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C U N T 0

XXXIV.
Àllor s'arretra, e dubbio alquanto retta, I
Fra se dicendo : or qui che vaglion Y armi ?
Nelle fauci de5 niostri, e'n gola a quella
Divoratrice fiamma andrò a gettarmi?
Non mai la vita, ove cagione onesta
Del comun prò la chieda, altri risparmi ;
Ma nè prodigo sia d'anima grande
Uom degno j e tale é ben chi qui la spande.
xxxv.
Pur T oste che dirà s'indarno i' riedo ?
Qua!' altra selva ha di troncar speranza ?
Nè intentato lasciar vorrà Goffredo
Mai questo varco. or s'oltre alcun s'avanza ?
Forsè l'incendio, che qui sorto i' vedo,
Fia d'effetto minor che di sembianza.
Ma seguane che puote. e in queslo dire
Dentro saltovvi. O memorando ardire l
XXXVI.
Nè sotto Tarme già sentir gli parve
Caldo o fervor come di foco intenso :
Ma pur, se fosser vere fiamme o larve,
Mal potè giudicar si torto il senso:
Perchè repente appena tocco sparve
Quel simulacro, e giunse un nuvol denso,
Che portò notte e verno : e'1 verno ancora,
E l'ombra dileguossi in picciol' ora.
XXXVII.
Stupido sì, ma intrepido rimane
Tancredi: e poi che vede il tutto cheto,
Mette sicuro il piè nelle profane
Soglie, e spia della selva ogni secreto.
Nè più apparenze inulìtate e slrane,
Nè trova alcun fra via scontro o divieto5
Se non quanto per se ritarda il bosco
La vista, e i passi inviluppato e fosco.
 
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