LE MINIATURE FERRARESI DELLA BIBLIOTECA VATICANA
353
Fra i miniatori della Di-
vina Commedia egli è il primo
per forza di disegno e per armo-
nica disposizione delle compo-
sizioni. Le sue figure non hanno
più quel che di scarno, di an-
goloso dei Giraldi ; la strut-
tura ossea è ben disegnata, ma
anche convenientemente rico-
perta dalle carni che ne seguono
ogni movimento. Nel disegno
delle teste egli s'accosta mag-
giormente ai Giraldi: il cranio
ha la stessa forma larga alla
fronte ed aguzza al mento, gli
occhi le stesse palpebre pesanti,
il che può vedersi assai bene pa-
ragonando la storia dov'è Bocca
degli Abati (foglio 87) e quella
di maestro Adamo (foglio 81),
che sono di questo maestro,
con quelle dei ladri di Gu-
glielmo (foglio 66 v.).
Come ho già detto, questo
miniatore ci si presenta per la
prima volta in una scena ter-
ribile (Divina Commedia, fo-
glio 7 5). Dante e Virgilio discor-
rono coi falsi profeti; l'orrore
delle piaghe sanguinanti è an- „. „ , _ ,„
. Fig. 7 — Franco de Russi (?)
che maggiore su quei corpi, che »„• • , , ,• ,. ,
00 ^ r Miniatura nel codice urbinate lat. 365, fol. 115
il miniatore suole sempre dipin- (Biblioteca Vaticana)
gere pallidissimi. E l'impres- Divina Commedia: Sordello {Purg., VII, 1-36)
sione dolorosa che fanno quegli
squarci è molto più crudele su quelle membra delicate, che paiono incapaci a sopportare il
minimo dolore, che non sui corpi adusti ma di color vivo e sano di Guglielmo e dei suoi scolari.
Sin dalla sua prima miniatura questo maestro ci si presenta con tutte le sue qualità,
e la sua opera porta come un soffio di nuova vita nel libro. Le forme si fanno più ampie,
i colori in genere più pallidi, egli è anzi veramente il maestro del pallore, sicché per ora
convenzionalmente lo chiamerò maestro Pallido. Le carni delle sue figure hanno ombre ver-
dastre, le rupi ombre violacee ; egli segna fortemente i contorni ed è di una minuzia estrema
nel tracciare esattamente i peli delle barbe e delle capigliature.
Il sottilissimo suo pennello giunge sino nelle parti più nascoste degli occhi, e spesso
egli s'indugia a tracciare minuziosamente le giunture delle braccia e delle g'ambe, tutte le
particolarità degli scheletri di sotto alla pelle, compiendo l'opera mediante un mirabile accordo
del colore e del disegno.
Quando egli si accontenta di disegnare e lascia agli allievi la cura di colorire, come
nella prima storia colla rappresentazione degli idropici (foglio 80 v.), il colore nasconde subito
le finezze del disegno e non rimane intatto che il profilo delle figure. Nel comporre queste
scene degli idropici, a fogli 80 v. e 81, il miniatore si è veramente studiato di rappresen-
tare colla maggiore efficacia possibile i tormenti dei dannati. Le figure lunghe, stecchite,
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Fra i miniatori della Di-
vina Commedia egli è il primo
per forza di disegno e per armo-
nica disposizione delle compo-
sizioni. Le sue figure non hanno
più quel che di scarno, di an-
goloso dei Giraldi ; la strut-
tura ossea è ben disegnata, ma
anche convenientemente rico-
perta dalle carni che ne seguono
ogni movimento. Nel disegno
delle teste egli s'accosta mag-
giormente ai Giraldi: il cranio
ha la stessa forma larga alla
fronte ed aguzza al mento, gli
occhi le stesse palpebre pesanti,
il che può vedersi assai bene pa-
ragonando la storia dov'è Bocca
degli Abati (foglio 87) e quella
di maestro Adamo (foglio 81),
che sono di questo maestro,
con quelle dei ladri di Gu-
glielmo (foglio 66 v.).
Come ho già detto, questo
miniatore ci si presenta per la
prima volta in una scena ter-
ribile (Divina Commedia, fo-
glio 7 5). Dante e Virgilio discor-
rono coi falsi profeti; l'orrore
delle piaghe sanguinanti è an- „. „ , _ ,„
. Fig. 7 — Franco de Russi (?)
che maggiore su quei corpi, che »„• • , , ,• ,. ,
00 ^ r Miniatura nel codice urbinate lat. 365, fol. 115
il miniatore suole sempre dipin- (Biblioteca Vaticana)
gere pallidissimi. E l'impres- Divina Commedia: Sordello {Purg., VII, 1-36)
sione dolorosa che fanno quegli
squarci è molto più crudele su quelle membra delicate, che paiono incapaci a sopportare il
minimo dolore, che non sui corpi adusti ma di color vivo e sano di Guglielmo e dei suoi scolari.
Sin dalla sua prima miniatura questo maestro ci si presenta con tutte le sue qualità,
e la sua opera porta come un soffio di nuova vita nel libro. Le forme si fanno più ampie,
i colori in genere più pallidi, egli è anzi veramente il maestro del pallore, sicché per ora
convenzionalmente lo chiamerò maestro Pallido. Le carni delle sue figure hanno ombre ver-
dastre, le rupi ombre violacee ; egli segna fortemente i contorni ed è di una minuzia estrema
nel tracciare esattamente i peli delle barbe e delle capigliature.
Il sottilissimo suo pennello giunge sino nelle parti più nascoste degli occhi, e spesso
egli s'indugia a tracciare minuziosamente le giunture delle braccia e delle g'ambe, tutte le
particolarità degli scheletri di sotto alla pelle, compiendo l'opera mediante un mirabile accordo
del colore e del disegno.
Quando egli si accontenta di disegnare e lascia agli allievi la cura di colorire, come
nella prima storia colla rappresentazione degli idropici (foglio 80 v.), il colore nasconde subito
le finezze del disegno e non rimane intatto che il profilo delle figure. Nel comporre queste
scene degli idropici, a fogli 80 v. e 81, il miniatore si è veramente studiato di rappresen-
tare colla maggiore efficacia possibile i tormenti dei dannati. Le figure lunghe, stecchite,