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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 16.1913

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Fasc. 4
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Fogolari, Gino: L' accademia veneziana di pittura e scoltura del settecento, [1]
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https://doi.org/10.11588/diglit.24140#0285

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L'ACCADEMIA VENEZIANA DI PITTURA E SCOLTURA DEL SETTECENTO

che sono conservate ancora nelle Gallerie, e le piccole vicis-
situdini dell’ambiente, che ci sono rivelate dai registri e
dalle carte nell’archivio dell’Accademia di Belle Arti di Ve-
nezia.

Da principio, come si disse, era stata concessa solo una
stanza a piano terra del Fondaco della farina; di poi se ne
ebbero due. Erano ben poca cosa per un’Accademia e meno
ancora per una scuola, se si voleva attenersi alle prescri-
zioni dei Riformatori intorno alle riduzioni accademiche, al-
l'ordine e divisione degli studi, alla decisione degli esperimenti,
alla distribuzione dei premi. Riusciva del pari irrisorio pre-
scrivere agli attuali e venturi accademici di procurare orna-
menti di pitture e sculture e bassi rilievi per le Camere del-
V Istituto ad onore e monumento eterno della regale munificenza
e benemerita memoria degli artisti. Le due stanzette, dato
il numero degli accademici e il concorso di giovani studenti,
erano strettissime ; tuttavia vi si studiava e vi si discuteva.

Un suggestivo quadretto di maniera veneziana (fig. io), attri-
buito, senza troppo fondamento al Guardi, credo ritragga,
benché prima della nostra vi sieno state tante accademie o
scuole, una di quelle riunioni di giovani pittori intenti a co-
piar dal nudo nella saletta disadorna del Fondaco, dove solo
un gesso pende dalla parete. Lo studio del copiar dal nudo
era, si vede, fatto con amore e non accademicamente, per
dir così, dando cioè al modello pose scultorie con tensioni
esagerate di muscoli ; ma pittoricamente, stendendo il nudo
sul letto e mettendone la carne viva a contrasto col bianco
lenzuolo e con coperte rosse e gialle.

Si cercò ben presto di rallegrare l’ambiente con qualche
pittura; da poi che era stato fatto precetto negli statuti a
ciascun accademico di presentare un suo lavoro al momento
dell’elezione o di farlo avere almeno entro due anni dalla

nomina. Anzitutto si volle avere il ritratto del Doge vivente; . _ . „r , . . . ,

& Fig. 9 — Giovanni pareli lori : David

e infatti troviamo negli estratti delle deliberazioni accade- ' Venezia San Rocco,
miche ricordato1 che già il 12 ottobre 1756 d’ordine di Gian

Battista Tiepolo si provvedeva a collocarvi il ritratto del Doge Francesco Loredan (1752-1762)
dipinto dall’accademico Fortunato Pasquetti.2 Lo abbiamo ancora nelle Gallerie dell’Accademia,
attribuito sinora erroneamente ad Alessandro Longhi (fig. 11). 5

1 La deliberazione, che è una delle prime del re-
gistro, dice :

« De mandato del Spett. Sig. Gio. Batta Tiepolo,
Presidente dell’Accademia di Pittura e Scoltura, si
cornette a lei sig. Francesco Zanchi Cassier e Acca-
demico, che contar le piaccia all’Intagliator della
soazza (cornice) per il ritratto del Serenissimo regnante
dipinto dal Sig. Fortunato Pasquetti Accademico Ri-
trattista lire quarantaquattro de piccoli. Data dal-
l’Accademia suddetta li 12 ottobre 1756».

2 Fortunato Pasquetti, nato, a quel che dice il De
Boni, verso il 1700, era pittore appena mediocre nelle
figure sacre e nelle rappresentazioni storiche, ma si
difendeva nei ritratti, allievo per questa parte di Nic-

colò Cassana, continuatore della vigorosa scuola del
Prete Genovese. Visse poco dopo il 1772, e passò
gli ultimi anni, come troviamo notato parecchie volte
nelle liste per gli inviti alle sedute accademiche, e
nel 1768 e nel 1770, ritirato a Portogruaro. Si sa che
nel 1741 era stato Direttore dell’Accademia in seno
al Collegio, ciò che doveva essergli non piccolo titolo
di benemerenza. Un’incisione dell’Orsolini ci dà il
ritratto dipinto da lui di Ermolao Barbaro procuratore
nel 1750 e un’altra del Camerata quello di Simone
Contarmi ; mentre è noto che il Ravenal incise un suo
celebre ritratto di Carlo VI Imperatore.

5 P. Paoletti , Catalogo delle RE. Gallerie di Ve-
nezia, Venezia, 1903, n. 477.
 
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