ARCHEOLOGICA MUNICIPALE
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nosce perchè ad essi, e non al loro collegio fosse fatto da Avillio
il presente di questa patera. Della quale se ci facciamo a con-
siderare la capacità e la forma, vediamo che non era acconcia
ne alle libazioni, ne ad estrarre ne a versare il vino nell'epulo,
ma sì per contenere e raccogliere altra cosa secondo che richie-
deva il bisogno e il rito dei sacrifizi. Il perchè non so pensare
che avesse uso più conveniente e proprio di quello di racco-
gliere il sangue delle vittime che si sgozzavano, e che sem-
brano simboleggiate nella testa d' ariete che adorna il sommo
dell' ansa,
È uso noto e comprovato dalle iscrizioni che i doni che
si facevano a qualche corpo o collegio erano spesso fregiati
del nome di colui che gli offeriva, e il Museo Capitolino ne
porge l'esempio nel vaso di bronzo che dal re Mitridate fu dato
in dono agli Eupatoristi. Ne è raro trovar menzione di oggetti
anche preziosi offerti ai templi e ai sacri collegii affinchè ser-
vissero di ornamento nelle solennità delle pompe festive. Fra
questi doni Polluce enumera le corone, le fiale e ipocoli (L. 1.1,25).
Su questi come sugli utensili che servivano a varii usi del
luogo sacro spesso scrivevasi il nome del donatore ovvero quello
del luogo a cui appartenevano affinchè non si smarrissero, o smar-
riti si potessero facilmente ricuperare. Plauto 1' afferma di un
anfora che apparteneva a un tempio dì Venere (Rucl. 382), ed
uno di cotesti vasi di bronzo che rassembra a una situla, ornato
di arcaica greca iscrizione, fu ritrovato presso Salerno e illustrato
dal eh. Minervini (Bull. Arch. Nap. n. s. 1856 p. 165). Ma i
privati o fosse per vanità o perchè restasse memoria dei loro
doni e dell' affetto che portavano al loro collegio, ambivano
d'inscrivervi essi medesimi il proprio nome, come vediamo aver
fatto P. Avillio Maio, che certamente era Augustale, su questa
patera che offerì ai Seviri presidi del suo collegio. Parimente
fece quel Caio Cirrio Zosimo il cui nome si legge sui due
vasi mensnrali di bronzo da lui offerti al collegio dei Serrensi,
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nosce perchè ad essi, e non al loro collegio fosse fatto da Avillio
il presente di questa patera. Della quale se ci facciamo a con-
siderare la capacità e la forma, vediamo che non era acconcia
ne alle libazioni, ne ad estrarre ne a versare il vino nell'epulo,
ma sì per contenere e raccogliere altra cosa secondo che richie-
deva il bisogno e il rito dei sacrifizi. Il perchè non so pensare
che avesse uso più conveniente e proprio di quello di racco-
gliere il sangue delle vittime che si sgozzavano, e che sem-
brano simboleggiate nella testa d' ariete che adorna il sommo
dell' ansa,
È uso noto e comprovato dalle iscrizioni che i doni che
si facevano a qualche corpo o collegio erano spesso fregiati
del nome di colui che gli offeriva, e il Museo Capitolino ne
porge l'esempio nel vaso di bronzo che dal re Mitridate fu dato
in dono agli Eupatoristi. Ne è raro trovar menzione di oggetti
anche preziosi offerti ai templi e ai sacri collegii affinchè ser-
vissero di ornamento nelle solennità delle pompe festive. Fra
questi doni Polluce enumera le corone, le fiale e ipocoli (L. 1.1,25).
Su questi come sugli utensili che servivano a varii usi del
luogo sacro spesso scrivevasi il nome del donatore ovvero quello
del luogo a cui appartenevano affinchè non si smarrissero, o smar-
riti si potessero facilmente ricuperare. Plauto 1' afferma di un
anfora che apparteneva a un tempio dì Venere (Rucl. 382), ed
uno di cotesti vasi di bronzo che rassembra a una situla, ornato
di arcaica greca iscrizione, fu ritrovato presso Salerno e illustrato
dal eh. Minervini (Bull. Arch. Nap. n. s. 1856 p. 165). Ma i
privati o fosse per vanità o perchè restasse memoria dei loro
doni e dell' affetto che portavano al loro collegio, ambivano
d'inscrivervi essi medesimi il proprio nome, come vediamo aver
fatto P. Avillio Maio, che certamente era Augustale, su questa
patera che offerì ai Seviri presidi del suo collegio. Parimente
fece quel Caio Cirrio Zosimo il cui nome si legge sui due
vasi mensnrali di bronzo da lui offerti al collegio dei Serrensi,