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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 16.1913

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Fasc. 2
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Giovannoni, Gustavo: Chiese della seconda metà del cinquecento in Roma
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https://doi.org/10.11588/diglit.24140#0135

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CHIESE DELLA SECONDA METÀ DEL CINQUECENTO IN ROMA

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col Peparelli e con Sallustio Peruzzi per la Traspontina portò soltanto maggior movimento
e libertà nuova nei particolari, non il Fontana che neanche per il prospetto del Sancta-
Sanctorum lasciò il suo tipo prediletto di palazzo e di villa, non Francesco Rainaldi nella
importante facciata, imitazione di S. Atanasio, del duomo di Monte Porzio, nè Onorio Lunghi,
nè Pirro Ligorio, nè Fausto Rughesi, nè gli anonimi autori di tante minori chiese che sor-
gevano in numero stragrande, come San Nicola de’ Lorenesi, la chiesa dei Polacchi, San Tom-
maso in Parione, ecc. Bisogna giungere a Carlo Maderno : il quale, mentre che in San Pietro
dava finalmente — e non certo indegnamente, come tante volte si è gridato — forma concreta
alla concezione michelangiolesca, tracciava con Santa Susanna il tipo della chiesa del Sei-
cento. 1 Nel giuoco delle sporgenze e delle rientranze, nelle colonne che si sostituiscono alle
paraste (secondo il concetto che già il Della Porta aveva ideato per San Luigi de’ Fran-
cesi), lo schema ormai preparato dagli architetti della fine del Cinquecento assume una forza

Figg. n e 12 — Filippo Breccioli : Porte della chiesa
di Santa Maria in Aquiro. Roma.

ed una vita nuova. Tra poco sorgeranno, seguendo tal via, i due capi lavori : Santi Vincenzo
ed Anastasio di Martino Lunghi junior e Santa Maria in Campitelli del Rainaldi : opere
pure così diverse tra loro e che ebbero così diversa sorte nel loro tempo — chè la
prima fu giudicata una stramberia e fu detta il « canneto » per porre in ridicolo tutta quella
serie di colonne che vi si affollano, l’altra fu portata alle stelle ed esercitò straordinaria
influenza sugli artisti contemporanei — ma che tra loro, per così dire, s’integrano, rappre-
sentando insieme forse il grado più saliente nella espressione di robustezza e di effetto pla-
stico nelle facciate romane.

* * *

Occorre ora riassumere e raccogliere. Le varie tappe nell’evoluzione che si è cercato
di studiare, i vari tipi di facciate che si sono venuti componendo in esse, possono essere
riuniti e classificati entro categorie distinte, riportate ad una serie di schemi, che, sia pure

1 Cfr. anche Wòlfflin, op. cit., pag. 81,'tav. 12.
 
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