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ORDINE COMPOSITO.
grazia, e gentilezza portava;:) agli Edificj ;ma
come accostumansi da' viventi, che non già imi-
tar vogliono, ma caricare e deformare, e non
già spargere le grazie con la mano, ma versar-
le col sacco, chsTonanza arrecano e confusione,
Della stessa regola si faccia uso ne* tagli, che
alle volte far conviene non perpendicolari, ma
obliqui, prolungando così le membra , come
ora insegnammo doversi gli sporti prolungare.
Avvertiamo, che in quella ultima Tavola (1
vede nella Figura N.ia pianta del Capitello Io-
nico dello Scamozzij il quale fu da noi dichia-
rato al Capo 31; e nella Figura S. la forma del
girar la Voluta secondo il Serlio, di che abbia*
mo parlato al Capo 32,.
Meglio terminare, che col fine delle osserva-
zioni sopra quellobellissimo,egentiiissimo Or-
dine, non poteva i1 Opera nostra, nella quale ab-
biamo procurato, per quanto s'estendono le no-
itre forze, d'illustrare la più bella importante
parte dell' Architettura, cioè li cinque Ordini,
e con porre avanti gli occhi ottimi esempj ne'
disegni, econ ragionamenti ricavati da' precetti
e dalla pratica di quegli Autori, a'quali la me-
desima nostra età, che non li vuole imitare, è
però forzata a concedere di comune consenti-
mento le prime Iodi. Veramente di molte altre
Architettoniche cofe a trattare ci rimarrebbe,
•che agli Ordini appartengono; ma serebbe un
non finir mai, sé volessimo abbracciar tutto, im-
perciochè volendone uria porre, dieci altre subico
occorrono, che sembra non dovrebbonsi trala-
seiare. A cagion d' esempiopotrebbonsi {piegare
lesimmetrie e le forme di quelle Colonne, che
nel Tronco ammettono figure di Femine( ben-
ché spesse fiate ancora di Maschi) delle quali par-
la ancor Plinio nel lib. 36. Cap. 5., e dette Caria-
tidi , non da mi albero di noce, ove sall per paura
d'una rovina un Coro di Vergini, come al 4. della
Teb. v. 23,5.scrhTel'antico Scoliate di Stazio,
madaunaCittàdelPeloponneso, come si legge
neli.diVitruvio,e ne' Mejsenici di Pausama,
e nel 6. d' Ateneo. Così parlar potressiuio dì
ciò, eh* è duopo avvertire,quando un Ordine
sóvra V altro vuol collocali! ; e quali Ordini pos-
sonocongiungersi, e quali nò; e dimostrare le
varie forme per adornar Tabernacoli o Nic-
chie, Depositi, e Camini; e ragionar d' altre non
inutili cose, delle quali forsè ad altro tempo noi
tratteremo, sé in qualche modo accetta al publico
quel? Opera riuseendo, ci s'aprirà l'adito di la-
vorarla con più agio, e più forsè compiuta, o per
vero dire, meno imperfetta e assai meno impoli-
ta mandarla fuori. Ma sé d' ella richicito mi
fosse, speri io ne risulterà quel fine, per cui la
scrilsi,quale è ravvivare la buona Italiana manie-
ra , che s'è perduta, e che potrei io rispondere ?
Che un libro di pochi fogli, e d'Autore non
prima noto, e che nel publico letterario arringo
i primi vestigj ora impressè, e perciò privo dì
queir autorità, che tanto vale presso l'umane
menti per disporle a credere alle ragioni, e rice-
vere la verità, porta abbattere pregiudicj quasi u-
niversali, e cancellare quelle idee, delle quali
(in dalla prima età imbevuti gl'intelletti troppo
internarci le lasciarono e radicarli, è impresa
(particolarmente in breve tempo) d'imponibi-
le riuseita. Onde meta alTai men dissicile a'miei
desìderj preserivendo, mi ballerebbe, che almeno
la lettura di quelle carte operasse, che chiun-
que o per proferitane ,o per inclinazione da tale
facoltà non è alieno, come altresì chiunque di
fabricare intraprende, si ponesie ( ma deposta
ogni prevenzione ) a sedamente considerai^ la
maesrà,la vaghezza, le giuste fìmmetrie di tut-
te T Italiane moderne Fabrichede*buoni tempi,
di qualunque specie elle sieno, sé bene d' Ar-
chitetto ignoto, e come furono da quegli Ar-
tefici in ogni parte eseguite ; e poseia con le
presenti (di quelle parlo, e di parlare semprein-
tesi,che sono della corrotta maniera^ a parte a
parte le andalTe paragonando,Forsè da tal con-
fronto aliai più, che da quanto io non bene
avrò saputo dire, o inoltrare , a poco a poco
quel buon esfetto nelle Città Italiane deriverà ,
ch'io tanto desidcro, non solo per lo ben publico,
che per 1* onore di mia Nazione , che tanto
ne' buoni secoli sì in questa ,come in tutte 1*
altre belle A rti per confezione ancora di rnol'
ti Stranieri allora viventi si è segnalata.
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ORDINE COMPOSITO.
grazia, e gentilezza portava;:) agli Edificj ;ma
come accostumansi da' viventi, che non già imi-
tar vogliono, ma caricare e deformare, e non
già spargere le grazie con la mano, ma versar-
le col sacco, chsTonanza arrecano e confusione,
Della stessa regola si faccia uso ne* tagli, che
alle volte far conviene non perpendicolari, ma
obliqui, prolungando così le membra , come
ora insegnammo doversi gli sporti prolungare.
Avvertiamo, che in quella ultima Tavola (1
vede nella Figura N.ia pianta del Capitello Io-
nico dello Scamozzij il quale fu da noi dichia-
rato al Capo 31; e nella Figura S. la forma del
girar la Voluta secondo il Serlio, di che abbia*
mo parlato al Capo 32,.
Meglio terminare, che col fine delle osserva-
zioni sopra quellobellissimo,egentiiissimo Or-
dine, non poteva i1 Opera nostra, nella quale ab-
biamo procurato, per quanto s'estendono le no-
itre forze, d'illustrare la più bella importante
parte dell' Architettura, cioè li cinque Ordini,
e con porre avanti gli occhi ottimi esempj ne'
disegni, econ ragionamenti ricavati da' precetti
e dalla pratica di quegli Autori, a'quali la me-
desima nostra età, che non li vuole imitare, è
però forzata a concedere di comune consenti-
mento le prime Iodi. Veramente di molte altre
Architettoniche cofe a trattare ci rimarrebbe,
•che agli Ordini appartengono; ma serebbe un
non finir mai, sé volessimo abbracciar tutto, im-
perciochè volendone uria porre, dieci altre subico
occorrono, che sembra non dovrebbonsi trala-
seiare. A cagion d' esempiopotrebbonsi {piegare
lesimmetrie e le forme di quelle Colonne, che
nel Tronco ammettono figure di Femine( ben-
ché spesse fiate ancora di Maschi) delle quali par-
la ancor Plinio nel lib. 36. Cap. 5., e dette Caria-
tidi , non da mi albero di noce, ove sall per paura
d'una rovina un Coro di Vergini, come al 4. della
Teb. v. 23,5.scrhTel'antico Scoliate di Stazio,
madaunaCittàdelPeloponneso, come si legge
neli.diVitruvio,e ne' Mejsenici di Pausama,
e nel 6. d' Ateneo. Così parlar potressiuio dì
ciò, eh* è duopo avvertire,quando un Ordine
sóvra V altro vuol collocali! ; e quali Ordini pos-
sonocongiungersi, e quali nò; e dimostrare le
varie forme per adornar Tabernacoli o Nic-
chie, Depositi, e Camini; e ragionar d' altre non
inutili cose, delle quali forsè ad altro tempo noi
tratteremo, sé in qualche modo accetta al publico
quel? Opera riuseendo, ci s'aprirà l'adito di la-
vorarla con più agio, e più forsè compiuta, o per
vero dire, meno imperfetta e assai meno impoli-
ta mandarla fuori. Ma sé d' ella richicito mi
fosse, speri io ne risulterà quel fine, per cui la
scrilsi,quale è ravvivare la buona Italiana manie-
ra , che s'è perduta, e che potrei io rispondere ?
Che un libro di pochi fogli, e d'Autore non
prima noto, e che nel publico letterario arringo
i primi vestigj ora impressè, e perciò privo dì
queir autorità, che tanto vale presso l'umane
menti per disporle a credere alle ragioni, e rice-
vere la verità, porta abbattere pregiudicj quasi u-
niversali, e cancellare quelle idee, delle quali
(in dalla prima età imbevuti gl'intelletti troppo
internarci le lasciarono e radicarli, è impresa
(particolarmente in breve tempo) d'imponibi-
le riuseita. Onde meta alTai men dissicile a'miei
desìderj preserivendo, mi ballerebbe, che almeno
la lettura di quelle carte operasse, che chiun-
que o per proferitane ,o per inclinazione da tale
facoltà non è alieno, come altresì chiunque di
fabricare intraprende, si ponesie ( ma deposta
ogni prevenzione ) a sedamente considerai^ la
maesrà,la vaghezza, le giuste fìmmetrie di tut-
te T Italiane moderne Fabrichede*buoni tempi,
di qualunque specie elle sieno, sé bene d' Ar-
chitetto ignoto, e come furono da quegli Ar-
tefici in ogni parte eseguite ; e poseia con le
presenti (di quelle parlo, e di parlare semprein-
tesi,che sono della corrotta maniera^ a parte a
parte le andalTe paragonando,Forsè da tal con-
fronto aliai più, che da quanto io non bene
avrò saputo dire, o inoltrare , a poco a poco
quel buon esfetto nelle Città Italiane deriverà ,
ch'io tanto desidcro, non solo per lo ben publico,
che per 1* onore di mia Nazione , che tanto
ne' buoni secoli sì in questa ,come in tutte 1*
altre belle A rti per confezione ancora di rnol'
ti Stranieri allora viventi si è segnalata.
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