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OTTAVO.

XLVI.
Questo lor ragionar nel!' altrui mente
Di Rinaldo l'amor desta, e rinnova:
E v' è chi dice : ahi fra Pagana gente
Il giovinetto errante or lì ritrova :
E non v'è quasi alcun , che non raramente
Narrando al Dano i suoi gran fatti a prova.
E dell' opere sue la lunga tela
Con irtupor gli si dispiega, e svela.
XLVII.
Or quando del Garzon la rimembranza
Avea gli animi tutti inteneriti,
Ecco molti tornar, che per usanza
Eran d'intorno a depredare usciti.
Conducean querti seco in abbondanza
E mandre di lanuti, e buoi rapiti,
E biade ancor, benché non molte, e (trame,
Che pasca de' corsier l'avida fame.
XLVIII.
E questi di sciagura aspra e nojosa
Segno portar, che 'n apparenza è certo :
Rotta del buon Rinaldo, e sanguinosa
La sopravvesta, ed ogni arnese aperto.
Torto si sparse (e chi potria tal cosa
Tener celata ? ) un romor vario, e incerto.
Corre il vulgo dolente alle novelle
Del Guerriero, e dell' arme , e vuol vedelle.
XLIX.
Vede, e conosce ben l'immensa mole
Del grande usbergo, e '1 folgorar del lume,
E T armi tutte, ove è 1' Augel, eh' al Sole
Prova i suoi figli, e mal crede alle piume:
Che di vederle già primiere, o sole
Nelle imprese più grandi ebbe in cortame :
Ed or non senza alta pietade, ed ira,
Rotte, e sanguigne ivi giacer le mira.
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