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XLII.
Egli y che dopo il grido udì il tumulto,
Che par che sempre più terribil suoni-,
Avvisò ben, che repentino insulto
Elser dovea degli Arabi ladroni :
Che già non era al Capitano occulto,
Ch'essi intorno correan le regioni 5
Benché non istimò , che si fugace
Vulgo mai fosse d'assalirlo audace.
XLIII.
Or mentre egli ne viene, ode repente
Arme arme replicar dall'altro lato:
Ed in un tempo il cielo orribilmente
Intonar di barbarico ululato.
Quella è Clorinda , che del Re la gente
Guida all'assalto, ed have Argante a lato.
Al nobil Guelfo, che sostien sua vice,
Allor si volge il Capitano, e dice.
XUV.
Odi qual novo strepito di Marte
Di verso il colle , e la Città ne viene ?
D' uopo là fia , che '1 tuo valore e Y arte
I primi assalti de' nemici afFrene.
Vanne tu dunque, e là provvedi, e parte
Vuò che di quelli miei teco ne mene :
Con gli altri io me n' andrò dall' altro canto
A sostener l'impeto ostile intanto.
XLV.
Così fra lor concluso, ambo gli move
Per diverso sentiero egual fortuna.
Al colle Guelfo, e'1 Capitan va dove
Gli Arabi ornai non han contesa alcuna.
Ma questi andando acquista forze, e nove
Genti di passo in palso ogn' or raguna :
Talché già fatto poderoso e grande
Giunge, ove il fero Turco il sangue spande.
 
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