73
•74
Fabrìche
Architettura, regina e
maestra dell’arti, fiorì
in Roma, e in Italia
negli antichi tempi, ni-
ente meno, e fors’.an-
che più che nella Gre-
cia stessa. Ma non po-
tendo durare a lungo
sbpra la terra uno flato , si cominciò mi-
seramente a corrompere nel declinar dell’
• Imperio, e dopo Costantino di mano in ma-
nogiunse a guaflarsidel tutto. Cagione di
quello male fu quell’ istessa, che impedirà
pur Tempre all’ arti il mantenerli in perfe-
zione gran tempo , cioè l’amor di mutazio-
ne, e di novità. Cominciaron gli Architet-
ti, e gli artefici ad infaflidirsi d’essère imi-
tatori, e di usar Tempre Angolarmente nel-
le colonne le proporzioni , e le forme mede-
sime, e di non far mai altro ne’ capitelli
che foglie, e volute. Venne lor voglia di
diventar’ autori, e d’introdur nuovi modi.
Entrò opinione, che il pregio consisteise nel
variare, e nell’inventare ; quinci è, chese
venti colonne si veggono in edilìzio de’ me-
tani secoli, venti differenti forme, e dile-
gui ben sovente vi si osservano ne’ capitelli.
Posto quello principio , ogni buona regola
forza è che vada a terra, e a ridicole ssra-
vaganze forza è che si faccia luogo. Diede
mano al corromperli di quell’ arte il corrom-
pimento delle belle lettere , che nel badò
secolo de’Romani appunto per l’ideila ra-
gione pur s’introduce. Il Vasari secondo 1’
universal prevenzione dilse, che le cattive
maniere di fabricarefuron trovate da' Goti, j
p s- e che son Tedefcbe; ma nacque tal’ opinio- i
325‘ ne dalla superbia noflra, per cui tutto il cat- !
tivo abbiam considerato come flraniero : la i
moderne.
falsa immaginazione, che tal guastamento
venilse da’ barbari, i quali architettura non
aveano nè buona nè cattiva, e in così.fatti
lavori non ponean mano, si è già timbra-
ta nell’Ifloria. Quivi si è moflrato pari-
mente, come con tutta la trasformazione
degli ornamenti, si ritenne pero in Italia
Tempre il modo Romano per quanto Spet-
ta alla solidità, e alla perfetta, e magnifi-
ca coflruzione de’ muri: anzi nelle propor-
zioni totali ancora, e nel complesso degli
ornati, sontuosi edifizj non mancano fatti
in varjluoghi d’italiane’ mezani secoli, che
meritan lode, e ne nomina alquanti il Vìa-
sari. Così nell’ ardimento, e ne’ modi che
aveano i Romani, d* inalzar con facilità co-
lonne , e peli flerminati, continuarono-le
succedute età.Sovvienmi della Chiesa det-
ta la Rotonda fuor di Ravenna, dove la
cupola, o volta, che servè di tetto, e che
non ha niente , meno di dieci braccia per dia-
metro, è tutta d’un sol pezzo di pietra d’
Iflria. Bell’ ìmpresa sarebbe fiata per Lon-
gobardi, o per Goti il lavorare, trasporta-
re , e collocare in quell’ altezza sì fatta mo-
le. Par quasi imponibile, dice il Vasari nel
Proemio alle Vite, che un [asso di quellafor-
te soffe tanto in alto collocato. Ma in questa
Città osservisi la porta del Duomo , e la
svelrezza dentro delle colonne , che dist'in-
guono le navate , tenuta dall’. Architetto
per non ingombrare, e le belle volte pochisi
limo arcuate, e incrociate da cordone di bel-
la pietra lavorato vagamente, benché a po-
ltri giorni stolidamente imbiancato. Olser-
vinsi le muraglie di S.Zeno, e il suo cam-
panile, metà del quale si fece nel 1045. e
nel fianco della Chiesà si noti, come lacca-
no anche architrave, fregio, e cornice,ma
tutto
•74
Fabrìche
Architettura, regina e
maestra dell’arti, fiorì
in Roma, e in Italia
negli antichi tempi, ni-
ente meno, e fors’.an-
che più che nella Gre-
cia stessa. Ma non po-
tendo durare a lungo
sbpra la terra uno flato , si cominciò mi-
seramente a corrompere nel declinar dell’
• Imperio, e dopo Costantino di mano in ma-
nogiunse a guaflarsidel tutto. Cagione di
quello male fu quell’ istessa, che impedirà
pur Tempre all’ arti il mantenerli in perfe-
zione gran tempo , cioè l’amor di mutazio-
ne, e di novità. Cominciaron gli Architet-
ti, e gli artefici ad infaflidirsi d’essère imi-
tatori, e di usar Tempre Angolarmente nel-
le colonne le proporzioni , e le forme mede-
sime, e di non far mai altro ne’ capitelli
che foglie, e volute. Venne lor voglia di
diventar’ autori, e d’introdur nuovi modi.
Entrò opinione, che il pregio consisteise nel
variare, e nell’inventare ; quinci è, chese
venti colonne si veggono in edilìzio de’ me-
tani secoli, venti differenti forme, e dile-
gui ben sovente vi si osservano ne’ capitelli.
Posto quello principio , ogni buona regola
forza è che vada a terra, e a ridicole ssra-
vaganze forza è che si faccia luogo. Diede
mano al corromperli di quell’ arte il corrom-
pimento delle belle lettere , che nel badò
secolo de’Romani appunto per l’ideila ra-
gione pur s’introduce. Il Vasari secondo 1’
universal prevenzione dilse, che le cattive
maniere di fabricarefuron trovate da' Goti, j
p s- e che son Tedefcbe; ma nacque tal’ opinio- i
325‘ ne dalla superbia noflra, per cui tutto il cat- !
tivo abbiam considerato come flraniero : la i
moderne.
falsa immaginazione, che tal guastamento
venilse da’ barbari, i quali architettura non
aveano nè buona nè cattiva, e in così.fatti
lavori non ponean mano, si è già timbra-
ta nell’Ifloria. Quivi si è moflrato pari-
mente, come con tutta la trasformazione
degli ornamenti, si ritenne pero in Italia
Tempre il modo Romano per quanto Spet-
ta alla solidità, e alla perfetta, e magnifi-
ca coflruzione de’ muri: anzi nelle propor-
zioni totali ancora, e nel complesso degli
ornati, sontuosi edifizj non mancano fatti
in varjluoghi d’italiane’ mezani secoli, che
meritan lode, e ne nomina alquanti il Vìa-
sari. Così nell’ ardimento, e ne’ modi che
aveano i Romani, d* inalzar con facilità co-
lonne , e peli flerminati, continuarono-le
succedute età.Sovvienmi della Chiesa det-
ta la Rotonda fuor di Ravenna, dove la
cupola, o volta, che servè di tetto, e che
non ha niente , meno di dieci braccia per dia-
metro, è tutta d’un sol pezzo di pietra d’
Iflria. Bell’ ìmpresa sarebbe fiata per Lon-
gobardi, o per Goti il lavorare, trasporta-
re , e collocare in quell’ altezza sì fatta mo-
le. Par quasi imponibile, dice il Vasari nel
Proemio alle Vite, che un [asso di quellafor-
te soffe tanto in alto collocato. Ma in questa
Città osservisi la porta del Duomo , e la
svelrezza dentro delle colonne , che dist'in-
guono le navate , tenuta dall’. Architetto
per non ingombrare, e le belle volte pochisi
limo arcuate, e incrociate da cordone di bel-
la pietra lavorato vagamente, benché a po-
ltri giorni stolidamente imbiancato. Olser-
vinsi le muraglie di S.Zeno, e il suo cam-
panile, metà del quale si fece nel 1045. e
nel fianco della Chiesà si noti, come lacca-
no anche architrave, fregio, e cornice,ma
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