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ADOLFO VENTURI
serpentelli sul capo, e con un altro manigoldo ancora, che pare tutto sgangherato, tanto è
10 sforzo da lui fatto per stringere con la grossa fune il corpo divino. A sinistra c'è Pilato
chiuso nel grosso soprabito e dall'aspetto stupido, e gli è vicino un paggio che tiene con
ambe le mani l'impugnatura della spada puntata a terra; a destra stanno un guerriero e
un elegante alabardiere, che con una mano si appoggia all'alabarda e con l'altra a un fianco.
Ci sono le forti, massiccie figure del Sodoma in questa parte della predella, come nelle altre
due, non ancora esposte nella Galleria di Budapest, rappresentanti il Cristo che porta la
croce, e il bacio di Giuda.
Altri quadri toscani mostrano già per aperti segni la decadenza: Y Adorazione ai Pastori,
del Bronzino, tanto prossima all'arte di Francesco Ubertini, detto il Bacchiacca, rivelante
l'amore stesso di quest'artista per gli azzurri e i violetti, e particolare grazia negli angioli
che volano all'ingiù, movendosi come a danza; e nell'angioletto biancovestito, che là ove
più si addensa l'azzurra notte cala con le ali e le braccia aperte, verso la vetta d'un monte,
per invitare un pastore all'adorazione dell'aspettato delle genti.
Angiolo Bronzino col suo fare più caratteristico si vede nella Venere con Cupido e ge-
metti, i quali teng'ono maschere; la dea fugge un mostro anguicrinito e a cui esce dalla bocca
una serpe. Ella è una donnona di stucco, Cupido è un ragazzo lungo lungo di stucco; tutte
le figure, insomma, sembrano dipinte per l'apparato di un carro carnevalesco. A queste, può
dirsi, fanno seguito le tre Grazie, del Vasari, che hanno perduto ogni grazia. Si sono fatte
virili, e Cupido porta loro il caduceo di Mercurio e avvizzite rose in dono: quella di destra
si move a fatica, e invece che a danza va, a penitenza ; l'altra di sinistra pare una figlia infelice
di Niobe; la compagna di mezzo è una grossa cuciniera per metà vestita, che si presenta col
busto e un sottanino. Così le Grazie si erano trasformate nell'età che il Taine ed altri riguar-
darono come aurea. Questi critici però, nel giudicare a quel modo, videro l'arte italiana traverso
le lenti dell'antiquario ; questi accademici non sentirono il linguaggio dell'arte nuova, perchè
furono tutti assorti negli echi delle frasi classiche. Eppure quando l'arte fu satura di clas-
sicismo perdette il sentimento cristiano, la passione, l'anima moderna; così che fu decadenza
11 cosidetto Rinascimento. Rinasce ciò che è morto; ma l'arte italiana che aveva vissuto
tanti secoli trionfante, non era una mummia di Lazzaro nella sua edicoletta sepolcrale.
Invecchiò, decadde, quando vestì forme di tempi lontani, e si fece scimmia dell'antico. Allora
la stanchezza invase le membra, fattesi pesanti delle figure umane sfiorite. Quelle tre Grazie
ne sono un esempio evidente; e Amore non poteva loro porgere più se non rose avvizzite.
Proprio quando il Vasari dipingeva quel quadro si era chiuso il ciclo glorioso dell'arte italiana.
Adolfo Venturi.
ADOLFO VENTURI
serpentelli sul capo, e con un altro manigoldo ancora, che pare tutto sgangherato, tanto è
10 sforzo da lui fatto per stringere con la grossa fune il corpo divino. A sinistra c'è Pilato
chiuso nel grosso soprabito e dall'aspetto stupido, e gli è vicino un paggio che tiene con
ambe le mani l'impugnatura della spada puntata a terra; a destra stanno un guerriero e
un elegante alabardiere, che con una mano si appoggia all'alabarda e con l'altra a un fianco.
Ci sono le forti, massiccie figure del Sodoma in questa parte della predella, come nelle altre
due, non ancora esposte nella Galleria di Budapest, rappresentanti il Cristo che porta la
croce, e il bacio di Giuda.
Altri quadri toscani mostrano già per aperti segni la decadenza: Y Adorazione ai Pastori,
del Bronzino, tanto prossima all'arte di Francesco Ubertini, detto il Bacchiacca, rivelante
l'amore stesso di quest'artista per gli azzurri e i violetti, e particolare grazia negli angioli
che volano all'ingiù, movendosi come a danza; e nell'angioletto biancovestito, che là ove
più si addensa l'azzurra notte cala con le ali e le braccia aperte, verso la vetta d'un monte,
per invitare un pastore all'adorazione dell'aspettato delle genti.
Angiolo Bronzino col suo fare più caratteristico si vede nella Venere con Cupido e ge-
metti, i quali teng'ono maschere; la dea fugge un mostro anguicrinito e a cui esce dalla bocca
una serpe. Ella è una donnona di stucco, Cupido è un ragazzo lungo lungo di stucco; tutte
le figure, insomma, sembrano dipinte per l'apparato di un carro carnevalesco. A queste, può
dirsi, fanno seguito le tre Grazie, del Vasari, che hanno perduto ogni grazia. Si sono fatte
virili, e Cupido porta loro il caduceo di Mercurio e avvizzite rose in dono: quella di destra
si move a fatica, e invece che a danza va, a penitenza ; l'altra di sinistra pare una figlia infelice
di Niobe; la compagna di mezzo è una grossa cuciniera per metà vestita, che si presenta col
busto e un sottanino. Così le Grazie si erano trasformate nell'età che il Taine ed altri riguar-
darono come aurea. Questi critici però, nel giudicare a quel modo, videro l'arte italiana traverso
le lenti dell'antiquario ; questi accademici non sentirono il linguaggio dell'arte nuova, perchè
furono tutti assorti negli echi delle frasi classiche. Eppure quando l'arte fu satura di clas-
sicismo perdette il sentimento cristiano, la passione, l'anima moderna; così che fu decadenza
11 cosidetto Rinascimento. Rinasce ciò che è morto; ma l'arte italiana che aveva vissuto
tanti secoli trionfante, non era una mummia di Lazzaro nella sua edicoletta sepolcrale.
Invecchiò, decadde, quando vestì forme di tempi lontani, e si fece scimmia dell'antico. Allora
la stanchezza invase le membra, fattesi pesanti delle figure umane sfiorite. Quelle tre Grazie
ne sono un esempio evidente; e Amore non poteva loro porgere più se non rose avvizzite.
Proprio quando il Vasari dipingeva quel quadro si era chiuso il ciclo glorioso dell'arte italiana.
Adolfo Venturi.