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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 3.1900

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Fasc. 1-4
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Miscellanea
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https://doi.org/10.11588/diglit.24145#0222

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MISCELLANEA

tableaux du Roy, etc. Paris, 1752, voi. II, pag, 143)
e tanti altri che è inutile qui ricordare. Anche am-
messo che questi quadri non siano autentici, resta
però sempre che la tradizione artistica antica ammet-
teva l'uso del rame nelle scuole italiane anche per la
prima metà del secolo xvi.

Il Morelli scrisse; « A me non è noto alcun qua-
dro italiano della prima metà di quel secolo » che
sia su rame. Ebbene, io apro il Catalogo della Gal-
leria di Dresda, e al n. 78 antico e 91 moderno trovo
un piccolo rame dipinto da Polidoro da Caravaggio,
morto nel 1543.

Nello stesso catalogo al n. 153 antico e 170 recente,
trovo una Maddalena su rame, di Correggio, morto
nel 1534.

Nell'ultimo Catalogo della Galleria degli Uffizi
(Firenze, 1899, pag. 178, n. 1004), trovo una Vergine
col Bambino, dipinta su rame dal Parmigianino, morto
nel 1540.

Nello stesso Catalogo (pag. 200, n. 1209) trovo
una Pietà dipinta su rame e firmata da Angelo Bron-
zino, che nacque nel 1502. E basti.

Diremo forse con 1' Habich (Vade-mecum, ecc., I,
pag. 57), che il quadretto di Polidoro perchè su rame
« n'est pas de Polidoro »? Sarebbe un circolo vizioso.

A me non consta che si elevino dubbi sui due ri-
cordati quadretti degli Uffizi. Del resto, dacché le
lastre di rame sul principio del Cinquecento erano
così facilmente cadute sotto gli occhi dei pittori, per
il divulgarsi dell' incisione, si ha da ritenere cosa im-
possibile che un pittore se ne valesse anche per l'arte
sua? Noi crediamo anzi che se ne dovesse valere. Il
fatto che l'uso del rame comincia a diffondersi alla
metà del secolo xvi,*fa supporre antecedenti tentativi;
una trasformazione nella tecnica pittorica non avviene
all'improvviso, e un uso non si fa comune in un giorno.

E perchè meravigliarsi se un pittore della prima
metà del Cinquecento usa qualche volta, sia pure per
eccezione, del rame, se proprio in quel tempo i pit-
tori si sbizzarrivano a dipingere e sulle tegole e sulla
ardesia, e sull'alabastro e fin sullo stagno? Gli antichi
teorici e trattatisti della pittura non hanno mai escluso
alcuna materia su cui dipingere, purché losse all'uopo
preparata. Così il Lomazzo {Idea del tempio della pit-
tura. Milano, Pontio, 1590, pag. 71), scriveva che:
« Il colorare ad oglio sopra qualunqite cosa al suo pro-
posito ordinata, rappresenta il principio, ecc. ». Ep-
però a ragione il De Mauri {L'amatore dì oggetti di
arte, ecc. Milano, Hoepli, 1897, pag. 74), scrisse:
« Una infinità di materie han servito indistintamente
agli artisti di ogni paese per dipingere... Il rame ha
servito indistintamente ai pittori di tutti i paesi come
il legno e la tela ».

Pavia. 12 febbraio 1900

Prof. Rodolfo Majocchi

del Museo civico di storia patria.

183

XXXVI. Circa i cartellini del Giambellino. —

Giovanni Morelli scrisse che « tutti i cartellini del Giam-
bellino in carattere italico sono in generale falsi ; e che
nelle iscrizioni autentiche, apposte da lui stesso ai suoi
quadri, l'una delie due L è sempre fatta più alta del-
l'altra, e solo nei cartellini ritoccati la L più alta non
di rado venne accorciata dal restauratore, cosicché tutte
e due le L hanno, giusta le regole dei calligrafi, la me-
desima altezza». È vero? G. P.

Risposta: Non è vero, osservandosi, in alcune opere
di Giambellino indiscutibilmente autentiche, la seconda
L non ritoccata, e pure di altezza uguale alla prece-
dente. I seguaci di Giambellino usarono, specialmente
nelle opere eseguite sotto la sua direzione o nella sua
bottega, di mettere nei loro quadri il nome del mae-
stro; e qualora si raccogliessero quelle iscrizioni in tanti
gruppi, secondo la loro differente forma calligrafica,
si potrebbero anche distinguere gli scolari di Giambel-
lino, meglio che si sia fatto sin qui. Ma il criterio della
seconda L più alta della prima servirebbe solo forse a
distinguere le opere più antiche di Giambellino e men
lontane di tempo da quelle di Jacopo suo padre.

O. M.

XLI. Avori carolingi del Museo del Louvre.

— Nelle due scene in alto delle coperte d'avorio esi-
stenti nel Museo del Louvre, ascritte ai tempi caro-
lingi, il Westwood ha supposto che sia rappresentato
il Cristo in atto di predicare a sei apostoli. È proprio
così? G. B.

Risposta: Se si tratta della coperta di una bibbia,
ove il Westwood riconobbe la rappresentazione della
predica del Cristo a sei apostoli, ci pare chiaro che
invece si vedano gli scriba avanzantisi verso un per-
sonaggio con clamide agrafata sulla spalla destra e
attorniato da guardia palatina. È la rappresentazione
medesima che è ripetuta nelle miniature delle bibbie
di Carlo il Calvo e nel suo salterio della Biblioteca
Nazionale di Parigi. Accanto agli scriba si vede uno
sgabello a tre piedi su cui è collocato il calamaio, e
un altro sgabello nella stessa forma si vede nel sal-
terio di Carlo il Calvo, là ove si raffigura San Giro-
lamo in atto ci ' intingere la penna in un calamaio. La
scena degli amanuensi che ricevono l'ordine di scri-
vere il libro sacro del principe fa riscontro perfetta-
mente all'altra della seconda coperta, ove i monaci
recano, dedicano e consegnano al principe il libro
stesso. A. V.

Domande replicate.

XLV. Un ritratto del Velasquez. — Oltre il po-
tentissimo ritratto del ruvido e saturnale Innocenzo X,
Casa Doria possiede l'abbozzo del ritratto d'un fan-
ciullo, che fu attribuito a Van Dyck. Anni fa il prin-
cipe Doria, accogliendo un'ipotesi che io espressi,
sostituì al dipinto il nome del Velasquez, e la stessa
 
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