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LXXIV.
E del fonte di Lidia i sacri timori,
E l'odorata panacea vi mesce.
Ne sparge il vecchio la ferita, e fuori
Volontario per se lo stral se n'esce,
E si ristagna il sangue: e già i dolori
Fuggono dalla gamba, e'1 vigor cresce.
Grida Erotimo allor : l'arte maestra
Te non riiana > o la mortai mia destra.
LXXV.
Maggior virtù ti sai va : un Angel credo,
Medico per te fatto, è sceso in terra}
Che di celeste mano i segni vedo :
Prendi l'arme ( che tardi ? ) e riedi in guerra
Avido di battaglia il pio Gosfredo
Già nel!' oslro le gambe avvolge e serra :
E l'asta crolla smisurata, e imbraccia
Il già deporto seudo, e l'elmo allaccia.
LXXVI.
Uscì del chiuso vallo, e si converse
Con mille dietro alla Città percossa.
Sopra di polve il ciel gli si coperse :
Tremò sotto la terra al moto seossa :
E lontano appressar le genti avverse
D'alto il miraro , e corse lor per l'osfa
Un tremor freddo, e Itrinse il sangue in gelo
Ed egli alzò tre fiate il grido al cielo.
LXXVII.
Conosce il popol suo l'altera voce,
E '1 grido eccitator della battaglia :
E riprendendo l'impeto veloce
Di novo ancora alla tenzon si scaglia.
Ma già la coppia de' Pagan feroce
Nel rotto accolta s'è della muraglia,
Difendendo ostinata il varco felso
Dal buon Tancredi , e da chi vien con esfo.
 
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