264 VALENTINO LEONARDI
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O Steinmann dona a Paolo Romano due putti che reggono lo
stemma di Pio II sovra un architrave nel piccolo cortile detto del
Maresciallo,1 nel palazzo Vaticano. Sono due ignudi fanciullotti
dalle gambe brevi e dalla grossa testa lunga. L'uno ha i capelli
a ciocche lunghe e guizzanti, l'altro a piccole ciocche inanellate;
in entrambi l'orecchio è grande, la fronte ampia, il naso piccolo,
gli occhi lunghi, la linea delle ossa orbitali forte. La bocca è lar-
ghissima, largo il mento, e grasso il collo : anche il seno è muliebre,
ed il corpo è stretto alle anche: nella coscia i muscoli sono slo-
cati; nelle gambe l'adipe nasconde la noce del piede: nel piede le
dita sono a pena distinte ; le mani, piccole e quasi prive del polso, hanno le dita lunghette e le
unghie larghe: le ali poi sono aperte, svelte, senza alcun lembo acuto e senza alcun margine
arrovesciato. Nella striscia leggera di panni che copre i piccoli geni dalle spalle fino al pube,
nell'altra che raccoglie la corona, negli stessi nastri della corona, da per tutto, la piega è
frequente e trita, facile e delicata. Essa, come già l'attitudine di moto, il volto ridente, i capelli
condotti a lunghe ciocche, il collo grosso distinto di varie collane, il malleolo celato nell'adipe
potrebbe esser l'opera di un cattivo scalpellino toscano, un di que' tanti che tentavano d'imi-
tare l'arte immensa di Donatello. Ma vi ha un documento. L'architrave reca la scritta PIVS •
PP ■ II • M • CCCC • LX ; ora, una memoria citata dal Bertolotti e dal Muntz ed un registro
della contabilità pontificia agli 11 di luglio di quell'anno parlano di dieci ducati dati a Maestro
Pauolo et compagni per fattura dell'architrave per la prima porta che va in tinello con l'arma
di N. S. e per colori e oro. Questo documento è solo, tranne quelli riferentisi ad Isaia, che
parli di compagni; e la cosa, ci sembra, dovrebbe dare a pensare. In fondo, appare che Paolo
teneva un'impresa, e la frase nuova del documento e le ragioni stilistiche possono bene
far credere che qui abbia lavorato qualche aiutante del maestro.
Altri lavori erano condotti da Paolo di Mariano nel palazzo apostolico: al 25 di gen-
naio la testa di Pio II posta sopra una porta nuova, e al 13 di settembre l'arma marmorea
del pontefice sotto il padiglione di quell'ingresso. In questo giorno medesimo il maestro
era pure retribuito del camino da lui compiuto nella camera papale.
Negli stessi anni compieva opere fuori del Vaticano: furono già rammentati i projetti da
bombarda da lui, insieme con Isaia da Pisa, finiti ai 3 di novembre 1460. Poi, nel 1461, ai
13 di luglio, aveva donato il Pontefice di due teste in forma di fanciulle, ed era a sua volta
stato regalato di 25 ducati; nel 1462 scolpiva le due effigie di legno di Sigismondo Malatesta,
che vennero bruciate su la piazza di San Pietro.
ARE strano, ma tutte le statue di Paolo giunte alla posterità hanno avuto
una lieta sorte: ciascuna ha trovato il suo luogo, il cantuccio adatto alla
sua propria natura e al suo proprio valore. Guardate: la statua di San Gia-
como degli Spagnuoli, di cui tra breve discorreremo, è un mozzicone brutto,
informe, ebbene, il caso ha voluto che essa scendesse dal pinacolo di un
frontone nelle cantine di una chiesa o nell'armadio di una sacristia; le statue
degli Apostoli, quella del SantAndrea Vaticano, sono tra le opere più disaggradevoli del
Maestro, ed eccole là ficcate in un andito dove nessuno, o solo fuggevolmente, le nota; la
figura del San Paolo al Ponte Sant'Angelo è la maggiore non solo, ma la più dignitosa dello
1 Vedi Steinmann, Roma nel Quattrocento.
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O Steinmann dona a Paolo Romano due putti che reggono lo
stemma di Pio II sovra un architrave nel piccolo cortile detto del
Maresciallo,1 nel palazzo Vaticano. Sono due ignudi fanciullotti
dalle gambe brevi e dalla grossa testa lunga. L'uno ha i capelli
a ciocche lunghe e guizzanti, l'altro a piccole ciocche inanellate;
in entrambi l'orecchio è grande, la fronte ampia, il naso piccolo,
gli occhi lunghi, la linea delle ossa orbitali forte. La bocca è lar-
ghissima, largo il mento, e grasso il collo : anche il seno è muliebre,
ed il corpo è stretto alle anche: nella coscia i muscoli sono slo-
cati; nelle gambe l'adipe nasconde la noce del piede: nel piede le
dita sono a pena distinte ; le mani, piccole e quasi prive del polso, hanno le dita lunghette e le
unghie larghe: le ali poi sono aperte, svelte, senza alcun lembo acuto e senza alcun margine
arrovesciato. Nella striscia leggera di panni che copre i piccoli geni dalle spalle fino al pube,
nell'altra che raccoglie la corona, negli stessi nastri della corona, da per tutto, la piega è
frequente e trita, facile e delicata. Essa, come già l'attitudine di moto, il volto ridente, i capelli
condotti a lunghe ciocche, il collo grosso distinto di varie collane, il malleolo celato nell'adipe
potrebbe esser l'opera di un cattivo scalpellino toscano, un di que' tanti che tentavano d'imi-
tare l'arte immensa di Donatello. Ma vi ha un documento. L'architrave reca la scritta PIVS •
PP ■ II • M • CCCC • LX ; ora, una memoria citata dal Bertolotti e dal Muntz ed un registro
della contabilità pontificia agli 11 di luglio di quell'anno parlano di dieci ducati dati a Maestro
Pauolo et compagni per fattura dell'architrave per la prima porta che va in tinello con l'arma
di N. S. e per colori e oro. Questo documento è solo, tranne quelli riferentisi ad Isaia, che
parli di compagni; e la cosa, ci sembra, dovrebbe dare a pensare. In fondo, appare che Paolo
teneva un'impresa, e la frase nuova del documento e le ragioni stilistiche possono bene
far credere che qui abbia lavorato qualche aiutante del maestro.
Altri lavori erano condotti da Paolo di Mariano nel palazzo apostolico: al 25 di gen-
naio la testa di Pio II posta sopra una porta nuova, e al 13 di settembre l'arma marmorea
del pontefice sotto il padiglione di quell'ingresso. In questo giorno medesimo il maestro
era pure retribuito del camino da lui compiuto nella camera papale.
Negli stessi anni compieva opere fuori del Vaticano: furono già rammentati i projetti da
bombarda da lui, insieme con Isaia da Pisa, finiti ai 3 di novembre 1460. Poi, nel 1461, ai
13 di luglio, aveva donato il Pontefice di due teste in forma di fanciulle, ed era a sua volta
stato regalato di 25 ducati; nel 1462 scolpiva le due effigie di legno di Sigismondo Malatesta,
che vennero bruciate su la piazza di San Pietro.
ARE strano, ma tutte le statue di Paolo giunte alla posterità hanno avuto
una lieta sorte: ciascuna ha trovato il suo luogo, il cantuccio adatto alla
sua propria natura e al suo proprio valore. Guardate: la statua di San Gia-
como degli Spagnuoli, di cui tra breve discorreremo, è un mozzicone brutto,
informe, ebbene, il caso ha voluto che essa scendesse dal pinacolo di un
frontone nelle cantine di una chiesa o nell'armadio di una sacristia; le statue
degli Apostoli, quella del SantAndrea Vaticano, sono tra le opere più disaggradevoli del
Maestro, ed eccole là ficcate in un andito dove nessuno, o solo fuggevolmente, le nota; la
figura del San Paolo al Ponte Sant'Angelo è la maggiore non solo, ma la più dignitosa dello
1 Vedi Steinmann, Roma nel Quattrocento.