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C oi N T 0

xviii.
Né quella è già quell' olte , onde la Persa
Gente , e la gente di Nicea fu vinta 5
Perchè in guerra sì lunga, e sì diveda
Rimasa n' è la maggior parte e (tinta :
E s'anco integra folse, or tutta immersa
In profonda quiete, e d'arme è scinta.
Tolto s' opprime chi di sonno è carco :
Che dal sonno alla morte è un picciol varco.
xix.
Su su venite: io primo aprir la strada
Vuò su i corpi languenti entro ai ripari:
Ferir da quella mia ciascuna spada,
E l'arti usar di crudeltate impari.
Oggi fia che di Cristo il regno cada :
Oggi libera 1' Alia : oggi voi chiari.
Così gì' infiamma alle vicine prove :
Indi tacitamente oltre lor move.
xx.
Ecco tra via le sentinelle ei vede
Per l'ombra mi Ita d'una incerta luce:
Ne ritrovar , come lietira fede
Avea, puote improvviso il saggio Duce.
Volgon quelle gridando indietro il piede,
Scorto che sì gran turba egli conduce:
Sicché la prima guardia è da lor delta,
Che com' può meglio, a guerreggiar s'apprefla.
xxi.
Dan fiato allora ai barbari metalli
Gli Arabi, certi ornai d'elser sentiti.
Van gridi orrendi al cielo, e de' cavalli
Col suon del calpeltio milti i nitriti.
Gli alti monti muggir, muggir le valli,
E risposer gli abilsi ai lor muggiti:
E la face innalzò di Flegetonte
Aletto, e'1 segno diede a quei del monte.
 
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