ARCHEOLOGICA COMUNALE
63
vinaria non permette altra interpretazione che quella di vetus,
mentre un numero posto dopo vetus non può ben essere inter-
pretato che per V indicazione degli anni che avea il vino. Le
nostre anfore ci offrono parecchi esempi di tali numeri, i quali
sono ora III (n. 54), ora UH (n. 18-19), ora V (n. 20) e.
anche nelle pompeiane appariscono dopo la parola vet, oppure
dopo il nome del vino, numeri del tutto simili, cioè IIII e V
Se ora riflettiamo che quattro o cinque anni erano appunto l'età
media di moltissimi fra gli antichi vini riposti ad invecchiare
e che più di un vino si travasava e quindi si cominciava a bere
appunto quando era bimum, trimum, quadrimum 2 ed anche
di cinque anni \ perchè allora era divenuto effettivamente vetus
ed avea raggiunto quella bontà di sapore richiesta dal buon
gusto, non possiamo più dubitare della verità della proposta
interpretazione di quei numeri, e spiegheremo quindi secondo
le circostanze III per trium annorum oppure trimum, IIII per
quattuor annorum ovvero quadrimum, V per quinque anno-
rum. Leggo adunque nella nostra anfora Vetus trium annorum,
Lauronense, L. A(......) Y(.....).
20.
Agli antichi Eomani poco furono graditi i vini francesi: né
a torto, perchè in quei tempi i vini gallici aveano un disgustoso
sapore di fumo ed erano per di più spesso adulterati con sostanze
nocive \ Fra i pochi ammessi dal gusto romano uno dei migliori
era quello che produceva la colonia Baeterrae septimanorum
1 C. I. L. IV n. 2616, Ephem. epigr. I p. 165 n. 195. 197, p. 166
n. 199,200; cf. C. I. L. IV n. 2585, 2598-2601, Ephem. epigr. I p. 168 n. 208.
2 Bimum: G. I. L. IV n. 2551; trimum: il nostro n. 8, cf. Marziale
epigr. X, 48, 20; quadrimum: Orazio Od. I, 9 v. 7.
3 Cf. l'iscrizione anforaria edita in questo BuUellino 1874 pag. 40.
* Cf. Plin. nat. fusi. XIV § 68: Martial. epigr. Ili, 82, 23; XIII, 123:
XIV, 118.
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vinaria non permette altra interpretazione che quella di vetus,
mentre un numero posto dopo vetus non può ben essere inter-
pretato che per V indicazione degli anni che avea il vino. Le
nostre anfore ci offrono parecchi esempi di tali numeri, i quali
sono ora III (n. 54), ora UH (n. 18-19), ora V (n. 20) e.
anche nelle pompeiane appariscono dopo la parola vet, oppure
dopo il nome del vino, numeri del tutto simili, cioè IIII e V
Se ora riflettiamo che quattro o cinque anni erano appunto l'età
media di moltissimi fra gli antichi vini riposti ad invecchiare
e che più di un vino si travasava e quindi si cominciava a bere
appunto quando era bimum, trimum, quadrimum 2 ed anche
di cinque anni \ perchè allora era divenuto effettivamente vetus
ed avea raggiunto quella bontà di sapore richiesta dal buon
gusto, non possiamo più dubitare della verità della proposta
interpretazione di quei numeri, e spiegheremo quindi secondo
le circostanze III per trium annorum oppure trimum, IIII per
quattuor annorum ovvero quadrimum, V per quinque anno-
rum. Leggo adunque nella nostra anfora Vetus trium annorum,
Lauronense, L. A(......) Y(.....).
20.
Agli antichi Eomani poco furono graditi i vini francesi: né
a torto, perchè in quei tempi i vini gallici aveano un disgustoso
sapore di fumo ed erano per di più spesso adulterati con sostanze
nocive \ Fra i pochi ammessi dal gusto romano uno dei migliori
era quello che produceva la colonia Baeterrae septimanorum
1 C. I. L. IV n. 2616, Ephem. epigr. I p. 165 n. 195. 197, p. 166
n. 199,200; cf. C. I. L. IV n. 2585, 2598-2601, Ephem. epigr. I p. 168 n. 208.
2 Bimum: G. I. L. IV n. 2551; trimum: il nostro n. 8, cf. Marziale
epigr. X, 48, 20; quadrimum: Orazio Od. I, 9 v. 7.
3 Cf. l'iscrizione anforaria edita in questo BuUellino 1874 pag. 40.
* Cf. Plin. nat. fusi. XIV § 68: Martial. epigr. Ili, 82, 23; XIII, 123:
XIV, 118.