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Maffei, Scipione; Vallarsi, Jacopo [Bearb.]; Berno, Pierantonio [Bearb.]
Verona Illustrata (Parte Terza): Contiene La Notizia Delle Cose In Questa Citta' Piu' Osservabili — In Verona: Per Jacopo Vallarsi, e Pierantonio Berno, 1732

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Capo quarto: Fabriche moderne
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https://doi.org/10.11588/diglit.62319#0042
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75 FA BRIGHE
tutto d’invenzione,e di capriccio , com’è
anche nel basso lo strano ornato delle colon-
nette: osfervisi altresì 1’ Òcchio, cioè laro-
tonda fenertra, eh’ è nell’alto sopra la por-
ta, e dà lume alla Chiesa per l’avanti mol-
to oseura. L’ingegnoso artefice con bizar-
ro disegno la fece in forma della ruota del-
la fortuna con sei figure intorno all’ ultimo
giro; altri siede, altri aseende, altri preci-
pita capitombolo. Apparisce come durava
ancora 1’ uso Romano di mostrar qualche
intenzione ne’lavori, e di rappresentar sem-
pre qualche cosa. L’istesso fece per batte-
zare gran vaio di pietra ottangolare, che tut-
to d’un pezzo, e sottilmenteincavato si vede
nel fondo della Chiesa. Il costui nome fu
Brioloto, usato da più altri in Verona: tan-
to ìnsegna 1*iscrizione incastrata appresfo
nel muro, quale si porrà qui, come ila,per
non esfere ancor publicata,e per la bizarria
delsuo dettato mirto di metrico, ritmico,e
leonino, e con sensi rotti e tronchi.
Quifque Brìolotum laudet quìa dona mere-
tur fublimisbabet Artificemcommendat opus
tam vite politumfummum notai effe periium.
s sap™ Hic Fortune secìt Rotam S E cuìus precor
eccicp/int. tene notam et Verone prtmìtus Baineum la-
pideumipfe defìgnavit un de turbasor t iter pof-
sideat precìbus iusìorum regna beata in qui-
vàa bus V parata ijìe verendas homo nimium
quem sama de cor at quìa lucìs in edelaborat.
Sul cerchio interiore questi due versi son nel
di fuori :
£« ego Fortuna moderar mortalibus una,
Elevo, depono, bona cunct'u velmala dono.
E nel di dentro :
Induo nudato! , denudo vefte parato!y
Jn me considi! fi quis i decifra abìbit.
L’altre iscrizioni della facciata son divulga-
te, benché con più errori, come dove in
luogo di quaerit anbelus, hanno letto Ottiri-
sanelus. Le figure d’animali, o di mostri
in basso rilevo tenute da molti in questa, e
in altre vecchie fabriche per geroglifici li-
gnificativi, altro non sono che bizarrie,ed
ornamenti. Rara sorte ebbe querto nostro
Architetto, ed artefice, che si tramandas-
se in questa forma alla posterità il suo no-
me, e il suo elogio. I nomi anche ci rima-
sero d’Orso, e di Gio ventino, e di Giovia-
no, che furon negli ultimi tempi de! Lon-
gobardi , come abbiam veduto altrove , e
di Pacifico, che ville nel nonosecolo , tan-
to lodato per ogni sorte di lavori nella sua
lapida. Opera di maertro Martino, come
da iscrizione , fu la parte alta, e l’orna-
mento del campanile di quella Basilica , e

MODERNE 76
il nome d’Adamino rimane sopra un capi-
tello di colonna nel sotterraneo : Adaminus
de Sandio Geòrgia me secit. Delle mura, e
porte di Cangrande fu architetto Calcar0 ,
come da lapida riferita dal Corte ; nè d’al- W- io.
tri abbiam potuto rinvenir memoria de’
mezani tempi.
Non mancano in Verona certamente edi-
fizj anteriori al bando dato poi alla manie-
ra detta Gotica,ed a quelrisorgimento dell’
arti, che si attribuisee al 1400, i quali me-
ritino d’eslèr distintamente csiervatidal fo-
rartiero. Facciali principio dalla gran Tor-
re, alla cui fabrica fu porto mano nel 1172.
L’altezza si pretende non inseriore a quella
di qualunque altra delle più rinomate, ben-
ché il non esièr più questa isolata, le ab-
bia tolta in gran parte la nobiltà della sua
apparenza : chi per trigonometria 1’ ha scan-
dagliata, la dice alta piedi 310 di questa
misura ; la sommità è nobilmente di visata,
ed ornata.
Non poca consìderazione meritano anco-
ra i ponti, con sì pochi archi in tal larghez-
za, e in fiume così impetuoso . Il Nuovo
ha una torre dalla parte della Città, che
porta l’arme Scaligera, e fu nel 1298 fa-
bricata per ordine d’ Alberto : il ponte fu
poi rifatto in gran parte con insuperabil ro-
bustezza dal Sanmicheli. Di quel dalle Na-
vi furono architetti Giovanni da Ferrara,e
Giacopo da Gozo; in qual’anno , e per or-
dine di cui, l’ìnfegna la grandissima lapida
di marmo Greco, che fu posta allora su la
torre eh’è nel mezo. L’iscrizione non è in
latino, ma in volgare: il marmo restava da
molte età coperto, per fa bri caposteri ore, oc-
cultato, ed ignoto, e si è però non lenza molta
difficoltà, e con forar pavimenti, e solaj, leva-
to, e calato a terra, indi trasportatoalMuseo
dell’ Accademia, e ripulito dalla calce, con
cuieragli più volte stata fatta ingiuria. Può
passar questa per la più insigne Iscrizion vol-
gare, che in tutta Italia si abbia,considera-
ta la lunghezza sua, eia sontuosità, e il
non averli marmo di versi Italiani avanti
querto scolpito, già che supposto, e men-
tito si fa conoscer ? Ubaldini, addotto dal
Borghini, e dal Crescimbeni, non meno
per ciò che contiene , che per l’inspezione
oculare fattane da noi più volte in Firenze.
Il carattere nel nostro marmo è molto
grande, e di quella forma, che (shiamiam
Gotica, e i versi a due per linea . Querto
Poeta fa parlare il Ponte, ed tisa il dialetto
Veronese,piùcheil Toscano. Si mette co-
me appunto sta, dillaccate sidamente, e
separate le parole con gl’ intervalli.

ME-
 
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