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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 21.1918

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Fasc. 2
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Bollettino bibliografico
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https://doi.org/10.11588/diglit.17338#0164

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138

BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO

tori della prima metà del '400 in Firenze: Andrea, Domenico,
Paolo Uccello e Piero; più tardi anche di Alessio Baldovi-
netti. Ed è convincente, per più motivi, la congettura del
Berenson intorno all'influenza di Giovanni di Francesco
sulla formazione di Cosimo Rosselli.

35. Salmi (Mario), Una nuova opera di Filippo
Mazzola (Rass. d'arte, gennaio-febbraio 1917).

Si sapeva che il padre del Parmigianino aveva dipinto
nel '98 una pala, oggi perduta, per S. Domenico di Cremona.
Ma si conserva di lui in Cremona un'altra opera; e lo dimostra
il Salmi attribuendogli con ragione il mediocre tr'ttico del
Museo Ala Ponzone (n. 177), che riconferma le tendenze
alvisiane di Filippo Mazzola, e si può supporre dipinto nel-
l'ultimo decennio del quattrocento.

36. Foratti (Aldo), Un'opera sconosciuta di
Defendente Ferrari (Rass. d'arte, luglo-agcsto 1917).

Valeva davvero la pena di conoscere almeno di fotografia
quest'opera del smtuario provinciale di Piemonte, attribuita,
non senza qualche dubbio per parte d'altri, a Defendente.

L'Adorazione dei Magi, in possesso di privati a Torino, che
il Fcratti ci presenta con acconce parole, sarebbe più che ogni
altra disposta a farci percepire ciò che di solito sfugge a una
constatazione morfologica esatta, intendo la collateralità
fortissima anche del pittore di Chivasso con la scuola lom-
barda contemporanea, erede dei metodi estetici dell'interna-
zionalismo e della fantasiosa courtoisie trecentesca. La costru-
zione prospettica, i tentativi per un colorismo di superficie
alla « veneta », tutti insomma gli sforzi per tener dietro
alle conquiste della poesia visiva intellettuale e riflessa del
'400 italico, sono fumo e nebbia, di fronte alle reali qualità
che appaiono mirabilmente in certi brani del fondo, in pit-
tura pura, dove oltre porte ombrose, in piena luce d'esterno,
uomini ragionano immersi nell'atmosfera pura e vivida del-
l'oltresoglia di De Hooch, od anche dei miniatori del '300.

Il Foratti pensa che l'opera vada posta intorno al 1525-30;
noi forse un poco prima; ma occorrerà vederla.

37. De Nicola (G.), La Giuditta di Desiderio
e la Madonna Panciatichi di Desiderio (Rassegna
d'arte, settembre-ottobre 1917).

La rimozione, per ragioni di sicurezza, della Giuditta
dalla Loggia dei Lanzi e della Madonna di Desiderio dall'an-
golo di Palazzo Panciatichi permette di gustare meglio le due
opere.

Il De Nicola ne trae appiglio per rifare la storia della
destinazione originaria della Giuditta, poi per esaminare il
gruppo e sopratutto i bassorilievi della base più davvicino e
più acutamente che non sia stato fatto fin qui. L'esito di
questo esame condurrebbe a credere che la Giuditta sia non già
del periodo tardo ma del periodo medio dell'artista; così di-
mostrerebbero anche le ispirazioni da motivi classici dimo-
strate dal De N. per i bassorilievi della base. Riscontri
sottili sono anche portati fra quest'opera e parecchie del Buo-
narroti.

Per la Madonna Panciatichi Desiderio lasciò studi — come
dimostra abilmente l'autore — in un foglio degli Uffizi con

due Madonne sottilissime di tratto sommario e volante, at-
tribuite con poco fondamento a Donatello. I due disegni che
invece sono attribuiti a Desiderio nella raccolta degli Uffizi
(614, 615, 645) sono probabilmente di Francesco di Simone.

38. Filippini (Francesco), Ercole da Ferrara
ed Ercole da Bologna (Boll, d'arte, III-IV, 1917).

Studia ristudia, non c'è più Lrcole de Roberti ed Ercole
Grandi; ma solo Ercole da Ferrara, il grande quattrocentesco;
eppoi un Ercole da Bologna, parecchio più tardo, allievo del
Costa e del Francia che potrebbe essere Ercole Banci, e al
quale potrebbero forse attribuirsi alcune delle opere che fin
qui si attribuivano al Grandi.

Il Filippini si destreggia discretamente in quelle questioni
di « tira e molla » che sono le documentarie; ma quando
giunge alle questioni estetiche, che più ci riguardano in queste
sedi, non se ne fa più nulla.

La ricostruzione di Ercole de Reberti che il Filippini ritenta
servendosi delle copie parziali degli affreschi già nella cap-
pella Garganelli, ritrovate dal Berenson e dal Gamba, è al-
quanto infelice, poiché è troppo tardi per tornare al Vasari
attribuendo ad Ercole la predella del Cossa alla Vaticana,
e poco serio credere che la deposizione Blumenstihl sia una
copia del tardo cinquecento. Non hanno fondamento mag-
giore gli assaggi del Filippini per veder di riunire qualche
opera al nome di Ercole Barici, fra l'altre, l'Ascensione de'
Costa, qui, a San Nicola in Carcere.

39. Colasanti (Arduino)', Affreschi inediti di
Lorenzo d'Alessandro da Sanseverino (Rass. d'arte,
maggio-giugno 1917)-

Bernardo Berenson e Lionello Venturi hanno posto in
luce il valore rimarchevole di questo simpatico artista mar-
chigiano. Il Colasanti aggiunge al novero delle opere note di
lui una serie di begli affreschi nella Chiesetta della Maestà
presso Sanseverino, fra i quali quello rappresentante la Ma-
donna con S. Anna e il Bambino che il Colasanti vorrebbe,
per ragioni di vario peso, datare del 1478; sarebbe così la più
antica opera compiuta fino ad oggi di Lorenzo IL Ma a vero
dire il Presepe di San Lorenzo in Doliolo a Sanseverino ha
parvenze molto più gotiche che non l'affresco della Maestà.

Seguono considerazioni molto riflesse e pesate sullo stato
delle opinioni moderne intorno all'educazione di Lorenzo II,
e ai problemi delle relazioni fra quello e il Crivelli, l'Alunno,
Francesco di Gentile, ecc.

40. Beltrami (Luca), La pala d'altare nella
Chiesa di Santa Maria della Canonica in Milano
riconosciuta in una tavola al Museo del Louvre
(Rass. d'arte, maggio-giugno, 1917).

La tavola lombarda tutt'altro che trascurabile che pro-
venne al Louvre del Museo Campana, e rappiesenta con molta
solennità la Madonna col Bambino fra quattro Santi e un
committente, è sicuramente identificabile con quella attribuita
al Bramante che adornava l'aitar maggiore di S. Maria della
Canonica in Milano. Era infatti preposto di quella Chiesa
verso la fine del '400 quel « Frater Jacobus Lampugnanus »
il cui nome e la cui effigie si trovano nella pala del Louvre.
 
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