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Introdttzione. Neumi derivati dagli accenti

riformatore del Messale. Cercare poi l'esattezza di questa tradizione e fino
a qual punto venne modificata da aggiunte orientali, è una questione ben
diversa.

Pel momento dobbiamo fermarci alla seguente conclusione : non si
trovano neumi prima della fine del secolo ottavo e non ci sono testimo-
nianze storiche certe che siano esistiti prima d'allora.

Quando adunque vennero essi all' esistenza e donde spuntarono ?
Noi non li incontriamo in uno stato di formazione ; li troviamo invece
perfettamente sbocciati e sviluppati, segno che devono aver percorso
prima una lunga via di evoluzione. Quando e dov'essi siane stati adoperati
la prima volta, è un enimma sinora inesplicato. I tre sistemi paralleli di
notazione, orientale, romano e visigotico, fanno pensare ad un comune
antenato. Che questo sia stato il sistema degli accenti è ora ammesso
universalmente. L'opinione strana del Fétis,1 che essi provengono dai carat-
teri « runici » anglo-sassoni derivanti dalla scrittura demotica egiziana, e
quella di Teodoro Nisard, 2 che li fa venire dalla stenografia romana, una
specie di note tironiane, oramai non le sostiene nessuno.

La teoria che ab origine essi derivano dagli accenti della prosodia
fu messa fuori la prima volta da E. de Coussemaker, 3 sviluppata ampia-
mente dal P. Anselmo Schubiger * e trionfalmente provata da D. Giuseppe
Pothier. 5 Nell'arte retorica il ritmo del discorso, l'elevazione della voce
dell'oratore, erano indicati per mezzo di un tratto ascendente, l'abbassa-
mento per mezzo di uno discendente, e l'elevazione e l'abbassamento con
ambedue i tratti combinati insieme; codesti segni, l'accento acuto, il grave
e il circonflesso, erano, come dice la parola stessa, ac centus (ad cantus),
ed essi sono i segni primitivi e naturali della notazione musicale.

Ma la questione si è complicata con la confusione fatta dei neumi coi
segni di punteggiatura dei Lezionarii, ecc., su di che v. p. xvn. Essi pero
non sono neumi, né rappresentano notazione musicale di sorta ; sono sol-
tanto un più antico sviluppo degli accenti a scopo ben diverso. Ma poiché
vi è una somiglianza nella forma che essi prendono nei mss. greci e latini,
alcuni eruditi hanno cercato di vedere una egual somiglianza tra i neumi
latini e greci. Quindi l'opinione che questi non siano altro che una tra-
sformazione di quelli, serve di fondamento alle opere recenti di Pleischer,
Thibaut, Gastoué, Gaisser e Riemann. Il Fleischer 6 fu il primo a dimo-
strare che i neumi latini non devono studiarsi separatamente dai greci,
e a far derivare i latini dai segni di punteggiatura ; il Thibaut 7 ritiene
che siano una semplice modificazione della notazione costantinopolitana;
il Gastoué 8 fa lo stesso, e il Gaisser 9 pure, ma in un modo più spiccato,
e più ancora il Riemann. 10

Non si possono leggere attentamente queste opere e continuare a
credere che i neumi occidentali sono puramente romani o latini, per modo
da formare una notazione del tutto isolata. Se da una parte la scuola di
Solesmes non ha ancora, per quanto sembra, apprezzata l'importanza di
questa corrente greca, dall'altra gli scrittori sopra citati, credo, hanno
dogmatizzato troppo nell' altro senso. Ulteriori ricerche potranno dimo-
strare che essi hanno ragione, ma considerata l'età relativamente recente
della maggior parte dei neumi orientali (il più antico documento è, per
quél che pare, del nono o del decimo secolo, non è quindi più antico del
più antico documento occidentale), ignorando noi quanto indietro risalgono

le fonti di quei documenti e riflettendo che negli antichi trattati musicali
greci non si trova spiegazione di sorta dei primitivi neumi bizantini, son
di parere che bisogna astenersi dal pronunziare un giudizio e col Dr Wagner
(Neumenkunde\ ed. 2, p. vi), penso che la relazione tra le melodie latine
e quelle greche « fùr immer unseres genauen Kentniss entrùckt ist » e,
p. 35, che « heute von einer definitiven Entzifferung derselben noch nicht
die Rede sein kann ». Tuttavia i due sistemi possono ben avere tra loro
delle analogie ed una origine comune ; la somiglianza di forma tra alcuni
neumi è assolutamente innegabile ; i nomi che parecchi di essi portano
sono presi senza dubbio dal greco e la stessa parola « neuma » manifesta,
come ho detto, un'origine greca.

La forma dei neumi visigotici, che per certi lati differisce e da quella
latina e da quella greca, fa pensare ad un'origine comune in paese diverso ;
e se l'opinione del Wagner, p. 113, che tale origine si deve cercare nei
neumi siriaci e greci, non avesse bisogno che d'essere dimostrata, farebbe
il paio con quel che sappiamo della grande influenza siriaco-greca, la quale
nei sec. vii ed viii cambiò cosi profondamente il carattere della liturgia
romana; e probabilmente in questo periodo di tempo i neumi entrarono
negli Antifonari di S. Gallo e di Roma. E strano che la metà del sec. vili
è proprio il periodo assegnato, per ragioni ben differenti, dal Gevaert 11 e
dal Thibaut alla comparsa dei neumi. Codesta opinione, che il Wagner
non avrebbe appoggiato senza gravi considerazioni, non deve scartarsi
troppo alla leggera.

Ma nel sistema neumatico era incluso un altro scopo: quella di rappre-
sentare, non solo gli accenti della prosodia, ma altresì la Chironomia (la
regola, direzione, vó[i.o;, della mano, ydp), il movimento cioè ascendente e
discendente, con le sue sfumature e modificazioni, della mano del maestro,
simboleggiante il movimento dei suoni. Siffatti movimenti manuali furono
rappresentati graficamente coi neumi. Se una melodia non si muove in
ampio giro, è facile assai disegnare nell'aria ciascun suono, è facile pure
disegnarlo sulla carta; p. es., tre note ascendenti un coro le intuisce
subito, se il movimento ascendente della mano del maestro, ovvero una
eguale posizione sulla carta gliele metta sott'occhio. Quest'uso fu comune
a tutti i paesi, e, finché non si trovò una notazione, fu l'unico modo di
esprimere ed insegnare una melodia. Nel fatto, gli accenti grammaticali
non ebbero altro scopo, e furono, perciò, copiati dalla chironomia.

Qui si domanderà tuttavia : se i neumi rappresentano la mano del
maestro dirigente, dovevano rappresentare tutto ciò che il direttore volesse,
vale a dire, non solo l'altezza e la gravità delle note, il loro posto relativo
nella scala, la relazione con la nota precedente e seguente, ma ancora la
forza e la durata. Avevano i neumi questa significazione, di rappresentare
cioè la durata ed il tempo dei suoni? L'insegnamento di Solesmes è
chiaro e netto su questo punto. - I neumi indicano solamente il numero
delle note da cantarsi su di una sillaba ed il loro legamento ; non hanno,
per sé, nè tempo né forza, precisamente come gli accenti non significano
né la lunghezza nè la forza da darsi alle sillabe su cui stanno. Altri
maestri moderni sostengono invece che appunto come la mano del direttore
di musica può elevarsi o abbassarsi su gradi diversi e muoversi, ora rapi-
damente ora lentamente, cosi i neumi dovettero essere per sé o lunghi o
brevi. Quis iudicabit ipsos iudices? Haud ego.

1 Ristoire générale de la Musique, Paris, 1869, IV, 467.

* Revue archéologique, 1845, p. 261.

1 Histoire de l'harmonie au moyen-àge, Paris, 1852.

4 Die Sàngerschule San Gallens, Einsiedeln, 1856.

5 Les mélodies grégoriennes d'après la tradition, Tournai, 1880.

0 Oskar Fleischer, Neumenstudien, 3 voi. Leipzig, 1895, 1897; Berlin, 1904.
7 P. J. Thibaut, Origine byzantine de la notation neumatique de l'Eglise latine-
Paris, 1907.

8 A. Gastoué, Les origines du Chant romain, Paris, 1907.

9 P. Ugo Gaisser, Les hirmoi de Pàques dans l'office grec, Rome, 1905.

10 Hugo Riemann, Die bysantinische Notenschrift in 10 bis 15 Jahrhundert,
Leipzig, 1909.

11 F. Aug. Gevaert, La mélopé antique dans le chant de l'Église latine, Gand, 1895,
p. 182: « Aucun specimen authentique, aucune mention explicite de ce genre d'écriture
musicale ne se rencontre avant le milieu du IXe siècle ».
 
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