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OTTAVO.
XXII.
Disse, e lieto , cred'io, della vicina
Morte così nel cor, come al sembiante,
Incontro alla barbarica ruina
Portonne il petto intrepido e collante.
Tempra non sosterrebbe, ancor che fina
FosTe , e d'acciajo nò, ma di diamante,
I feri colpi , ond'egli il campo allaga:
E fatto è il corpo suo solo una piaga.
XXIII.
La vita nò, ma la virtù sostenta
Quel cadavero indomito e feroce.
Ripercote percosso, e non s'allenta ;
Ma quanto offeso è più, tanto più noce :
Quando ecco furiando a lui s'avventa
Uom grande, e'ha sembiante e guardo atroce,
E dopo lunga, ed oslinata guerra,
Con F aita di molti, alfìn 1! atterra.
xxiy.
Cade il Garzone invitto (ahi caso amaro)
Né v5 è fra noi chi vendicare il possa.
Voi chiamo in testimonio, o del mio caro
Signor sangue ben sparso, e nobil'ossa,
Ch'allor non fui della mia vita avaro,
Né schivai ferro, nè schivai percossa $
E le piacciuto pur fosse là sopra,
Ch'io vi mori ili, il meritai con l'opra.
xxv.
Fra gli estinti compagni io sol cadei
Vivo : nè vivo forsè è chi mi pensi.
Nè de' nemici più cosa saprei
Ridir, sì tutti avea sopiti i sensi.
Ma poiché tornò il lume agli occhi miei,
Ch' eran d'atra caligine condensi,
Notte mi parve, ed allo sguardo fioco
S'offerse il vacillar d'un picciol foco.
( 96 )
OTTAVO.
XXII.
Disse, e lieto , cred'io, della vicina
Morte così nel cor, come al sembiante,
Incontro alla barbarica ruina
Portonne il petto intrepido e collante.
Tempra non sosterrebbe, ancor che fina
FosTe , e d'acciajo nò, ma di diamante,
I feri colpi , ond'egli il campo allaga:
E fatto è il corpo suo solo una piaga.
XXIII.
La vita nò, ma la virtù sostenta
Quel cadavero indomito e feroce.
Ripercote percosso, e non s'allenta ;
Ma quanto offeso è più, tanto più noce :
Quando ecco furiando a lui s'avventa
Uom grande, e'ha sembiante e guardo atroce,
E dopo lunga, ed oslinata guerra,
Con F aita di molti, alfìn 1! atterra.
xxiy.
Cade il Garzone invitto (ahi caso amaro)
Né v5 è fra noi chi vendicare il possa.
Voi chiamo in testimonio, o del mio caro
Signor sangue ben sparso, e nobil'ossa,
Ch'allor non fui della mia vita avaro,
Né schivai ferro, nè schivai percossa $
E le piacciuto pur fosse là sopra,
Ch'io vi mori ili, il meritai con l'opra.
xxv.
Fra gli estinti compagni io sol cadei
Vivo : nè vivo forsè è chi mi pensi.
Nè de' nemici più cosa saprei
Ridir, sì tutti avea sopiti i sensi.
Ma poiché tornò il lume agli occhi miei,
Ch' eran d'atra caligine condensi,
Notte mi parve, ed allo sguardo fioco
S'offerse il vacillar d'un picciol foco.
( 96 )