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MICHELE BIANCA LE
suoi piani e nei suoi rilievi: in una parola egli era troppo scrupoloso analitico per abban-
donarsi tutto alle grandi sintesi delle masse coloristiche in un intento di pura decorazione.
E ritorna allo studio diretto del vero; ma con quale novità di sguardo e con quale sapienza
tecnica! E questo il periodo terminale in cui ogni sua opera è un capolavoro, è il periodo
del Ritratto del Frate, già alla Mostra a Firenze, di proprietà del conte Giantorte Suardi ; del
Ritratto di Paolo Querini, di proprietà Beltrami a Milano; del celebre Autoritratto e del Ritratto
di donna vecchia alla Carrara ; del Ritratto diuomo in mezza figura, alla stessa Galleria.
Non c’è difficoltà tecnica nella quale egli non si cimenti ; si sente in lui il maestro sicuro
che dispone, come più gli piace, delle sua sapienza coloristica ad un fine determinato. Può
dipingere, ad esempio, tutto un ritratto in una tonalità fulva, come quello d’un pittore, alla
Carrara, con pennellata larga e grassa, in un monocromato marrone dorato in cui s’accusa
non so che qualità rembrandtiana nel raccoglimento del colore. Le opere citate si possono
chiamare globali : in esse affluisce e si fonde tutta una somma di ricerca e di travaglio durato
per decine d’anni, e non vi trasparisce la preparazione.
Ma questo risultato a cui giunge l'artista vale forse a dargli, nel suo secolo, un posto a
parte o lo lascia nella schiera degli artisti del settecento, così importanti per la novità dei
motivi pittorici, così diversi l'uno dall’altro e pure così fusi da un ideale comune, che creava
nuove lorme d’arte a Venezia, a Milano, a Roma, a Napoli? Egli resta un vero, un grande
artista del settecento : si sente la sua fratellanza con un Longhi, con un Guardi, ma con non
so che forza maggiore, seppure con varietà minore. Si osservino i due ritratti qui riprodotti :
Vittore Ghislandi : Autoritratto. Bergamo, Galleria Carrara.
MICHELE BIANCA LE
suoi piani e nei suoi rilievi: in una parola egli era troppo scrupoloso analitico per abban-
donarsi tutto alle grandi sintesi delle masse coloristiche in un intento di pura decorazione.
E ritorna allo studio diretto del vero; ma con quale novità di sguardo e con quale sapienza
tecnica! E questo il periodo terminale in cui ogni sua opera è un capolavoro, è il periodo
del Ritratto del Frate, già alla Mostra a Firenze, di proprietà del conte Giantorte Suardi ; del
Ritratto di Paolo Querini, di proprietà Beltrami a Milano; del celebre Autoritratto e del Ritratto
di donna vecchia alla Carrara ; del Ritratto diuomo in mezza figura, alla stessa Galleria.
Non c’è difficoltà tecnica nella quale egli non si cimenti ; si sente in lui il maestro sicuro
che dispone, come più gli piace, delle sua sapienza coloristica ad un fine determinato. Può
dipingere, ad esempio, tutto un ritratto in una tonalità fulva, come quello d’un pittore, alla
Carrara, con pennellata larga e grassa, in un monocromato marrone dorato in cui s’accusa
non so che qualità rembrandtiana nel raccoglimento del colore. Le opere citate si possono
chiamare globali : in esse affluisce e si fonde tutta una somma di ricerca e di travaglio durato
per decine d’anni, e non vi trasparisce la preparazione.
Ma questo risultato a cui giunge l'artista vale forse a dargli, nel suo secolo, un posto a
parte o lo lascia nella schiera degli artisti del settecento, così importanti per la novità dei
motivi pittorici, così diversi l'uno dall’altro e pure così fusi da un ideale comune, che creava
nuove lorme d’arte a Venezia, a Milano, a Roma, a Napoli? Egli resta un vero, un grande
artista del settecento : si sente la sua fratellanza con un Longhi, con un Guardi, ma con non
so che forza maggiore, seppure con varietà minore. Si osservino i due ritratti qui riprodotti :
Vittore Ghislandi : Autoritratto. Bergamo, Galleria Carrara.