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VALENTINO LEONARDI
mantello e la tunica, confondendosi in un unico corpo, rendono alla statua una sagoma di
mummia.
Abbiamo detto che questa ci pareva un'opera giovanile di Paolo e la nostra supposi-
zione sarebbe avvalorata da questo, che la ricostruzione di San Giacomo degli Spagnuoli fu
cominciata dal vescovo Paradinas intorno al 1450, appunto quando Paolo cominciava a farsi
nome, e che anche il fregio sotto il timpano è verosimilmente, specie per la natura del rilievo,
opera di scuola romana. Tale supposizione potrebbe giovare a riempire quella lacuna che vi
è nella vita del Maestro negli anni dal 1451 al 1458, ma non ci dissimuliamo d'altra parte che
contro di noi vi sono due argomenti di molta importanza: questo dedotto dal fatto che sotto
quella statua, in quel timpano, corse la sfida tra Paolo di Mariano e Mino da Fiesole nel
tempo dei lavori alla loggia della Benedizione, e probabilmente nel 1463, e che quindi è facile
che in quel tempo appunto Paolo lavorasse alla chiesa l'altro derivato dalla stessa natura
artistica del Maestro. Di Paolo, Giorgio Vasari lasciò scritto che amava lavorar poco e bene:
ed è esattissimo. Lo scultore romano non era un genio, ma un uomo di molto ingegno, solo
guastato dalla scarsa educazione artistica, che egli, in egual modo favorito dalla fortuna, non
curò di approfondire ; il suo lavoro è buono soltanto quando è condotto con gran diligenza,
così che negli anni appunto tra il 1460 e il 1464, quando è oppresso da ordinazioni, perde
sovente la testa e va dal San Paolo del Vaticano a quello di Ponte Sant'Angelo, dal
Sant'Andrea del Ponte Milvio a quello di San Pietro. Succede pertanto di lui quel che di
tutti gli artisti minori : difficilissimo stabilir la data delle opere quando non concorra esame
di documento o altra notizia di fatto. E la difficoltà diventa ancora maggiore quando, come
qui, si tratta di un'opera che per la sua destinazione poteva piuttosto apparire come un ele-
mento decorativo e perciò più facilmente trascurabile.
* * *
ONTESA fu in Roma fra Paolo di Mariano e Mino da Fiesole, 1 e,
appunto ingannato da questa memoria, il Vasari inventava la fiaba
dello scultor dal Reame. La sfida dovè correre senza dubbio a'tempi
de' lavori intorno al pulpito della Benedizione, quando Mino, gio-
vane, consapevole del suo ingegno — come giovane facile nel giu-
dizio e altero nelle parole — in vedere quello scultore amato dalla
Fortuna che trattava in modo così grosso il marmo e faceva solenni
figure di santi massicci, dovè rimanere a un tempo, punto di mera-
viglia e di dispetto. Non è difficile imaginare come i contatti del
lavoro comune, le stanchezze dei muscoli, la polvere della terra che arde la gola, la polvere
del marmo che acceca gli occhi e le impazienze e i pentimenti nell'opera dovessero a poco
a poco inasprire l'acredine già serpeggiante per gli animi ; chi non si figura i piccoli sor-
risi e le ciance dei garzoni e dei manovali e il susurro della voce pubblica : tutta la con-
giura degli uomini curiosi dell'odio di due uomini? Gli artisti trovarono le armi nei ferri
della loro bottega, chiusero il campo della disfida nel frontone di una chiesa, cresciuto sovra
un corteggio di teste alate di putti. L'angiolo di Mino spicca in un moto di volo, quello di
Paolo si adagia in un atto di quiete; e non è però una figura vana ripetere che la scoltura di
1 Sebbene lo Tschudi avesse già sospettato che sul l'Arte (anno 1889, pag. 467). Lo Gnoli assegna al fron-
frontone di San Giacomo degli Spagnuoli vi fosse svolta tone la data del 1463, perchè Mino, mentre si trovava
la disfida che tanto occupava il Vasari, pure il primo in Roma il 5 luglio di quell'anno, il 28 luglio 1464 era
che se ne occupò completamente e con vero intelletto già tornato in Firenze ; e noi non abbiamo ragione di
critico fu Domenico Gnoli nell'Archivio storico del- dissentire da lui.
VALENTINO LEONARDI
mantello e la tunica, confondendosi in un unico corpo, rendono alla statua una sagoma di
mummia.
Abbiamo detto che questa ci pareva un'opera giovanile di Paolo e la nostra supposi-
zione sarebbe avvalorata da questo, che la ricostruzione di San Giacomo degli Spagnuoli fu
cominciata dal vescovo Paradinas intorno al 1450, appunto quando Paolo cominciava a farsi
nome, e che anche il fregio sotto il timpano è verosimilmente, specie per la natura del rilievo,
opera di scuola romana. Tale supposizione potrebbe giovare a riempire quella lacuna che vi
è nella vita del Maestro negli anni dal 1451 al 1458, ma non ci dissimuliamo d'altra parte che
contro di noi vi sono due argomenti di molta importanza: questo dedotto dal fatto che sotto
quella statua, in quel timpano, corse la sfida tra Paolo di Mariano e Mino da Fiesole nel
tempo dei lavori alla loggia della Benedizione, e probabilmente nel 1463, e che quindi è facile
che in quel tempo appunto Paolo lavorasse alla chiesa l'altro derivato dalla stessa natura
artistica del Maestro. Di Paolo, Giorgio Vasari lasciò scritto che amava lavorar poco e bene:
ed è esattissimo. Lo scultore romano non era un genio, ma un uomo di molto ingegno, solo
guastato dalla scarsa educazione artistica, che egli, in egual modo favorito dalla fortuna, non
curò di approfondire ; il suo lavoro è buono soltanto quando è condotto con gran diligenza,
così che negli anni appunto tra il 1460 e il 1464, quando è oppresso da ordinazioni, perde
sovente la testa e va dal San Paolo del Vaticano a quello di Ponte Sant'Angelo, dal
Sant'Andrea del Ponte Milvio a quello di San Pietro. Succede pertanto di lui quel che di
tutti gli artisti minori : difficilissimo stabilir la data delle opere quando non concorra esame
di documento o altra notizia di fatto. E la difficoltà diventa ancora maggiore quando, come
qui, si tratta di un'opera che per la sua destinazione poteva piuttosto apparire come un ele-
mento decorativo e perciò più facilmente trascurabile.
* * *
ONTESA fu in Roma fra Paolo di Mariano e Mino da Fiesole, 1 e,
appunto ingannato da questa memoria, il Vasari inventava la fiaba
dello scultor dal Reame. La sfida dovè correre senza dubbio a'tempi
de' lavori intorno al pulpito della Benedizione, quando Mino, gio-
vane, consapevole del suo ingegno — come giovane facile nel giu-
dizio e altero nelle parole — in vedere quello scultore amato dalla
Fortuna che trattava in modo così grosso il marmo e faceva solenni
figure di santi massicci, dovè rimanere a un tempo, punto di mera-
viglia e di dispetto. Non è difficile imaginare come i contatti del
lavoro comune, le stanchezze dei muscoli, la polvere della terra che arde la gola, la polvere
del marmo che acceca gli occhi e le impazienze e i pentimenti nell'opera dovessero a poco
a poco inasprire l'acredine già serpeggiante per gli animi ; chi non si figura i piccoli sor-
risi e le ciance dei garzoni e dei manovali e il susurro della voce pubblica : tutta la con-
giura degli uomini curiosi dell'odio di due uomini? Gli artisti trovarono le armi nei ferri
della loro bottega, chiusero il campo della disfida nel frontone di una chiesa, cresciuto sovra
un corteggio di teste alate di putti. L'angiolo di Mino spicca in un moto di volo, quello di
Paolo si adagia in un atto di quiete; e non è però una figura vana ripetere che la scoltura di
1 Sebbene lo Tschudi avesse già sospettato che sul l'Arte (anno 1889, pag. 467). Lo Gnoli assegna al fron-
frontone di San Giacomo degli Spagnuoli vi fosse svolta tone la data del 1463, perchè Mino, mentre si trovava
la disfida che tanto occupava il Vasari, pure il primo in Roma il 5 luglio di quell'anno, il 28 luglio 1464 era
che se ne occupò completamente e con vero intelletto già tornato in Firenze ; e noi non abbiamo ragione di
critico fu Domenico Gnoli nell'Archivio storico del- dissentire da lui.