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GINO FOGO LARI
minile del Canova di una soavità deliziosa, che egli non saprà trovar mai più, mi fa pensare
al Tiepolo, o meglio ancora al Pittoni, cosi soave, così aggraziato nelle sue donne, e sento che
veramente sono i nostri vecchi pittori i suoi veri maestri. E il giovinetto Canova rivolge infatti
ad essi i suoi ringraziamenti, ad essi che avevano presieduto alle sue prime copie dal nudo
e potevano a buon diritto esser orgogliosi di lui.
Abbiamo così passato in rassegna tutti gli artisti che nella seconda metà del Settecento
Fig. 44 — Antonio Canova: Apollo
Venezia, Museo archeologico
sono venuti donando qualche loro opera all’Accademia, e possiamo immaginare come bene se
ne ornassero quei piccoli ambienti tenuti con cura. 1
fessori di pittura e bene esercitavano l’arte nella Do-
minante o erano passati a Roma, a Londra e oltrove
e qualche oltramontano, avendo studiato tra noi, era
di poi stato nominato direttore delle consimili ac-
cademie nei suoi paesi. « Lo stesso può dirsi di al-
cuni », seguitava l’Angeli, «che si distinsero nella
facoltà della scoltura, tra i quali il più commendabile
e meritevole, che si rese già nomato in questa Domi-
nante con la produzione da lui fatta in marmo del-
l'Orfeo, e del gruppo Icaro e Dedalo dall’universale
applaudito ed ecomiato per cui meritossi l’associazione
a questo accademico corpo, ed alcun altro passato a
Mantova alli lavori di quel Regio Istituto ed indi a
Roma». Ricordava ancora il Moscovita Wolcof, stu-
dente di architettura a Venezia, che era stato pensio-
nato dalla Corte di Rusia e infine incisori, alcuni qui
permanenti, altri chiamati a Roma e passato qualcun
altro a Londra, associando così il Canova al Piranesi,
al -Pitteri, al Bartolozzi, artisti tutti che traevano forza
dalla stessa tradizione ed esplicavano in diverso modo
una stessa spontanea forza d’arte nostrana.
1 Nel 1779, ad esempio, si spesero lire cento per
GINO FOGO LARI
minile del Canova di una soavità deliziosa, che egli non saprà trovar mai più, mi fa pensare
al Tiepolo, o meglio ancora al Pittoni, cosi soave, così aggraziato nelle sue donne, e sento che
veramente sono i nostri vecchi pittori i suoi veri maestri. E il giovinetto Canova rivolge infatti
ad essi i suoi ringraziamenti, ad essi che avevano presieduto alle sue prime copie dal nudo
e potevano a buon diritto esser orgogliosi di lui.
Abbiamo così passato in rassegna tutti gli artisti che nella seconda metà del Settecento
Fig. 44 — Antonio Canova: Apollo
Venezia, Museo archeologico
sono venuti donando qualche loro opera all’Accademia, e possiamo immaginare come bene se
ne ornassero quei piccoli ambienti tenuti con cura. 1
fessori di pittura e bene esercitavano l’arte nella Do-
minante o erano passati a Roma, a Londra e oltrove
e qualche oltramontano, avendo studiato tra noi, era
di poi stato nominato direttore delle consimili ac-
cademie nei suoi paesi. « Lo stesso può dirsi di al-
cuni », seguitava l’Angeli, «che si distinsero nella
facoltà della scoltura, tra i quali il più commendabile
e meritevole, che si rese già nomato in questa Domi-
nante con la produzione da lui fatta in marmo del-
l'Orfeo, e del gruppo Icaro e Dedalo dall’universale
applaudito ed ecomiato per cui meritossi l’associazione
a questo accademico corpo, ed alcun altro passato a
Mantova alli lavori di quel Regio Istituto ed indi a
Roma». Ricordava ancora il Moscovita Wolcof, stu-
dente di architettura a Venezia, che era stato pensio-
nato dalla Corte di Rusia e infine incisori, alcuni qui
permanenti, altri chiamati a Roma e passato qualcun
altro a Londra, associando così il Canova al Piranesi,
al -Pitteri, al Bartolozzi, artisti tutti che traevano forza
dalla stessa tradizione ed esplicavano in diverso modo
una stessa spontanea forza d’arte nostrana.
1 Nel 1779, ad esempio, si spesero lire cento per