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Della distruzione di alcuni monumenti romani
in qualità di capomastro, a tutti i lavori dell' Opera del nuovo
tempio; i primi lavori del quale non sembra riuscissero stabili
e sicuri, se, come insegnano i documenti, dovette il Maitani por
mano subito a riparare la fabbrica che minacciava rovina, get-
tando archi e speroni. Ma le cure del Maitani furono veramente
rivolte ai lavori della facciata che era ancora da costruirsi dalle
fondamenta.
I lavori fervevano precipuamente nell'anno 1321, e i docu-
menti fanno fede della sollecitudine, degli impegni del Comune
orvietano, acciò il lavoro riuscisse veramente grande, sublime.
Con sacrifici inauditi per quei tempi, con ingenti spese, tras-
portavansì ad Orvieto i marmi neri della Montagnola, quelli
bianchi di Carrara, che eran condotti per via di mare sino al
porto di Corneto, ed altri marmi giugevano da Montepisi, San Ge-
mini e sinanco da Roma e dal territorio circostante.
Questi ultimi, che dicevansi marmi romani ('), erano quelli
tolti ai classici monumenti da squadre di artisti e di operai, che
il Comune di Orvieto manteneva in Roma e nelle vicine castella,
marmi che precedentemente erano stati incettati, accaparrati da
maestri mandati ad spiorandum prò marmo (2).
I marmi avevansi dietro pagamento, ma generalmente erano
donati dai proprietari ed esportavansi dopo ottenutane licenza
dai Senatori e dopo il pagamento dei dazi e dei pedaggi, dei
ponti o dei porti e scali del Tevere.
Di solito, erano caricati su zattere o barconi e mandati pel
Tevere sino ai porti di Foglia, di Gallese, di Otricoli, di Atti-
gliano e di Orte, donde poi, per mezzo di carri condotti da bu-
falari, venivano recati ad Orvieto.
I marmorari romani, come quelli che più erano pratici della
città e della campagna e meglio ne conoscevano i monumenti,
(!) Pro victura et recatura .. de duobus salmis marmi romani etc..,
item. .. de una salma marmi romani. Doc. CXXVII, pag. 57.
(2) Doc. CLXXIV, pag. 62.
Della distruzione di alcuni monumenti romani
in qualità di capomastro, a tutti i lavori dell' Opera del nuovo
tempio; i primi lavori del quale non sembra riuscissero stabili
e sicuri, se, come insegnano i documenti, dovette il Maitani por
mano subito a riparare la fabbrica che minacciava rovina, get-
tando archi e speroni. Ma le cure del Maitani furono veramente
rivolte ai lavori della facciata che era ancora da costruirsi dalle
fondamenta.
I lavori fervevano precipuamente nell'anno 1321, e i docu-
menti fanno fede della sollecitudine, degli impegni del Comune
orvietano, acciò il lavoro riuscisse veramente grande, sublime.
Con sacrifici inauditi per quei tempi, con ingenti spese, tras-
portavansì ad Orvieto i marmi neri della Montagnola, quelli
bianchi di Carrara, che eran condotti per via di mare sino al
porto di Corneto, ed altri marmi giugevano da Montepisi, San Ge-
mini e sinanco da Roma e dal territorio circostante.
Questi ultimi, che dicevansi marmi romani ('), erano quelli
tolti ai classici monumenti da squadre di artisti e di operai, che
il Comune di Orvieto manteneva in Roma e nelle vicine castella,
marmi che precedentemente erano stati incettati, accaparrati da
maestri mandati ad spiorandum prò marmo (2).
I marmi avevansi dietro pagamento, ma generalmente erano
donati dai proprietari ed esportavansi dopo ottenutane licenza
dai Senatori e dopo il pagamento dei dazi e dei pedaggi, dei
ponti o dei porti e scali del Tevere.
Di solito, erano caricati su zattere o barconi e mandati pel
Tevere sino ai porti di Foglia, di Gallese, di Otricoli, di Atti-
gliano e di Orte, donde poi, per mezzo di carri condotti da bu-
falari, venivano recati ad Orvieto.
I marmorari romani, come quelli che più erano pratici della
città e della campagna e meglio ne conoscevano i monumenti,
(!) Pro victura et recatura .. de duobus salmis marmi romani etc..,
item. .. de una salma marmi romani. Doc. CXXVII, pag. 57.
(2) Doc. CLXXIV, pag. 62.