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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 21.1918

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Fasc. 1
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Venturi, Adolfo: L' ambiente artistico urbinate nella seconda metà del Quatrocento
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https://doi.org/10.11588/diglit.17338#0061

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L'AMBIENTE ARTISTICO URBINATE NELLA SECONDA METÀ DEL '400 35

la testa devotamente, come la piega la Vergine, continuando Giovanni Santi, completando la
incrociando le mani con la stessa pace mistica che opera sua e del discepolo Evangelista di Piandi-
serbava ai piedi del Crocefisso, nel quadro di Pie- meleto, Apollo (fig. 10), e la musa Talia, ora nella
troburgo. Con pietà rassegnata Giovanni intreccia collezione Corsini a Firenze. Con le Muse legno-
le dita contemplando il morto Redentore. Le fi- sette di Giovanni Santi, dalle vesti cartacee e
gure sono adattate, con rara padronanza, allo i movimenti angolosi, Apollo e Talia formano
spazio del lunettonc, e conservano la bellezza
candida che loro diede il Perugino nel suo.tempo
migliore: la grazia dell'adolescente Giovanni, col
viso di fanciullo e l'ampia chioma aperta sul collo,
rimase certo impressa nella mente di Raffaello, che
la rievocò dipingendo gli angeli belli dell' Inco-
ronazione vaticana.

La campagna avvolta da ombre forti sembra
bruc'ata dal- sole che tramonta sfolgorando nello
spicchio di cielo, seconda lunetta entro la lunetta
della cimasa, e, lasciando nel buio la terra, lam-
peggia sui marmi del sarcofago, sul manto aureo
di Giovanni, sul braccio di Nicodemo, sul corpo
affranto di Cristo. Prima che l'arte del Perugino
finisse dissanguata nei manierismi del Cambio, e
quando già era cominciata la decadenza, essa
brillò per un attimo della sua antica luce nel
quadro che Raffaello vide e che fece rivivere, ani-
mandolo con le argentine voci della fanciullezza,
nella predella AeW Incoronazione vaticana. Il ricco
colore del Perugino s'accende più intenso negli
ardori e nelle ombre di quel tramonto.

Non parleremo della parte centrale, povera
copia con lievi varianti del quadro di Sinigallia,
con le sue arcate aperte, coi tre Santi per lato,
in simmetria, perfino con la stessa anfora sulla
base del trono. Da quella copia s'è fuggita la can-
dida luce, che era gloria dell'originale, l'ampiezza
dello spazio, la gentilezza delle imagini, la chia-
rezza delle proporzioni: non è rimasta se non la
larva della bella creazione: un tempio aperto, ma
sordo alla luce, abitato da bambolette dondolanti.
Così è della predella, che nomineremo a propo-
sito dell' Incoronazione di Raffaello: i cinque scom-
parti, e specialmente quello dell' Annunciazione,
sono evidentemente umili rievocazioni del Perugino
in uno dei suoi momenti più felici. Quando Raf-
faello cercherà un'ispirazione per l'Annunciazione
vaticana, non ricorrerà all'altra lasciata da Pier

della Pieve a Fano, perchè, certo, la mancanza di Fig. 10 ;— Timoteo della "Vite : Apollo,

chiarezza e le arcaiche rievocazioni dovevano ur- Firenze, Galleria Corsini. — (Fot. [Brogi).

tare l'equilibrio profondo che già traluceva nelle

fresche opere del giovane, bensì allo scomparto, contrasto per le dolci cadenze delle linee, la mor-
mal dipinto dal piccolo Andrea, ma arioso per la bidezza del colore translucido, il languore dell'at-
bella triplice fuga di arcate. teggiamento. A Urbino, che aveva veduto il natu-

ralismo materialistico di un Giusto di Gand, le

* # !fc

forme architettoniche cristalline di Piero, 1 tra-
A lavorare in Urbino venne anche, da Bologna, sporti enfatici di Melozzo, le violenze signorel-
l'urbinate Timoteo della Vite educato alla scuola liane, e che era abituata agli accenti rudi spezzati
del Francia. E per il duca Guidobaldo dipinse, di un Giovanni Santi, dovette risuonare ignota
 
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