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C <A N T O

X.
Te, la cui nobiltà tutt'altre agguaglia,
Gloria e merito d'opre a me prepone:
Nè sdegnerebbe in pregio di battaglia
Minor chiamarli anco il maggior Buglione
Te dunque in Duce bramo , ove non caglia
A te di quella Sira esser campione :
Nè già cred' io, che quell' onor tu curi ,
Che da' fatti verrà notturni e scuri.
XI.
Nè mancherà qui loco, ove s'impieghi
Con più lucida fama il tuo valore.
Or io procurerò, se tu noi nieghi,
Ch' a te concedan gli altri il sommo onore
Ma perchè non so ben dove li pieghi
L'irresoluto mio dubbioso core,
Impetro or io da te, eh'a voglia mia
O segua poseia Armida, o teco stia.
XII.
Qui tacque Euslazio , e quelli estremi accenti
Non proferì senza arroiTirn* in viso:
E i mal celati suoi pensieri ardenti
L'altro ben vide, e mosse ad un sorriso.
Ma perdi' a lui colpi d'amor più lenti
Non hanno il petto oltra la seorza incisoj
Nè molto impaziente è di rivale,
Nè la Donzella di seguir gli cale.
XIII.
Ben altamente ha nel pensier tenace
L'acerba morte di Dudon scolpita :
E li reca a disnor, ch'Argante audace
Gli soprastia lunga llagione in vita:
E parte di sentire anco gli piace
Quel parlar, ch'ai dovuto onor l'invita:
E '1 giovinetto cor s'appaga, e gode
Del dolce suon della verace lode.
 
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