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DECIMO T T AVO.
XIV.
Così pensando, alle più eccelse cime
Ascese y e quivi inchino e riverente
Alzò il penlìer sovra ogni ciel sublime,
E le luci fissò neir Oriente :
La prima vita , e le mie colpe prime
Mira con occhio di pietà clemente,
Padre, e Signore : in me tua grazia piovi,
Sì che'l mio vecchio Adam purghi, e rinnovi.
xv.
Così pregava j e gli sorgeva a fronte
Fatta già d'auro la vermiglia aurora,
Che Telmo, e l'arme, e intorno a lui del monte
Le verdi cime illuminando indora:
E ventilar nel petto, e nella fronte
Sentia gli spirti di piacevol'ora,
Che sovra il capo suo scotea dal grembo
Della bell'alba un rusiadoso nembo.
o
XVI.
La rugiada del ciel su le sue spoglie
Cade, che parean cenere al colore ;
E sì le asperge, che '1 pallor ne toglie,
E induce in esse un lucido candore.
Tal rabbellisce le smarrite foglie
Ai mattutini geli arido fiore ;
E tal di vaga gioventù ritorna
Lieto il serpente, e di novo or s'adorna.
XVII.
Il bel candor della mutata veda
Egli medesmo riguardando ammira.
Poscia verso l'antica alta foresta
Con sicura baldanza i passi gira.
Era là giunto ove i men forti arreda
Solo il terror, che di sua visla spira.
Pur nè spiacente a lui, ne pauroso
Il bosco par, ma lietamente ombroso.
( 207 )
 
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