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DECI MOT E "RZ 0.
XIV.
Onde qui caldo avrem, qual l'hanno appena
Gli adusli Nasamoni, o i Garamanti.
Pur a noi fia meo grave in città piena
D'acque, e d'ombre sì fresche, e d'agi tanti.
Ma i Franchi in terra asciutta, e non amena
Già non saranlo a tollerar bastanti :
E pria domi dal ciel, agevolmente
Fian poi sconfitti dall'Egizia gente.
xv.
Tu vincerai sedendo, e la fortuna
Non credo io che tentar più ti convegna.
Ma se '1 Circasso altier , che posa alcuna
Non vuole, e benché onesta anco la idegna,
T'affretta, come suole, e t'importuna^
Trova modo pur tu, eh'a freno il teglia:
Che molto non andrà, che'l cielo amico
A te pace darà, guerra al nemico.
xvi.
Or queslo udendo il Re ben s'assi cura,
Sì che non teme le nemiche posse.
Già riparate in parte avea le mura,
Che de' montoni l'impeto percosse.
Con tutto ciò non rallentò la cura
Di rincorarle, ove sian rotte o smosse.
Le turbe tutte, e cittadine, e serve
S'impiegan qui : V opra continua ferve .
XVII.
Ma in queslo mezzo il pio Buglioli non vuole,
Che la forte Cittade invan si batta,
Se non è prima la maggior su a mole,
Ed alcuna altra macchina rifatta.
E i fabbri al boseo invia, che porger suole
Ad uso tal pronta materia ed atta.
Vanno costor su l'alba alla foresta,
Ma timor novo al suo apparir gli arre fia.
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