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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 16.1913

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Fasc. 2
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Ozzòla, Leandro: Le rovine romane nella pittura del XVII e XVIII secolo: Appunti
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https://doi.org/10.11588/diglit.24140#0144

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LE ROVINE ROMANE

NELLA PITTURA DEL XVII E XVIII SECOLO

(Continuazione e fine, vedi fase, precedente)

APPUNTI

LA scuola italiana eli rovine, nel seicento, fu in prevalenza una derivazione della scuola
architettonica di prospettive, allora detta dei quadraturisti. Gli autori dei quadri di rovine
erano anche decoratori ad affresco, o erano discepoli di questi. Più rari e vere eccezioni sono
gli artisti venuti al nostro genere dal paesaggio, come per solito, abbiamo veduto, accadeva ai
fiamminghi e agli olandesi. Prospettico era infatti il Codagora, fondatore della scuola napole-
tana di rovine, ed egualmente quadraturista il Dentone, maestro dei bolognesi e il milanese
Ghisolfi, il più illustre dei secentisti, che lavorarono nella nostra pittura, e scolaro del prospet-
tico Sandrino da Brescia, Ottavio Viviani, altro famoso autore di rovine.

Il modo con cui si formava l’educazione architettonica di questi artisti è riferito dai con-
temporanei. Di Girolamo Curti, detto il Dentone (1576-1632), per esempio, il Malvasia scrive:
« Comperatosi un Vignola ed un Serbo si pose ad istudiar gli ordini dell’architettura, ed a
praticar le regole della prospettiva, così impratichendosene che ne sapeva render ogni conto
e ragione ». 1

Più tardi, quando il P. Andrea Pozzo ebbe pubblicata l’opera sua, essa divenne il testo
più accreditato in materia. Scrive infatti Onofrio Giannone, a proposito di Gennaro Greco,
pittore di architetture: «Comprò Andrea Pozzi, ma operò più praticamente che con i dottis-
simi esemplari di tal padre. Le vedute per angolo non avevano dell’angolo retto per sfuggir
la fatica che insegna il P. Pozzo».1 2

Dalla pratica dunque dei quadraturisti uscirono in gran parte i pittori italiani di rovine
nel seicento e due furono le scuole che più specialmente si segnalarono in questo genere: la
napoletana, in cui primeggiò Viviano Codagora, e la lombarda illustrata da Ottavio Viviani e
da Giovanni Ghisolfi. 3

Viviano Codazzi, per un errore del De Dominici, comunemente detto Codagora, o sol-

1 Malvasia, Felsinei pittrice, 1678-II, p. 158.

2 In genere del metodo prospettico del gesuita dice :
« Questo modo portò sempre gran tempo, ed essendo
le paghe tenui, i pittori l’aborrirono in tal modo, che
ora non vi è pittore che ne sappi, nè l’importi sa-
perlo». (Pietro Giannone, La storia dell’arte na-
poletana. Brani inediti pubblicati da Giuseppe Ceci.
Napoli, 1909, pag. 16, 17).

3 II Codagora nel genere delle prospettive è prece-
duto da Francesco Desideri detto Monsiù Desiderio,
che lavorava a Napoli tra il 1620 e il 1640 facendosi

fare le figure da Belisario Corenzio. Di lui esiste un
quadro datato, 1622, nella Galleria Harrac di Vienna;
ma non si ha notizia che dipingesse rovine. (V. De
Dominici , Vite dei Pittori, Napoli , 1743, II, pa-
gina 313).

Due sono i quadri di lui in quella Galleria. Iln. 204,
rappresenta San Giorgio che salvala principessa (datato)
in mezzo a fantastiche costruzioni gotiche, classiche e
orientali. Il n. 209 rappresenta l’interno d’una chiesa
barocca. Le macchiette sono allungate di colore gri-
gio biacca, oppure scuro grigio verdognolo.
 
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