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CAPO QUINTO.
i io
no imparare, s’io non m’inganno , come
della Fortifìcazion moderna un Veronele fu
l’inventor primo, ed il fondatore. A que-
llo termine ci convien’ ir per gradi , e non
però senza premettere alcune rissessìoni, e
notizie.
La Fortificazione parta comunemente per
arte {Laniera , ed oltramontana, talché
ovunque nell’Italia medesima si coltivi, e
s’insegni, pochissimo d’italiani si parla, e
{blamente sistemi Franzesi, OIandesi,eTe-
deschi pongonsi in mostra. Leonardo Stur-
mio valente Matematico nel suo Trattato
in lingua Tedesca ottantadue modi di forti-
ficare riferisce, e propone, de’ quali sette
sidamente fa che vengano da Italiani. Ma
molti e molti sonoi libri di tal materia,ne
i quali nè pur d’uno de’nostri si fa menzio-
ne, ed’ Italia non si fa motto. Come ca-
piscuola , e delle più applaudite maniere
inventori, e maestri, regnano generalmen-
te Errard, Pagan, Stevin, Marolois ,Fri-
tach, Dogen, de Ville, Mallet, Blondel,
Sturm, ed altri {Lanieri ; ma sopra tutti
Vauban, che si reputa da molti avere con
insuperabili ritrovati dato nuovo aspetto,e
finalmente importo termine all’arte .11 Vol-
ilo ne’ suoi Elementi di tutte le Matematiche
altri metodi non rappresenta che l’Olande-
se, e quelli del Pagan , del Blondel, del
Vauban, e dello Scheiter; e dove tratta de-
gli Autori, eh’ hanno scritto di tal materia,
altri Italiani non nomina che Rosetti, e
Grotta , il qual sivalse con poca fortuna del-
le fatiche del Tensini, per quanto da que-
llo si afferma . Il P. Milliet nel Corfo Mate-
matico del metodo di fortificare Italiano si
sbriga in sei versi.
Or chi crederebbe mai dopo tutto que-
llo, che la Fortificazione sia tutta nostra?
cioè adire in Italia nata, e in Italia perfezio-
nata? Per dimostrar ciò pienamente non ci
vorrebbe meno d’un libro, che non ensie-
rebbe qui a propositojma ben se ne persua-
sero non senza stupore due bravi Ingegneri
Franzesi, i quali nell’anno 1701 venuticeli
le truppe in Piemonte, si portarono a Tori-
no per visitarvi il Sig. Bertela Ingegnerò di
grido, e che molto più ne acquiltò poi nel-
la difesa di Torino del 1706. Cominciaron
questi il congressò parlando Franzese. Rirt-
pondea l’altro in Italiano , affermando di
non sapere il Franzese, siccome quello che
non era useito mai d’Italia, ed avea fatto i
suoi ssudj in Toscana; e perchè grandi fa-
cean’ essì le maraviglie, come altri potesfe sen-
za la lingua Franzese avere appresa tal’ ar-
te, molto più mortrò egli di farne , com’
averterò erti potuto diventare Ingegneri sen-
za ben posseder l’italiana. Seguita transa-
zione {opra questo punto , e convenuti di
parlar ciascheduno la propria lingua, inter-
rogarono que’ valentuomini il Bertela quan-
ta rtima averte del Sig. Vauban, e del suo
nuovo sistema. Egli ch’era d’umor giovia-
le , per trartullarsi alquanto, rispose non là-
pere che autor si forte cotesto, nè qual pro-
fessìone averte fatta. Riguardaronsi allora
1’ un l’altro quegli Ufiziali in atto parte di
beffa, parte di maraviglia; ma richiesegli
allora il Bettola di voler mortrarei ritrova-
ti, e la maniera da quello grand’ uomo te-
nuta : il che facendo erti prontamente e con
la voce, e con la penna, ripigliò egli, no-
tissime esfere a lui tali corte tutte,e ottima-
mente parlò del prò e del contra di ciartche-
duna di esse; ma aggiunrte non erter quelle
punto in Italia nuove, ma antiche molto,
ed essere fiate dagl’italiani inventate, e po-
rte in opera gran tempo avanti : per fede di
che incominciò a cavar fuori i suoi libri, e
fece loro osservare perfèttamente ertpresse, e
delcritte,assai prima che il Vauban nartcest
so, quelle particolarità, ch’eglin credeva-
no da lui pensate, e introdotte . De’ nortri
libri di tale argomento si va quali perden-
do anche la memoria. Oltra monti perchè
la lingua Italiana non vi corra, e non vi si
apprenda, molto stusiio. da coloro si poste,
i quali co’nortri libri voglion poi in più ma-
terie farli autori a man salva. In Italia, e
fuor d’Italia ancora, si stampano, e si ri-
slampano Biblioteche Italiane comprese in
quattro fogli di carta , nelle quali per ca-
gion d’esempiò in materia di Fortificazione
due o tre Scrittori, e de’ men considerabi-
li si regi lira no ; come d’altre materie non
da quella lontane, nelle quali la lingua è
ricchissima, pochi più. Per mostrar però
in pochi versi, come la Fortifìcazion mo-
derna sia tutta nossra, altro non fare-
mo , che suggerir que’ volumi, ne’ qua-
li portsa il Lettore accertarli da rte di tal
fatto.
I primi, che di quert’ arte Scientifica fa-
cessèr parole, furono Nicolò Tartaglia Bre-
seiano, Pietro Cataneo Sanese , e Daniel
Barbaro Veneziano , tutti e tre incidente-
mente , e in volumi non a questo diretti ;
il primo nel libro sello de’ suoi Quefiti, 1’
anno 1554 rirtampati con aggiunta a que-
lla materia spettante; il secondo nel primo
libro della sua Architettura y pur nel 1554
data fuori; e il terzo nel primo libro del
suo Vitruvio, dov’anche notizia diede d’
un pieno Trattato, che dovea urteir tra po-
co di Giacopo Leonardi . Succedono do-
po quelli Gerolamo Cataneo , e Giacopo
Lanteri, che introdussè ne’ suoi Dialoghi lo
stessò Cataneo con FrancescoTrevisi ingegner
Ve- '
CAPO QUINTO.
i io
no imparare, s’io non m’inganno , come
della Fortifìcazion moderna un Veronele fu
l’inventor primo, ed il fondatore. A que-
llo termine ci convien’ ir per gradi , e non
però senza premettere alcune rissessìoni, e
notizie.
La Fortificazione parta comunemente per
arte {Laniera , ed oltramontana, talché
ovunque nell’Italia medesima si coltivi, e
s’insegni, pochissimo d’italiani si parla, e
{blamente sistemi Franzesi, OIandesi,eTe-
deschi pongonsi in mostra. Leonardo Stur-
mio valente Matematico nel suo Trattato
in lingua Tedesca ottantadue modi di forti-
ficare riferisce, e propone, de’ quali sette
sidamente fa che vengano da Italiani. Ma
molti e molti sonoi libri di tal materia,ne
i quali nè pur d’uno de’nostri si fa menzio-
ne, ed’ Italia non si fa motto. Come ca-
piscuola , e delle più applaudite maniere
inventori, e maestri, regnano generalmen-
te Errard, Pagan, Stevin, Marolois ,Fri-
tach, Dogen, de Ville, Mallet, Blondel,
Sturm, ed altri {Lanieri ; ma sopra tutti
Vauban, che si reputa da molti avere con
insuperabili ritrovati dato nuovo aspetto,e
finalmente importo termine all’arte .11 Vol-
ilo ne’ suoi Elementi di tutte le Matematiche
altri metodi non rappresenta che l’Olande-
se, e quelli del Pagan , del Blondel, del
Vauban, e dello Scheiter; e dove tratta de-
gli Autori, eh’ hanno scritto di tal materia,
altri Italiani non nomina che Rosetti, e
Grotta , il qual sivalse con poca fortuna del-
le fatiche del Tensini, per quanto da que-
llo si afferma . Il P. Milliet nel Corfo Mate-
matico del metodo di fortificare Italiano si
sbriga in sei versi.
Or chi crederebbe mai dopo tutto que-
llo, che la Fortificazione sia tutta nostra?
cioè adire in Italia nata, e in Italia perfezio-
nata? Per dimostrar ciò pienamente non ci
vorrebbe meno d’un libro, che non ensie-
rebbe qui a propositojma ben se ne persua-
sero non senza stupore due bravi Ingegneri
Franzesi, i quali nell’anno 1701 venuticeli
le truppe in Piemonte, si portarono a Tori-
no per visitarvi il Sig. Bertela Ingegnerò di
grido, e che molto più ne acquiltò poi nel-
la difesa di Torino del 1706. Cominciaron
questi il congressò parlando Franzese. Rirt-
pondea l’altro in Italiano , affermando di
non sapere il Franzese, siccome quello che
non era useito mai d’Italia, ed avea fatto i
suoi ssudj in Toscana; e perchè grandi fa-
cean’ essì le maraviglie, come altri potesfe sen-
za la lingua Franzese avere appresa tal’ ar-
te, molto più mortrò egli di farne , com’
averterò erti potuto diventare Ingegneri sen-
za ben posseder l’italiana. Seguita transa-
zione {opra questo punto , e convenuti di
parlar ciascheduno la propria lingua, inter-
rogarono que’ valentuomini il Bertela quan-
ta rtima averte del Sig. Vauban, e del suo
nuovo sistema. Egli ch’era d’umor giovia-
le , per trartullarsi alquanto, rispose non là-
pere che autor si forte cotesto, nè qual pro-
fessìone averte fatta. Riguardaronsi allora
1’ un l’altro quegli Ufiziali in atto parte di
beffa, parte di maraviglia; ma richiesegli
allora il Bettola di voler mortrarei ritrova-
ti, e la maniera da quello grand’ uomo te-
nuta : il che facendo erti prontamente e con
la voce, e con la penna, ripigliò egli, no-
tissime esfere a lui tali corte tutte,e ottima-
mente parlò del prò e del contra di ciartche-
duna di esse; ma aggiunrte non erter quelle
punto in Italia nuove, ma antiche molto,
ed essere fiate dagl’italiani inventate, e po-
rte in opera gran tempo avanti : per fede di
che incominciò a cavar fuori i suoi libri, e
fece loro osservare perfèttamente ertpresse, e
delcritte,assai prima che il Vauban nartcest
so, quelle particolarità, ch’eglin credeva-
no da lui pensate, e introdotte . De’ nortri
libri di tale argomento si va quali perden-
do anche la memoria. Oltra monti perchè
la lingua Italiana non vi corra, e non vi si
apprenda, molto stusiio. da coloro si poste,
i quali co’nortri libri voglion poi in più ma-
terie farli autori a man salva. In Italia, e
fuor d’Italia ancora, si stampano, e si ri-
slampano Biblioteche Italiane comprese in
quattro fogli di carta , nelle quali per ca-
gion d’esempiò in materia di Fortificazione
due o tre Scrittori, e de’ men considerabi-
li si regi lira no ; come d’altre materie non
da quella lontane, nelle quali la lingua è
ricchissima, pochi più. Per mostrar però
in pochi versi, come la Fortifìcazion mo-
derna sia tutta nossra, altro non fare-
mo , che suggerir que’ volumi, ne’ qua-
li portsa il Lettore accertarli da rte di tal
fatto.
I primi, che di quert’ arte Scientifica fa-
cessèr parole, furono Nicolò Tartaglia Bre-
seiano, Pietro Cataneo Sanese , e Daniel
Barbaro Veneziano , tutti e tre incidente-
mente , e in volumi non a questo diretti ;
il primo nel libro sello de’ suoi Quefiti, 1’
anno 1554 rirtampati con aggiunta a que-
lla materia spettante; il secondo nel primo
libro della sua Architettura y pur nel 1554
data fuori; e il terzo nel primo libro del
suo Vitruvio, dov’anche notizia diede d’
un pieno Trattato, che dovea urteir tra po-
co di Giacopo Leonardi . Succedono do-
po quelli Gerolamo Cataneo , e Giacopo
Lanteri, che introdussè ne’ suoi Dialoghi lo
stessò Cataneo con FrancescoTrevisi ingegner
Ve- '