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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 3.1900

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Fasc. 1-4
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Toschi, G. B.: Lelio Orsi da novellara pittore es architetto (1511 - 1587)
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https://doi.org/10.11588/diglit.24145#0048

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G. B. TOSCHI

a penna, con varianti, pel medesimo quadro, posseduto dal prof. Naborre Campanini. Saranno
opere senili così il quadro, come il disegno.

Anche un San Matteo che si dice dell'Orsi, esistente nella chiesa di Santa Maria della
Fossa (sulla strada da Novellara a Reggio), è così annerito e guasto da non potersene dare
un giudizio. In condizioni pure deplorevoli è una Natività, senza nome d'autore e segnata
col n. 184 nella Galleria di Parma, indicatami da Adolfo Venturi. Non v'ha in essa quasi
parte che non trovi riscontro in qualcuna delle opere dell'Orsi fin qui descritte, sicché deve
riconoscersi come opera di lui; ma i buchi, i graffi, le spalature che vi si scorgono, malgrado
il restauro, le furono meno dannose dello scellerato restauro stesso, e non merita di fermarsi
a descriverla, tanto più che, per quanto può discernersi, non fu mai da mettersi fra le buone
opere dell'Orsi. Si conserva pure nella Galleria di Parma un gran quadro trasportatovi della
chiesa di San Michele, che il Ruta affermò dell'Orsi, ma da tempo si è riconosciuto come
opera certa di Giorgio del Grano.

In Mantova, nel Capitolo dei Domenicani, era un quadro colla Madonna e vari santi
attribuito all'Orsi; esso ora trovasi nella Raccolta municipale dei quadri tolti da chiese e
conventi soppressi, ma non mostra la maniera del nostro artista. La Galleria Avogadri a
Brescia che registrava una Madonna col Bambino e San Giuseppe dell'Orsi, e la Galleria
Ercolani, di Bologna, che ne registrava un Presepio, andarono disperse. Del Presepio parla
il Calvi nell'illustrazione poetica di quella Galleria; la composizione corrisponderebbe alla
Natività di Firenze, ma differisce nel partito della luce che ivi emanava dal Bambino come
nella Notte del Correggio.

Per riveder l'Orsi in tutta la potenza del suo fare bisognerebbe recarsi a Londra, ove
hanno avuto l'onore d'essere accolti nella Galleria Nazionale due quadri che fino al 1894
fecero parte della Pinacoteca raccolta dal celebre medico Antonio Scarpa, come narra Gustavo
Frizzoni neh1''Archivio storico dell'Arte (serie 2*, anno I, pag. 422). Egli così ne scrive:
« Curiose ed interessanti, nel loro genere, due tavole ritenute del poco noto Lelio Orsi da
Novellara. Nell'una, forse in origine una pala d'altare, è espresso con accento tragico il
Redentore in croce, agonizzante, circondato da molti angeli piangenti. Le tenebre ingom-
brano il Monte Calvario ed offuscano la veduta della sottoposta Gerusalemme. Opera nella
quale si nota un miscuglio fra lo stile correggesco e il michelangiolesco. Nell'alto, l'appari-
zione di Nostro Signore a due suoi discepoli sulla via di Emaus; l'argomento è rappresentato
con una certa originale vivacità, non esente bensì dal manierismo infiltratosi insensibilmente
nei seguaci del Buonarroti ».

Il Redentore in croce sarà quello registrato nell'inventario della Galleria di Novellara
del 1729 colle parole: « Un Cristo spirante con angeli piangenti all'intorno, quadro grande
in tela ». Fra i disegni già esistenti a Modena si ricorda un Redentore fra i discepoli in
Emaus, che servì forse pel quadro di Londra. In questo, traendo partito dall'indicazione
evangelica che il giorno era declinato e si faceva sera, l'Orsi dipinse un cielo coperto da
nubi minacciose, sgominate dal vento, rotte da incerti bagliori, quando i pellegrini, pensando
a trovare un ricovero, allungarono il passo di conserva col loro misterioso compagno, che
pure andando forte continuava ad esporre le sue considerazioni bibliche; ma chi li avesse
incontrati in quell'ora e in quel luogo, alla vista di quei cappellacci dalle larghe falde spio-
venti ■ adombranti le faccie barbute di tre gagliardi uomini provvisti di nodosi bastoni ferrati,
e alle cui cinture luccicavano le impugnature di lunghi pugnali, con bisacce ai fianchi, sacchi
ed involti sopra le spalle, avrebbe temuto un brutto incontro. Osservando però meglio il
viaggiatore di mezzo, si sarebbe rassicurato scorgendogli sul viso un'aria di mitezza e gra-
vità mesta che ispira fiducia; anche i visi degli altri due, malgrado le barbe incolte, mostrano
un interessamento al parlare del primo che dissipa i sospetti ; solo si appalesano persone del
popolo dalle forti e tendinose mani di lavoratori che l'Orsi sapeva dare agli uomini più che
non sapesse rendere gentili quelle delle donne. Sono tre figure piene di movimento e di
vita, magnificamente intonate coll'ambiente d'una sera burrascosa; due cardellini fermi sull'orlo
 
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