Universitätsbibliothek HeidelbergUniversitätsbibliothek Heidelberg
Metadaten

Bullettino della Commissione Archeologica Comunale di Roma — 44.1916

DOI article:
Galieti, Alberto: Intorno al culto di "Iuno Sispita Mater Regina" in Lanuvium
DOI Page / Citation link:
https://doi.org/10.11588/diglit.14886#0027
Overview
Facsimile
0.5
1 cm
facsimile
Scroll
OCR fulltext
di « luno Sispita Mater Regina » in Lanuvium

23

Di fatto in questi riti mortuarii si solevano offrire i frutti
della terra, come lupini ('), ceci (2), ma segnatamente fave, che
si riteneva aver costituito il primo cibo dell'uomo (3). La pre-
scrizione della fava nell'espiazione dei parentaha è attestata
anche da Ovidio (') : ma perchè i semi di fava, che il flamine
non poteva, come le altre cose adibite a riti funebri, non solo
toccare, ma nemmeno guardare e nominare, fossero funebri presso
i Latini, rilevasi da vari passi dei classici (r').

Ora appunto nei feralia e nelle inferiae, noi troviamo la
spiegazione di alcuni rinvenimenti fatti nell'area del celebre
santuario di Lanuvium, i quali alla lor volta costituiscono la
prova archeologica che Iuno lanuvina è identica a Februa an-
che per la circostanza che, quanto questa, è una divinità funeraria.

Nello scavo, adunque, che ha ritornato alla luce i superbi
avanzi di quel tempio (6) ad una profondità di m. 1,50 sotto

(') Cai punì., Eclog., IH, 82.
(=) l'hit., Quaest. rom., 95.

(3) Isid., Orig., XVIII, 4, 3; Ovid., Fast., VI, 180. I motivi religiosi
per cui non èva lecito far uso di fave, che si consideravano collegate con
il culto dei morti, sono in parte quelli indicati da Lyd, De mens., IV, 28.
Per altre superstizioni cfr. Olck in Pauly-Wissowa, Rcal Enryclopàdie,
V, 609, s. v. «Boli n on. Sull'uso delle fave e di altri frutti nel culto dei
morti cfr. R. Wunsch, Das Friihlingsfest Jer Insel Malta (1902) pag. 31
e segg. ; E. Samter, N. Jahrb. fùr Klass. altert., XV (1905), pag. 424 ; e
0. Gruppo, Grierhisehe Mythologie, pag. 110.

(*} Ovid., Fast., II, 576.

(r'j Pliri., //. N., Vili, 30 e XVIII, 12; Nonius, pag. 135, ed. P. ;
Plaut, Aul, att. V, v. 9. Cfr. Wìssoya, op. cit., pp. 116 e 235.

(°) Alla ricerca del santuario lanuvino, particolarmente nello scorcio
del secolo scorso, attese lord Savile Lumley, ambasciatore d'Inghilterra a
Roma, con una campagna di scavo, condotta però senza alcun criterio
scientifico e senza metodo, dal 1884 al 1892 (Archacoloyia, XLIX, pp. 367-
387 e LUI, pp. 147-154). Per queste manchevolezze non si riuscì fin d'al-
lora a scoprire i resti del tempio, quantunque si fosse esplorata una favissa
contenente le antefisse fittili policromate del sec V av. Cr. (Not. scavi,
1895, pag. 46 e Walters, Catalogue of the terracottas in the British niu-
scum, London, 1903, n. B 605) e rimessa in luce una grande fabbrica con
portico, che un frammento d'iscrizione (Not. scavi, 1892, pag. 235 ed
Ephem. epigr., IX, n. 623a) indicava chiaramente quale attinenza del san-
 
Annotationen