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DECIMO SETTIMO.
XXX.
Fra quelli è il crudo Alarco , ed Odemaro
Ordinator di squadre, ed Idraorte :
E Rimedon , che per Y audacia è chiaro,
Sprezzator de' mortali, e della morte :
E Tigrane, e Rapoldo, il gran corsaro, •
Già de' mari tiranno, e Ormondo il forte,
E Marlabusto Arabico, a chi il nome
L' Arabie dier, che ribellanti ha dome.
XXXI.
Evvi Orindo, Arimon, Pirga, Brimarte
Espugnator delle città, Suifante,
Domator de' cavalli, e tu dell' arte
Della lotta maestro, Aridamante,
E Tisaferno, il folgore di Marte,
A cui non è chi d'agguagliar si vantej
O se in arcione , o le pedon contrasta,
O se rota la spada, o corre Y asta.
XXXII.
Guida un Armen la squadra, il qual tragitto
Al Paganesmo nell'età novella
Fè dalla vera fede: ed ove ditto
Fu già Clemente, ora Emiren s'appella:
Per altro uom fido, e caro al Re d'Egitto,
Sovra quanti per lui calcar mai sella 3
E duce insieme , e cavalier soprano
Per cor, per senno, e per valor di mano.
XXXIII.
Nesfun più rimanea^ quando improvvisa
Armida apparve, e dimostrò sua schiera.
Venia sublime in un gran carro alsisa,
Succinta in gonna, e faretrata arciera.
E mescolato il novo sdegno in guisa
Col natio dolce in quel bel volto s'era,
Che vigor dalle j e cruda, ed acerbetta
Par che minacci, e minacciando alletta.
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