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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 21.1918

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Fasc. 3
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Venturi, Lionello: La data dell'attività romana di Giotto
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https://doi.org/10.11588/diglit.17338#0260

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234

LIONELLO VENTURI

La data dunque dell'attività romana di Giotto era ignota nell'ambiente storico va-
ticano del secolo xvn, ma la si poneva in rapporto con l'anno 1300, per causa del giu-
bileo, per ragion religiosa.

Da quella opinione corrente trasse il Mancini: « de anno 1298 », che vuol dire d'al-
tronde: « circa annum 1298 ». E la supposizione di lui dovrebbe, o mi sbaglio, fondarsi
su un grosso equivoco.

Nella chiesa di S. Clemente è conservata tuttora, murata a. destra dell'abside,
una epigrafe ricordante un lavoro compiuto dal cardinale Jacopo nipote di Bonifacio Vili
nel 1299. Il lavoro è evidentemente il piccolo ciborio murato più sotto, ora assai rifatto,
dove si vede ancora in un bassorilievo la figura di Bonifacio Vili che presenta alla Ma-
donna il Cardinale suo nipote. Per uno strano equivoco il Mancini credette invece che
l'epigrafe si riferisse ai celebri affreschi di Masolino, che il Vasari attribuì a Masaccio,
e gridò trionfante all'errore vasariano che di un'opera di Giotto aveva fatta una di

• Masaccio, identificando, non senza qualche riserva, e con pieno arbitrio, Jacopo cardinale
di S. Clemente nipote di Bonifacio Vili con Jacopo Stefaneschi cardinale di S. Giorgio.
Dunque credette il Mancini che nel 1299 Giotto avesse eseguito i freschi di S. Clemente.
Eppure prima del 1300, secondo lui, e secondo l'opinione allora corrente^ Giotto aveva
eseguito anche la Navicella. Nel 1299 due lavori erano troppi; e familiarmente suppose
per la Navicella l'anno precedente: « de anno 1298 ».

Jacopo Grimaldi accenna a un'altra data per l'attività romana di Giotto, limitata,
invero, al polittico allora nella Biblioteca di S. Pietro, ora nella sagrestia:, « Tabula ex

• nuce Indica in utraque facie manu Jotti pictoris eximii circa annum Dni. MCCCXX
depicta ».' Tale data fu accolta e riferita anche alla Navicella in una epigrafe che si
leggeva sotto la copia tratta dalla Navicella nel 1628 per opera di Francesco Berretta
e posta nella chiesa dei Cappuccini in Roma. Diceva l'epigrafe: Huius picturae exem-
plar • | quod ante annos CCCX | a Jotto Fiorentino celebri pictore j opere . musivo

• elaboratum est | Urbanus Vili Pont. Max. | Ex Area Vaticana in Basilicam: Princ.
Apostol. | Transtulit Anno Salut. MDCXXX2 \ . Trecentodieci anni prima del 1630
riportano appunto al 1320 indicato dal Grimaldi.

Donde trasse il Grimaldi tale data?

Poco dopo il passo sopra citato egli scrisse: « Legebatur in base huius tabulae quae-
dam metrica inscriptio, sed biennio ante dum illam excipere vellem, Beneficiatus quidam
huius Basilicae, ut suum ornaret domicilium dissecuit et sic penitus inscriptio periit,
vix aliquibus in locis eiusdem Cardinalis stemmata scilicet lunae sex rubrae superfue-
runt: sed maxime dolendum est quod plus hominum inscitia, quam temporis diuturni-
tas deleat et consumet ». Si potrebbe quindi supporre che la data « circa il 1320 » sia stata
suggerita al Grimaldi dal ricordo confuso di una data esistente nell'epigrafe barbara-
mente strappata al polittico; ma le epigrafi che il card. Stefaneschi aveva l'abitudine
di fare apporre alle opere da lui commesse, non contenevano la data.3 Da altra fonte
trasse dunque il Grimaldi la data.

Più volte egli dichiarò di considerare come opera di Giotto la decorazione miniata
della « S. Georgi M. Historia » di Jacopo Stefaneschi, conservata nell'Archivio di S. Pietro
(C 129) : tale opinione era ben radicata nella sua mente sin dal 1601 quando scrisse il
frontespizio del codice; e sempre egli associò, a proposito del mecenatismo dello Stefa-
neschi, le due opere di Giotto: il codice e il polittico. D'altronde era noto anche al Gri-
maldi che la beatificazione di Celestino V, la cui immagine è compresa nel codice, av-
venne nel 1313. Dall'analogia con un'ipotetica data del codice sorse probabilmente il
« circa annum Dni. MCCCXX » per il polittico. E poiché la decorazione del codice non
è punto di Giotto, infondata storicamente risulta la data proposta dal Grimaldi, anche
se ad accoglierla concorre qualche motivo esteriore di cui si dirà.

* * *

Alcuno potrebbe ritenere che la prova dei rapporti di Giotto col giubileo di Boni-
facio Vili si abbia nell'affresco lateranense. Eppure, di fatto, dell'affresco lateranense
non si conosce nè la data nè l'autore.

È noto che il frammento oggi rimasto apparteneva a una grandiosa composizione
dipinta nel pulpito fatto erigere da Bonifacio Vili, nel 1300, secondo attestava un'epi-
grafe oggi scomparsa, ma riportata dal Panvinio: DOMINUS BONIFACIUS PAPA Vili
. FECIT TOTUM OPUS PRAESETIS THALAMI ANNO DOMINI MCCC. Ma è chiaro

1 Index librorum Bibliothecae Sacrosanctae Vatì-
canae Basilicae, 1603, c. 122, mss. nell'Archivio di
S. Pietro. Cfr. De Nicola ne L'Arte, 1906, pag. 339.

2 Cfr. Cascioli, op. cit, p. 19 dell'estratto.

3 Cfr. De Nicola, op. cit., pag. 338-339.
 
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