354
MICHELE EIA AMALE
dittori della sua arte, piegandolo ora sino al Ribera, ora dandoci ritratti in cui si preannunzia
l’arte del Longhi.
Il contrasto nell’espressione Gbislandiana dura per parecchi anni e lascia traccia in una
quantità rilevante di ritratti. Naturalmente in taluni il dissidio tenta di risolversi ; sicché dal
punto in cui il frate lascia lo studio dell’Adler sino alla produzione degli ultimi anni della
sua vita, noi vediamo il dissidio tra il Seicento e il Settecento, tra la ricerca del carattere e
il senso decorativo accentuarsi o indebolirsi, sino a che il Ghislandi non ci dà il frutto della
Vittore Ghislandi: Ritratto di Francesco Maria Rruntino
Bergamo, Galleria Carrara.
sua arte più grande, più perfetta, che è arte decisamente settecentesca. Inteso in tal modo
quel suo apparente eclettismo, ci vien fatto di spiegarcelo.
Abbiamo già detto che l’Adler gli dette il senso dell’opposizione delle masse d’ombra e
di luce; ma forse non fu il solo a rivelargli il principio caravaggesco: in due ritratti di gio-
vani, da noi riprodotti, che si trovano a Bergamo nella ricca collezione Ginougliach, troviamo
che la direzione luminosa è più sicura che nell’Adler, che la massa d’ombra è più fusa; ma
in lui, come nel maestro, tale tecnica non mira al fine cui già aveva mirato il Caravaggio
e i suoi più veri discepoli, seppure vale a conferire a quelle teste non so che malinconia pen-
sosa. Tale tecnica non è difficile ritrovare in molte opere del Ghislandi; ma in seguito essa
si riduce: la zona d’ombra non colpisce più una metà del volto, ma sono gli orli inferiori di
esso come fasciati d’un’ombra densa, specie sotto il mento.
MICHELE EIA AMALE
dittori della sua arte, piegandolo ora sino al Ribera, ora dandoci ritratti in cui si preannunzia
l’arte del Longhi.
Il contrasto nell’espressione Gbislandiana dura per parecchi anni e lascia traccia in una
quantità rilevante di ritratti. Naturalmente in taluni il dissidio tenta di risolversi ; sicché dal
punto in cui il frate lascia lo studio dell’Adler sino alla produzione degli ultimi anni della
sua vita, noi vediamo il dissidio tra il Seicento e il Settecento, tra la ricerca del carattere e
il senso decorativo accentuarsi o indebolirsi, sino a che il Ghislandi non ci dà il frutto della
Vittore Ghislandi: Ritratto di Francesco Maria Rruntino
Bergamo, Galleria Carrara.
sua arte più grande, più perfetta, che è arte decisamente settecentesca. Inteso in tal modo
quel suo apparente eclettismo, ci vien fatto di spiegarcelo.
Abbiamo già detto che l’Adler gli dette il senso dell’opposizione delle masse d’ombra e
di luce; ma forse non fu il solo a rivelargli il principio caravaggesco: in due ritratti di gio-
vani, da noi riprodotti, che si trovano a Bergamo nella ricca collezione Ginougliach, troviamo
che la direzione luminosa è più sicura che nell’Adler, che la massa d’ombra è più fusa; ma
in lui, come nel maestro, tale tecnica non mira al fine cui già aveva mirato il Caravaggio
e i suoi più veri discepoli, seppure vale a conferire a quelle teste non so che malinconia pen-
sosa. Tale tecnica non è difficile ritrovare in molte opere del Ghislandi; ma in seguito essa
si riduce: la zona d’ombra non colpisce più una metà del volto, ma sono gli orli inferiori di
esso come fasciati d’un’ombra densa, specie sotto il mento.