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ADOLFO VENTURI
dai Toscani a colpi di scalpello. Fra questi gran-
deggia l'architetto Luciano Làurana dalmata, con-
tinuatore delle forme del Brunellesco e di T.eon
Fig. 4. — Urbino. Palazzo Ducale.
Battista Alberti: egli eleva, sotto i giovani occhi
di Donato Bramante, la reggia di Federico da
Montefeltro, ne circonda il cortile d'un superbo
loggiato, e, avanti che profluvie d'ornati si ri-
versasse sul palazzo ducale, imprime grandezza
severa, attica eleganza nella purezza delle linee,
nella sobrietà decorativa, nei nitidi contorni.
Fra una fioritura artistica toscana ad Urbino nei
primi decenni della seconda metà del Quattro-
cento, non esattamente parallela alla fiorentina,
o, per meglio dire, non sincrona ad essa, ma piut-
tosto corrispondente alle [orme che a Firenze si
vestirono di purezza, di cristallina'semplicità nella
prima metà di quel secolo. Nel raccogliersi ad
Urbino, le vecchie forze di grandezza eroica si
illuminarono di tutta la loro luce: lontane dal
luogo d'origine, sprigionarono ancora LI' primiero
impeto creativo dell'arte fiorentina. Vennero
prima i pittori, Pier della Francesca e Paolo Uc-
cello: quegli fu seguito da Fra' Carnevale e da
Giovanni Santi, ed ebbe un grande continuatore
in Melozzo da Forlì. Di Fra' Carnevale, che, se-
condo la tradizione, aveva avuto gran preferenza
per le dipinte architetture, fu fatto il maestro di
Bramante; ma la tradizione, nata tardi, sopra una
ipotesi, non ha valore. Si può bene avvertire tut-
tavia che, quando Luciano Laurana divenne in-.
gegnere di Federico, le forme di Leon Battista Al-
berti, ch'egli richiamò, erano già diffuse dall'arte
pittorica ad Urbino, anche dagli sfondi delle com-
posizioni di Piero, il quale già a Rimini si era con-
formato alle architetture del tempio malatestiano.
Donato Bramante, più che ventenne, all'arrivo
di Luciano Laurana, doveva aver seguito l'arte
meglio rappresentata nella sua giovinezza a Ur-
bino, precorritrice di quel maestro nel disegno
architettonico, cioè l'arte pittorica di Piero della
Francesca e di Melozzo da Forlì, specialmente di
questo romagnolo giovane e ardente, i cui esem-
plari trasformarono perfino il fiammingo Giusto
di Gand, venuto di Fiandra con arazzieri all'ap-
pello di Federico da Montefeltro. Non sappiamo
la data del soggiorno di Melozzo a Urbino, ma
può credersi che cadesse verso il 1465, anno in
cui Piero, suo maestro, dipinse i ritratti del prin-
cipe e della sua consorte. Certo è che il Bramante
ricordò Melozzo negli uomini d'arme trescati in
casa Panigarola a Milano, rievocando forse la
decorazione di una sala dipinta dal Forlivese nella
reggia urbinate coi dodici paladini, che solevano
adornare le sedi signorili.
Di Melozzo a Urbino non rimangono più se
non un guasto Ciisto testé rimesso in luce, e ri-
F'g' 5 — Urbino. Palazzo Passionei.
cordi stampati su tutta l'arte urbinate: appunto
per questi ricordi, non lievi nè passeggeri, con-
viene supporre che egli abbia lasciato grandi saggi
ADOLFO VENTURI
dai Toscani a colpi di scalpello. Fra questi gran-
deggia l'architetto Luciano Làurana dalmata, con-
tinuatore delle forme del Brunellesco e di T.eon
Fig. 4. — Urbino. Palazzo Ducale.
Battista Alberti: egli eleva, sotto i giovani occhi
di Donato Bramante, la reggia di Federico da
Montefeltro, ne circonda il cortile d'un superbo
loggiato, e, avanti che profluvie d'ornati si ri-
versasse sul palazzo ducale, imprime grandezza
severa, attica eleganza nella purezza delle linee,
nella sobrietà decorativa, nei nitidi contorni.
Fra una fioritura artistica toscana ad Urbino nei
primi decenni della seconda metà del Quattro-
cento, non esattamente parallela alla fiorentina,
o, per meglio dire, non sincrona ad essa, ma piut-
tosto corrispondente alle [orme che a Firenze si
vestirono di purezza, di cristallina'semplicità nella
prima metà di quel secolo. Nel raccogliersi ad
Urbino, le vecchie forze di grandezza eroica si
illuminarono di tutta la loro luce: lontane dal
luogo d'origine, sprigionarono ancora LI' primiero
impeto creativo dell'arte fiorentina. Vennero
prima i pittori, Pier della Francesca e Paolo Uc-
cello: quegli fu seguito da Fra' Carnevale e da
Giovanni Santi, ed ebbe un grande continuatore
in Melozzo da Forlì. Di Fra' Carnevale, che, se-
condo la tradizione, aveva avuto gran preferenza
per le dipinte architetture, fu fatto il maestro di
Bramante; ma la tradizione, nata tardi, sopra una
ipotesi, non ha valore. Si può bene avvertire tut-
tavia che, quando Luciano Laurana divenne in-.
gegnere di Federico, le forme di Leon Battista Al-
berti, ch'egli richiamò, erano già diffuse dall'arte
pittorica ad Urbino, anche dagli sfondi delle com-
posizioni di Piero, il quale già a Rimini si era con-
formato alle architetture del tempio malatestiano.
Donato Bramante, più che ventenne, all'arrivo
di Luciano Laurana, doveva aver seguito l'arte
meglio rappresentata nella sua giovinezza a Ur-
bino, precorritrice di quel maestro nel disegno
architettonico, cioè l'arte pittorica di Piero della
Francesca e di Melozzo da Forlì, specialmente di
questo romagnolo giovane e ardente, i cui esem-
plari trasformarono perfino il fiammingo Giusto
di Gand, venuto di Fiandra con arazzieri all'ap-
pello di Federico da Montefeltro. Non sappiamo
la data del soggiorno di Melozzo a Urbino, ma
può credersi che cadesse verso il 1465, anno in
cui Piero, suo maestro, dipinse i ritratti del prin-
cipe e della sua consorte. Certo è che il Bramante
ricordò Melozzo negli uomini d'arme trescati in
casa Panigarola a Milano, rievocando forse la
decorazione di una sala dipinta dal Forlivese nella
reggia urbinate coi dodici paladini, che solevano
adornare le sedi signorili.
Di Melozzo a Urbino non rimangono più se
non un guasto Ciisto testé rimesso in luce, e ri-
F'g' 5 — Urbino. Palazzo Passionei.
cordi stampati su tutta l'arte urbinate: appunto
per questi ricordi, non lievi nè passeggeri, con-
viene supporre che egli abbia lasciato grandi saggi