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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 3.1900

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Fasc. 9
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Venturi, Adolfo: In memoria
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https://doi.org/10.11588/diglit.24145#0362

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IN MEMORIA

■MB9

L nostro Re, universalmente pianto, Umberto I seppe di tenere
lo scettro sulla terra dell'arte, e quantunque la sua natura di sol-
dato del forte Piemonte non fosse solleticata dai vezzi delle arti
rappresentative, pure egli sentì di dovere por mente ad esse, che
pure composero le gemme nella corona d'Italia.

Sin dal 1868, quand'ancora era Principe ereditario, Umberto I
istituì un premio annuale per i pittori che esponevano le loro
tele all'Accademia di belle arti di Brera in Milano; e quel premio
mantenne quando salì al trono, e fece triplice allora che le espo-
sizioni divennero triennali. Non pago di ciò, a incoraggiamento
de' giovani artisti, acquistò in quelle, come in tutte le esposizioni d'arte, le opere designate
degne della liberalità sovrana, e di alcune, tra le più belle, fece dono a Gallerie nazionali.
Chiamò a sè gli artisti che primeggiarono, o fece ricerca delle opere loro; così che nei ricordi
del fiore de' nostri artisti, anche dei più giovani e audaci, vi è la pagina della munificenza
regale. Ebbe caro il Favretto, al Michetti commise il proprio ritratto, dal Gemito aspettava
un'opera gloriosa.

De' tesori artistici della Casa Reale Umberto I fu gelosissimo conservatore : avrebbe
donata facilmente una cospicua somma piuttosto che un quadro, una statua, un oggetto che
fosse avito ricordo. E tuttavia, allora che l'onorare la memoria di un grande era debito,
Umberto I prestava gentilmente ogni sua cosa a quello scopo. Per la Esposizione del Tasso
dette il quadro pietosissimo del Celentano; per l'altra del Favretto, alcuni gioielli del maestro ;
e quando Anversa, nell'anno scorso, festeggiò il centenario di Antonio van Dyck, e tutt' Italia
si rifiutava di prender parte alla festa del Belgio, per non mettere al rischio de' viaggi opere
di gran pregio, e lo stesso Governo non favoriva il buon volere dei Comitati dell'Esposizione,
Umberto I sentì che l'Italia, artistica nutrice del Van Dyck, doveva essere rappresentata
alle solenni onoranze di Anversa, e inviò parecchi disegni di quel maestro serbati nella Reale
Biblioteca di Torino. In seguito, al principio di quest'anno, Londra volle gareggiare con la
patria dell'artista, nel raccogliere i tesori dell'arte del Van Dyck, e quei disegni furono con-
cessi di nuovo ed esposti con onore.

Nel 1898, durante la Esposizione nazionale di Torino, altri disegni della stessa bellissima
raccolta furono, per volere del Sovrano, esposti al pubblico nella Pinacoteca Sabauda. Egli
divisò di far pubblicare degnamente i fogli più preziosi di quella collezione, così com'ebbe
desiderio di vedere in assetto le stampe e i disegni del palazzo di Capodimonte, e ne affidò
l'incarico all'illustre conte Santorre di Santarosa, sapiente quanto modesto signore.

La Galleria Pitti aveva una scala non confacente alla solennità del luogo, e il suo vesti-
bolo era da molti anni rivestito da legno e da tele, secondo il modello accademico del Poccianti:

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L'Arte. Ili, 40.
 
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