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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 3.1900

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Fasc. 1-4
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Toschi, G. B.: Lelio Orsi da novellara pittore es architetto (1511 - 1587)
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https://doi.org/10.11588/diglit.24145#0053

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Fregio di Lelio Orsi. Canonica della chiesa di Querzola (provincia di Reggio Emilia)

con la testa sogghignante di donna, fasciata da bende, come nel fregio di Modena: sono
umane anche le braccia muscolose e il seno abbondante, ma il resto del corpo diviene quello
d'un panciuto mammifero che allatta un capretto, il quale si curva a poppare con posa osser-
vata dal vero. La coda del mostro, sviluppandosi smisuratamente, si trasforma in una larga
voluta a bei fogliami, la quale, girando su sè stessa, termina col trasformarsi in un nuovo
mostro, a cui non si saprebbe che nome dare: esso con le zampe viene a posare sull'estre-
mità della voluta, ove questa prende origine dalla coda del primo mostro, ed allunga il
muso ad annusare il didietro d'un terzo mostro che sta sulla groppa del primo, e si contrae
ed apre la bocca al contatto di quel muso ! Il disegno termina con parte d'un quarto mo-
stro, che, per la bizzarria delle membra e dell'atteggiamento, riesce troppo difficile descri-
vere: diremo solo che attorno alla testa umana si vede accennata la benda tanto ripetuta
dall' Orsi. Aggiungeremo inoltre che le mani del primo mostro hanno dita allungate e di
forma incerta, che ricordano quelle già segnalate in due Madonne del medesimo artista.

Nella cornice 517 è dato a Polidoro da Caravaggio un disegno col n. 1620, che forma
incontestabilmente la continuazione dei due precedenti : è la stessa tecnica, le stesse volute a
fogliami taglienti, lo stesso stile, la stessa bizzarria, la stessa cornicetta o listello che li ter-
mina in alto ; e siccome vennero eseguiti su pezzi di carta di misura un po' diversa (qualche
centimetro), per adattarli all'esecuzione in grande, si quadrettarono tutti e tre, ma con qua-
drettature diverse per portarli ad una medesima scala. Qui vi ha dunque la continuazione
delle medesime volute, in mezzo alle quali si osserva un uomo dalle membra atletiche,
appena coperte da una pelle che gii scende da una spalla: esso s'arrabatta a vangare, ma
sembra mal pratico nella bisogna, e fa supporre che sia Adamo. Dietro a lui è accasciata
a terra, nella desolazione, una figura che nasconde la faccia fra le palme, e sta così curva
che le gomita oltrepassano i polpacci delle gambe incrociate, formando così un singolare
aggruppamento di membra poderose: sarà forse Eva, sebbene la capigliatura non sembri
femminile. C'è anche un bambino che si mette le dita in bocca, comodamente adagiato,
come in una culla, nel cespo di foglie con cui termina una voluta. Entro un'altra voluta,
con la quale s'intreccia, siede una figura di giovane anche più colossale di quella d'Adamo,
col capo incoronato di foglie e i capelli ravvolti di dietro, come nelle statue dell'antichità:
le coscie villose accennano a trasformarsi nelle estremità caprine di fauno, il che viene con-
fermato dal turcasso pieno di frecce che gli spunta contro il fianco. Dietro di esso s'intrav-
vedono nel fondo due nudi coricati a terra, col petto arcato in alto e la testa abbandonata
all'indietro: sembrano un uomo e una donna dormenti a fianco l'uno dell'altro!

La strana mescolanza di figure dal significato incerto continua in due altri disegni del
medesimo fregio, ora esposti in Francia, nel Museo di Lilla, ove però sono assegnati a
Giovanni da Udine. Vi si ripetono tutti i caratteri stilistici, e anche materiali, propri dei
disegni di Firenze, compresa la cornicetta in alto e la reticolatura. In uno è rappresentato,
fra le solite volute, il peccato di Adamo ed Eva, reso ornamentale in modo stranissimo.

L'Arte. Ili, 3.
 
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