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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 26.1923

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Ortolani, Sergio: Le origini della critica d'arte a Venezia
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SERGIO ORTOLANI

del cànone della bellezza umana, e se ne determinano le misure, secondo Vitruvio. Si
cita da Plinio la solita serie dei pittori antichi, e si finisce col categorizzare e divider
la pittura in tre parti: disegno, invenzione e colorito e far suddivisioni minori, tal quale
l'Alberti.

Le uniche note originali sono: a proposito dell'invenzione (« la pittura è propria
poesia, cioè inventione, la quale fa apparere quello che non è»), che il « pittore non debba
voler restrignere tutte le fatture del mondo in un quadro, nò anelili disegnare le ta-
vole con tanta istrema diligenza componendo di chiaro et scuro come usava Giovan
Bellino, perch'c fatica gettata, havendosi a coprire il tutto con li colori» (p. 27); e a
proposito del colore, che così finisce con lo sbandire la vecchia preparazione disegnativa
e dilagar, solo signore, per le tele: che bisogna « avvertire sopra il tutto d'unire, et ac-
compagnare la diversità delle tinte in un corpo solo, chè così appare nel vivo, di modo
che non le abbiano del rimesso, et che non dividano et tagliano l'una da l'altra »
(p. 288) ove si dimostra come presente al Pino è ancora, nel 1548, l'ideale finito e for-
bito del giorgionismo puro, quando già Tiziano e Tintoretto rompevano violentemente
di colpi di spatola e di ditate e di grumi succolenti e di sfregazzi » la superficie delle
loro tele. Come si vede c'è già il senso del colore, ma approssimativo, e non predo-
minante. E se togliamo i due accenni al Savoldo, maestro del Pino, e quello al perduto
quadro, anche dal Vasari citato, ove Giorgione tentò dimostrare la preminenza della
pittura, figurando un uomo che, riflesso da una fonte e da due specchi a lato, rivela
ogni parte di se stesso, puri documenti e nuli'altro, ciò che rimane è superficiale e
comune. Si proclamano Michelangelo e Tiziano parimente grandi (p. 36); si mette
insieme il nome di Giorgione, e quelli di Leonardo e Raffaello, con Giotto, Perugino,
Ambrosio mellanese (De Predis) e messer Bernardo Grimani patrizio dilettante (p. 42) e
si termina col concludere: « Ah! se Tiziano et Michel Angelo fussero un corpo solo, over
al dissegno di Michel Angelo aggiontovi il colore di Tiziano, se gli potrebbe dir lo Dio
della pittura! » (p. 43). Non solo; ma vi si aggiunge il proprio bel giudizio circa la«permi-
nenza », in favor della pittura, raccomandando bene al pittore però di non impicciarsi
d'altro che « nel far figure à imitatione del naturale » (p. 43).

Via! s'è fatto un bel salto dall'Aretino al Pino, e malgrado le premesse, e l'esser
egli pittor veneziano, sarebbe difficile riconoscere dalle sue pagine l'una e l'altra qua-
lità. Un « pedante toscano » non avrebbe parlato diversamente.

Non dovrebbe parer vero, eppure ci fu di costoro chi n'ebbe la mosca sul naso,
e fu il Doni, che l'anno appresso ti pubblica: Disegno del Doni (Antonfrancesco),
partito in più Ragionamenti, ne' quali si tratta della scoltura et pittura, de' colori de'
getti, etc... et si termina la nobiltà dell'una e dell'altra professione con Historie,
Essempi et sententie, et nel fine alcune lettere, etc. In Vinetia, appresso Gabriel Gio-
lito de' Ferrarli, 1549 ». Dialogo in 6 parti; nella prima delle quali ciarlano l'Arte e
la Natura e, dopo aver affermato che soltanto gli artefici posson decidere sulla « per-
minenza », e di essi solo chi eserciti sia la pittura che la scoltura, come Michelangelo,
(e ciò perchè i poeti parlano a capriccio o « secondo la philosophia morale, o naturale »
(p. 5); non si sa con quanta logica riguardo al Doni, che non era nè pittore nè scultore)
si dà il disegno come padre delle due arti e lo si dice nientemeno che « speculatone
divina» (7 v.), sgranando una serie di stravaganti argomenti che concludono sempre per
la preminenza della scoltura. Ma tutto s'impunta, in fondo contro, questa pulce: che la
pittura può imitar la scoltura, e la scoltura no. Nella parte seconda i dialogatori sono
Silvio scultore e Pino pittore (ecco la polemica!) e continua la diatriba su questa be-
nedetta preminenza, mentre Pino « che così coraggiosamente ha scritto della pittura »
ne assume le difese (p. 11). Bisogna riconoscere che fra tutt'e due e Natura ed Arte che
interloquiscono, ne dicono d'ogni colore, prendendo a comparar la materia delle due
arti e la loro maggiore o minore facilità di riproduzione della natura (p. 12, etc),
 
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