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C oi N T 0
cxiv.
E se non che non era il dì, che scritso
Dio negli eterni suoi decreti avea$
Quesl'era forsè il dì, che'1 Campo invitto,
Delle sante fatiche al fin gitingea.
Ma la schiera infernal , che 'n quel conssitto
La tirannide sua cader vedea,
Sendole ciò permelso, in un momento
L'aria in nubi ristrinse, e mosse il vento.
cxv.
Dagli occhi de' mortali un negro velo
Rapisce il giorno e'1 Sole: e par ch'avvampi
Negro via più eh' orror d'inferno il cielo ^
Così fiammeggia infra baleni e lampi.
Fremono i tuoni, e pioggia accolta in gelo
Si versa, e i pasehi abbatte, e inonda i campi:
Schianta i rami il gran turbo, e par che crolli
Non pur le quercie, ma le rocche, e i colli.
cxvi.
L'acqua in un tempo, il vento, e la tempefta
Negli occhi ai Franchi impetuosa fere :
E l'improvvisa violenza arresta
Con un terror quali fatai le schiere.
La minor parte d'esse accolta resla
( Che veder non le puote ) alle bandiere.
Ma Clorinda, che quindi alquanto è lunge,
Prende opportuno il tempo, e'1 destrier punge.
cxvn.
Ella gridava ai suoi: per noi combatte,
Compagni, il Cielo, e la giustizia aita.
Dall'ira sua le faccie nostre intatte
Sono, e non è la destra indi impedita :
E nella fronte solo irato ei batte
Della nemica gente impaurita,
E la seote dell'arme, e della luce
La priva: andianne pur, che'l Fato è duce.
 
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