolge d’intorno, che ti
assorbe, ti rapisce, e soavemente ti sgomenta. Che bella distesa di cieli, che moltitudine d’ a-
stri, che maestosa pianura di acque, che sembrano un ampio strato di smalto messo li per ri-
flettere la poetica luce degli astri, e quell’immenso padiglione azzurro che par volgersi a con-
cavo per abbracciare la linea de’ mari.
Nelle prime ore del mattino, quando la brezza spira soave soave, e la luce incomincia a
richiamare nel cuore i dolci pensieri della speranza e della vita, si giunge a Trieste. Noi bean-
doci del vago spettacolo , e di quella gioia del mattino , appoggiati a una ringhiera sopra la
 
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